Economia sfericaL’importanza di essere “polymath”

La parola, che deriva dal greco, letteralmente significa “che ha imparato molto” e si riferisce alla personale tendenza all’eccellenza in diverse discipline, e alla capacità di unirle per generare il cambiamento. Una forma mentale che dovremmo sviluppare tutti di più

Photo by Steven Lelham on Unsplash

Secondo Platone, il comando dello Stato doveva essere dato ai filosofi perché, grazie all’educazione ricevuta, potevano arrivare a una comprensione più profonda dell’insieme e quindi della responsabilità da avere verso di esso. Oggi, quando pensiamo a una persona educata normalmente ci viene in mente una persona che si comporta bene a tavola, che segue le regole del galateo, che non si scopone nelle discussioni, compita e, confessiamolo, un po’ rigida e noiosa.

In realtà, l’educato è chi nella propria vita conosce il valore delle cose, chi è in grado di esprimersi su questo valore secondo leggi morali e culturali che grazie all’educazione hanno iniziato a respirare nascendo dal profondo della persona, e non secondo leggi esterne imposte. Stiamo parlando dell’azione di educare ed educarsi, come di uno sviluppo di facoltà e attitudini, di un affinamento della sensibilità, di un perfezionamento del comportamento, di un flusso costante fatto di trasmissione e acquisizione di elementi culturali, estetici, morali. L’educazione non è quindi quel processo, dal sapore ottocentesco, che forgia. L’educazione trae dalla persona ciò che ha da sviluppare di più autentico e proprio.

L’altro giorno leggevo sul Sole 24 Ore un interessantissimo articolo su come debbano essere i manager del futuro secondo Waqas Ahmed, direttore artistico e curatore della collezione Khalili, corrispondente giornalistico e collaboratore di Unesco, del Commonwelth e del Vaticano. Vi si leggeva, appunto, che i migliori innovatori e i manager “a prova di futuro” dovranno avere una mentalità Polymath.

La parola Polymath deriva dal greco e significa “che ha imparato molto”. La persona con vocazione alla polimatia è colei che tende all’eccellenza in più discipline e le sa unire per generare il cambiamento in più campi.

Eccellere, che deriva dal latino excellĕre, composto di ex e cellĕre (spingere, muovere), è quindi letteralmente distinguersi dagli altri per eminenti qualità. L’idea di eccellenza esprime un’aspirazione, un modello a cui tendere, una direzione verso la quale camminare. L’ex-cellere è la capacità che un uomo può manifestare, una volta che è stato formato nell’ex-ducere da un insegnante e dalla vita, di continuare a spingere fuori solo il meglio di sé, sacrificandosi per l’insieme.

Non ci resta che capire che noi non siamo tanto interessanti per quello che siamo, siamo molto più interessanti per quello che possiamo diventare. Per questo il tema dell’educazione all’eccellenza è oggi centrale per agevolare la rincorsa al nostro futuro e dovrebbe essere all’attenzione di tutti, non solo delle istituzioni. Dovremmo smettere di pensare a una formazione da era industriale e ripensarci polymath, cioè contaminati di saperi, culture, discipline diverse.

È una verità disarmante che rimette nelle mani di ognuno di noi la responsabilità. Io allora dico: proviamoci! Andiamo al massimo delle nostre possibilità, cercando al contempo di cadere sempre meno negli stati di identificazione in cui di volta in volta ci scopriamo. Non sempre ci riusciremo però abbiamo ben chiara la differenza tra il fare e il provarci, tra il provarci e il non fare del tutto, tra il riuscire e il non riuscire, tra il farlo per tutti e il farlo solo per soddisfare un proprio bisogno. Se continueremo a trattarci per come siamo, rimarremo così come già siamo; se ci tratteremo per quello che potremmo e dovremmo diventare, certamente diventeremo ciò che potremmo e dovremmo diventare. Capiremo così di non valere per la capacità di imporre il proprio punto di vista, le proprie credenze, le proprie convinzioni, quanto invece per la capacità di accogliere tutta quella diversità che sarà per noi ricchezza. Proprio grazie ai nostri errori, ai nostri fallimenti, alle nostre incongruità, alla nostra incoerenza, col tempo ci educheremo a credere nell’equilibrio dell’insieme a svantaggio di un’esasperata individualità, nell’equità a svantaggio della furbizia, nel sacrificio a svantaggio dell’opportunismo, nel rispetto a svantaggio delle relazioni più opportunistiche, nella sensibilità a svantaggio della prevaricazione, nel giusto profitto a svantaggio del capitalismo vorace, nella gratitudine come via per costruire nuovi, rivoluzionari, modelli sociali, culturali e di business.

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