“La filosofia romana è non pensare troppo, lo scopo della vita è vivere”. Così scriveva Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia del 1957. Se dovessimo cercare un alimento o pietanza capaci di incarnare questa filosofia tipicamente capitolina non avremmo dubbi: penseremmo al supplì. Un prodotto di estrema semplicità, ma di sicuro appagamento. Di rapido consumo, ma di grande golosità. È quasi matematico: qualsiasi pizzeria romana che si rispetti propone ai clienti un supplì per cominciare a masticare qualcosa in attesa che la pizza sia sfornata. Ma per tradizione il supplì è un tipico campione dello street food, da mangiare per strada, da soli o in compagnia. Il trionfo del carattere ruspante e godereccio della vecchia Roma.
Fin dai primi anni dell’800 veniva fritto e venduto agli angoli delle strade della città papalina. I venditori ambulanti giravano per i vicoli con una caldara colma d’olio e preparavano queste polpette di riso al momento per servirle calde. La supplì – allora era un nome femminile – compare per la prima volta in un documento scritto nel 1847, citata nel menu della Trattoria della Lepre in Via dei Condotti – frequentata, tra gli altri, dagli scrittori Nikolaj Gogol e Herman Melville – con il nome di “soplis di riso”. “Soplis”, probabilmente un retaggio dell’occupazione napoleonica di fine Settecento, viene infatti dal francese “surprise” cioè “sorpresa”.
In sostanza, la sorpresa è quel cuore di mozzarella fusa e filante nascosta all’interno della polpetta di riso e ragù di carne chiusa nella croccante panatura esterna. Non solo. Quando si divide il fritto a metà per mangiarlo oppure si addenta con il primo morso, la mozzarella che è all’interno crea un filo simile a quello che unisce la cornetta al telefono. Ecco qui, dunque, il motivo della popolare dicitura “supplì al telefono”.
«Però se è bbono dev’esse ar telefono!», ti spiega, infatti, il romano verace. La ricetta originale di questa specialità capitolina prevede poi che il sugo sia realizzato con le rigaglie di pollo, ma l’usanza con gli anni è caduta quasi del tutto in disuso e oggi si preferisce preparare il ragù con della semplice carne macinata. Negli ultimi anni, poi, la tradizionale base del supplì è diventata il punto di partenza per i condimenti più diversi e per le sperimentazioni più audaci. C’è chi, dunque, riproduce nei supplì i classici della cucina romana: la gricia, la carbonara, l’amatriciana. C’è chi va oltre, utilizzando materie prime provenienti dalle altra culture culinarie regionali: dalla ’nduja alla crema di pistacchio. Ancorato in una tradizione antica, il supplì aspira così a superare i confini della romanità in cerca di contaminazioni: non siamo ancora al successo universale dell’arancino siciliano ma la strada è avviata.
Il supplì è da tempo ormai un must delle pizzerie e delle trattorie romane: tantissimi, quindi, lo mangiano comodamente seduti al tavolo con tanto di posate. Ma i “supplittari” più autentici vi avvertiranno: il supplì «mangiatelo tenendolo con un tovagliolino. Non chiedeteci coltello e forchetta, il vero supplì si mangia a mozzichi!».
Proprio per questi motivi restiamo affezionati al supplì come campione del cibo da strada o da passeggio. Qui di seguito, pertanto, segnaliamo cinque indirizzi ‘”autentici” – rigorosamente ricompresi nella categoria dello street food – per provare i migliori supplì al telefono nella capitale, sia nella versione classica che in qualche creativa e gustosa variante.
I supplì
Si chiama proprio così, semplicemente, il piccolissimo locale di culto aperto a Trastevere dalla famiglia Sisini dal 1979, in Via di S. Francesco a Ripa 137, capace di preparare circa 800 supplì al giorno, fino ad arrivare ai mille nei weekend. Buona la selezione degli ingredienti: pomodoro San Marzano dop, pecorino romano dop, e riso Goio 1929 dop. Oltre al supplì classico, da provare anche quello cacio e pepe, carbonaro, amatriciano, quello al sugo di coda. Ottima anche la versione con pesto, melanzane, mozzarella di bufala e pomodorini secchi. Oltre ai supplì c’è anche una ricca varietà di piatti di pasta, prodotti di pizzeria e rosticceria. Gli stessi titolari hanno aperto successivamente un’altra “Casa del supplì” in piazza Re di Roma, a pochi passi da San Giovanni, che ha ottenuto lo stesso successo. Qui il supplì è considerata la vera star del bancone: panatura sottile e croccante, un ripieno di riso al ragù con un sugo corposo e appena acidulo e un cuore di mozzarella calda e filante. In quasi quarant’anni, i Sisini sono diventati un punto di riferimento per i romani e un porto sicuro per i turisti sia a Trastevere che nel quartiere Appio Latino.
