Sul tavolo del negoziato relativo alle pensioni di garanzia per i giovani, per il momento c’è solo la proposta unitaria di Cgil, Cisl e Uil. Nel primo incontro con i sindacati al ministero del Lavoro, dal governo non è arrivata alcuna controproposta. Né sui contenuti, né sulle risorse da mettere in campo per garantire «assegni dignitosi» anche ai giovani che hanno alle spalle carriere discontinue, contratti precari a singhiozzo, periodi di disoccupazione e lavori malpagati che incidono sugli importi delle future pensioni.
Dal governo, dopo aver mantenuto in vita quota 100, è arrivato solo l’impegno politico sulla necessità di istituire una pensione contributiva di garanzia per i giovani, così come richiesto dalla piattaforma delle parti sociali. Ma la verità è che per capire qualcosa in più bisognerà aspettare quali coperture finanziarie l’esecutivo sarà in grado di destinare alla misura nella prossima legge di bilancio.
Tant’è che dopo meno di un’ora e mezzo di confronto, alla presenza anche di rappresentanti del ministero dell’Economia e dell’Inps, la ministra del Lavoro Cinque Stelle Nunzia Catalfo ha lasciato la riunione senza rilasciare dichiarazioni. La materia, c’è da dire, non è semplice. Soprattutto con un bilancio precario come quello dell’Inps e un mercato del lavoro debole in qui i contratti precari a fine anno hanno raggiunto un nuovo record storico. Ma sullo sfondo c’è la previsione del Censis, secondo cui da qui al 2050 quasi 6 milioni di giovani italiani rischiano di avere pensioni sotto la soglia di povertà, e senza poter neanche contare sulla diffusione di formule integrative.
Bisognerà capire ora a chi sarà destinata la pensione di garanzia, a quante persone, come si calcolerà e soprattutto a quanto ammonterà. «Finora abbiamo detto cosa pensiamo noi», spiega il segretario confederale dell Cgil Roberto Ghiselli. «Ora aspettiamo il momento in cui il governo dica di più di cosa pensano loro. Per il momento siamo soddisfatti del fatto che il governo si sia impegnato a valutare le nostre idee e sia disponibile al confronto».
L’obiettivo di Cgil, Cisl e Uil è garantire a chi è entrato nel mondo del lavoro dopo il 1996 – quando è entrato in vigore il cosiddetto “contributivo puro” – un assegno commisurato ai contributi versati, ma integrato con una contribuzione figurativa che valorizzi i periodi di discontinuità lavorativa, ma anche quelli dedicati alla formazione e alla riqualificazione, riconoscendo valore anche ai periodi di basse retribuzioni, disoccupazione involontaria e cura familiare per chi ha familiari non autosufficienti. Prevedendo poi maggiorazioni contributive per le lavoratrici madri, oltre che un intervento per rendere meno oneroso il riscatto della laurea.
Sulla definizione dell’importo, i sindacati però un’asticella l’hanno messa. La proposta è quella di superare le soglie attualmente previste per accedere alla pensione di vecchiaia e a quella anticipata. Il paracadute previdenziale per i giovani, in ogni caso, dovrebbe avere «una soglia minima di partenza che non sia inferiore ai 780 euro della pensione di cittadinanza», spiega Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, «da far crescere poi in proporzione al numero di anni lavorati, includendo i periodi di discontinuità e formazione. Ma senza che si tratti di una misura assistenzialistica. La misura deve esserci a condizione che il soggetto sia stato attivo sul mercato del lavoro». E anche qui vanno stabiliti paletti e requisiti, oltre a soggetto che certifichi i periodi di formazione validi per la contribuzione figurativa.
La discussione è apertissima, insomma. Dopo il primo round del calendario di incontri di febbraio sulle pensioni, sul fronte del futuro previdenziale dei giovani però c’è solo l’impalcatura teorica e nessun dettaglio. Il governo ha incassato la proposta, prendendosi del tempo per effettuare calcoli e simulazioni. Tutto dipenderà soprattutto dalla platea alla quale la pensione contributiva di garanzia sarà destinata. E per delineare il perimetro ora dovrà essere l’Inps a fornire i dati necessari ai ministeri dei Lavoro e dell’Economia. «Ma se non sappiamo di quante risorse disponiamo, non sappiamo come potremo muoverci», ribadisce il segretario della Uil Carmelo Barbagallo. «L’ipotesi è anche quella di un accordo che spalmi l’intervento su più finanziarie. Ma se non si chiarisce cosa vuol fare il Mef diventa complicato».
La richiesta è che la misura per i giovani sia sostenuta dalla fiscalità generale, come avviene per il reddito di cittadinanza. Ma nessuno si sbilancia sulle cifre. Proposte e simulazioni ora dovranno anche superare il vaglio della Commissione tecnica di esperti nominata dalla ministra Catalfo per fare i conti sulle diverse ipotesi di revisione del sistema previdenziale allo studio del governo e le proposte dei sindacati. Il tavolo si riaggiorna. Ma al momento, sul fronte giovani, la data del prossimo appuntamento non c’è.