Bonci
Gabriele Bonci è ormai una star della tv con le sue pizze e i suoi pani. Ma nel suo Pizzarium, in Via della Meloria 43, bisogna lasciarsi tentare anche dai fritti. In primo luogo, i supplì classici, preparati con il pomodoro dell’azienda agricola Dama Quisisana, mozzarella, parmigiano reggiano e basilico e quelli al ragù, con pomodoro, mozzarella, parmigiano reggiano, carne macinata e salsiccia. Gli ingredienti del supplì di Bonci sono: 500 grammi di macinato di muscolo di manzo, 2 salsicce, 400 grammi di riso Carnaroli, 1 carota, 1 costa di sedano, 1 cipolla, mezzo bicchiere di vino bianco secco, 1 bottiglia passata di pomodoro, 2 mozzarelle fiordilatte, 4 o 5 cucchiai di parmigiano grattugiato, pangrattato q.b., 2 o 3 uova a temperatura ambiente, olio per friggere, sale. Il procedimento prevede di pulire le verdure, tagliarle a cubetti piccoli e farle soffriggere in una padella con poco olio, poi unire la carne e le salsicce sbriciolate, rosolare bene, sfumare con il vino bianco e quando è evaporato aggiungere la passata di pomodoro, quindi salare e fare cuocere a fuoco basso per 1 ora e mezza. Il riso cucina nel ragù: quando è cotto si aggiungono 4-5 cucchiai di parmigiano e si fa raffreddare. Con il composto si fa una polpetta di 80 grammi circa, con la mozzarella al centro. Il supplì viene passato prima nel pangrattato, poi nell’uovo sbattuto e salato e poi di nuovo nel pangrattato. Infine, dopo la frittura in olio bollente, i supplì devono scolare su un foglio di carta assorbente.
Pommidoro
Un tempo Centocelle era solo un quartiere popolare con ben poca attrattiva. Da qualche anno la gastronomia della zona è cresciuta parecchio, attirando clienti anche da altre parti della città. Tra i punti di riferimento del quartiere che si avvia a seguire le orme di San Lorenzo e del Pigneto, c’è la pizzeria al taglio Pommidoro, aperta nel 2015 in via delle Acacie 1/a. La pizza può contare su un impasto croccante, leggero e digeribile, grazie alle 72 ore di lievitazione. Poi c’è la fantasia di Mirko Rizzo, ispirato dall’estro e della stagionalità dei prodotti. E poi ci sono i supplì, a partire dal classico: riso Carnaroli, soffritto di sedano, carota e cipolla, pelati, brodo, burro, parmigiano e moltissimo basilico. Mirko realizza i supplì tra i più creativi della periferia romana: alla norma, all’amatriciana, cacio e pepe, carbonara e, nei mesi invernali, alla gricia di carciofi. Pommidoro sorprende con il cannellone fritto e con le immancabili frittatine di maccheroni, leggendaria specialità napoletana pressoché introvabile nelle pizzerie al taglio della Capitale.
Al Mattarello d’oro
«Quando sono fatti a mano si vede, perché ogni supplì ha la sua storia»: come si legge nel profilo social, quelli del Mattarello d’oro, in via della Bufalotta 292, sono parecchio orgogliosi del proprio prodotto. D’altra parte, parliamo di una insegna storica a Roma: una pizzeria al taglio che prepara supplì da oltre 40 anni. Quello più amato è indubbiamente il classico, con finto ragù senza carne, insaporito con i funghi. Il segreto di questa pizzeria è certamente l’attenzione artigianale al singolo pezzo. Oni supplì è rigorosamente fatto a mano e contiene circa un etto e mezzo di riso: la panatura è leggera, ma croccante al morso. Oltre al classico, è da provare anche quello cacio e pepe e con l’nduja.
Supplizio
In questa rapida carrellata di insegne non poteva mancare la bottega di cibo di strada nata dall’idea di Arcangelo Dandini, lo chef stellato del ristorante L’Arcangelo. «Li mangio (e li amo) da quando ero bambino – spiega il cuoco – e rappresentano il piatto in cui, da cuoco, sperimento ed esorcizzo tutto il rapporto viscerale che ho con le materie prime. I supplì sono per me un adorabile tormento del palato e dell’immaginazione». Supplizio è un omaggio alla tradizione, con un ambiente un po’ rustico, allestito come se fosse un salotto di casa. Ma anche uno street food decisamente gourmet, preparato con grande cura e qualità. Gli ingredienti di primissima qualità utilizzati possono essere persino acquistati direttamente presso il locale. Presente in via dei Banchi Vecchi e in via dei Coronari, Supplizio ha aperto di recente anche a Trastevere per creare un innesto virtuoso tra la visione gourmet della cucina del maestro e l’anima più verace dei vicoli trasteverini. Nella carta dei diversi indirizzi si ritrovano il classico supplì con rigaglie di pollo, il cacio e pepe, il pomodoro e basilico, quello alla carbonara, le famose crocchette di patate affumicate e l’ormai leggendaria crema fritta. Non possono poi mancare le sue due versioni di baccalà croccante (senza pastella), la mozzarella in carrozza, le polpettine di alici e quelle di melanzane. C’è poi – ultima arrivata – una speciale ricetta in omaggio a Trastevere: il supplì “Ajo e ojo”, in cui Dandini nobilita una delle ricette più povere della tradizione romana utilizzando l’aglio rosso di Nubia e un pregiato olio pugliese di prima spremitura.