Nel variegato mondo dei lavoratori autonomi monta lo stato di agitazione. Perché se è vero che il decreto “Cura Italia” – pubblicato solo nella notte in una edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale – ha riconosciuto per la prima volta gli ammortizzatori sociali per le partite Iva, è anche che vero davanti a un sistema di tutele che finora non esisteva, scritto in pochissimi giorni sull’onda dell’emergenza, da tante parti vengono già segnalate storture e “dimenticanze”. In primis dal mondo degli “ordinisti”, i circa 2 milioni di iscritti agli ordini professionali (dagli avvocati agli architetti) con enti previdenziali diversi dall’Inps, rimasti di fatto esclusi dall’indennità di 600 euro.
Nella stesura del decreto, le tensioni nel governo si sono consumate soprattutto sulle tutele degli autonomi, alle prese con il calo a picco delle commesse dovuto all’epidemia da coronavirus. Nelle ore concitate del licenziamento del decreto, si era anche detto che l’indennità fosse un intervento “una tantum” solo per il mese di marzo. E davanti alle polemiche raccolte anche da una parte della maggioranza di governo, Italia Viva in testa, e dalle opposizioni, Palazzo Chigi alla fine ha rilasciato una nota dove viene chiarito che l’indennizzo di 600 euro è «su base mensile, non tassabile, per lavoratori autonomi e le partite Iva». L’erogazione, molto probabilmente, proseguirà quindi fino alla fine dell’emergenza. Ma il ritardo della “bollinatura” del decreto in Gazzetta ufficiale dimostra il lavoro ulteriore di rifiniture della maxi manovra da 25 miliardi, che con molta probabilità poi avrà bisogno di diversi ulteriori interventi per funzionare.
«L’emergenza mette in evidenza che esiste una lacuna molto grossa nelle tutele degli autonomi. Visti i tempi stretti, si è dovuto intervenire così con l’indennità di 600 euro generalizzata, senza possibilità di fare davvero una selezione», spiega Anna Soru, presidente dell’associazione dei freelance Acta. «Non avendo a disposizione uno strumento collaudato che permette di individuare chi ha davvero avuto una perdita, e senza un sistema di erogazione, è stato dato l’indennizzo di 600 euro erga omnes. Una cifra bassa, dovendola spalmare su una platea molto ampia». E il rischio ulteriore, è che – essendo indicato un limite di spesa massimo per l’Inps per ogni categoria di autonomi – potrebbe valere la regola del “chi prima arriva meglio alloggia”, lasciando tanti fuori.
Al mondo degli autonomi il decreto destina circa 3 miliardi, per una platea di quasi 5 milioni di persone, che potranno usufruire di congedo parentale o bonus baby sitter, oltre che del congelamento temporaneo delle tasse e delle rate del mutuo. Secondo l’ultimo sondaggio di Acta, tra i freelance il 40% non ha lavorato affatto nell’ultima settimana di lockdown e tra questi il 50% ha subito la cancellazione di commesse per più di 2mila euro, soprattutto tra gli interpreti, gli operatori del turismo e i responsabili di organizzazione eventi.
L’indennità da 600 euro – recita il decreto – va ai professionisti non iscritti agli ordini, co.co.co. in gestione separata, artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri, stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali, lavoratori del settore spettacolo e lavoratori agricoli.
Nei giorni della gestazione del decreto, sembrava che anche gli “ordinisti” potessero rientrare nell’elenco. E invece alla fine è comparso (all’articolo 43) un fondo ad hoc “per il reddito di ultima istanza”, lievitato da 200 a 300 milioni nell’ultimo testo, per coprire gli autonomi rimasti rimasti fuori, inclusi i professionisti iscritti agli ordini. Nel testo si specifica che le disposizioni per la gestione saranno concordate con le associazioni delle Casse professionali, a cui potrà essere destinata quota parte del fondo. E che entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto, il ministero del Lavoro, di concerto con il ministero dell’Economia, dovrà emanare un decreto attuativo con i criteri e le modalità di attribuzione dell’indennità. «Una grave discriminazione», secondo Alberto Oliveti, presidente di Adepp, l’associazione delle Casse di previdenza dei professionisti iscritti a ordini e albi. «Molti professionisti hanno guadagni bassi e sono in oggettiva difficoltà; perché non prevedere un limite di reddito e riconoscere a tutti i professionisti, senza distinzione, i 600 euro?», si chiede. «Eppure il Fondo è finanziato con la fiscalità generale a cui anche i professionisti ordinistici partecipano». Non solo. Al contrario di quanto era trapelato nelle prime bozze del decreto, gli aiuti in arrivo dalle casse previdenziali saranno soggetti pure a tassazione ordinaria, senza alcuna defiscalizzazione.
Molte casse, Enpam in primis, si sono già mosse con aiuti specifici per i propri iscritti. Tutte, o quasi, prevedono già forme di congedo per i genitori e bonus simili a quelli concessi dal governo. Ma non tutte hanno i conti in ordine, in grado di reggere a uno tsunami del genere, anzi. Negli ordini professionali e nei consigli, intanto, si sta cercando di mettere una pezza alle storture del decreto. E dalle casse private si chiede che, vista l’emergenza, non si debba aspettare il via libera dei ministeri vigilanti per attuare le modifiche dei regolamenti necessarie a erogare subito gli aiuti. Confprofessioni, ad esempio, ha già messo in campo una serie di interventi straordinari per oltre 4 milioni di euro per garantire continuità al lavoro negli studi professionali. Ma il presidente Gaetano Stella avanza una richiesta: «Va esteso anche agli studi professionali il credito d’imposta sugli affitti, alla luce della chiusura di numerosissimi studi professionali a causa dell’emergenza coronavirus».
Tutti hanno accolto positivamente la sospensione del pagamento dell’Iva, dei contributi e delle ritenute fino a fine maggio. Ma, mette in guardia Anna Soru, «si interviene in realtà solo sulle prime scadenze fiscali. Le grosse scadenze, che pesano soprattutto sui regimi agevolati con introiti più bassi, sono quelle del fisco e dei contributi previdenziali, con scadenza a giugno. Ci aspettiamo che seguano altri provvedimenti, con un rinvio ulteriore del pagamento al 2021, prevedendo una rateizzazione senza interessi». In tanti ora attendono i decreti attuativi e la conversione in legge del “Cura Italia”, sperando in un miglioramento nella fase di discussione in Parlamento. Ma soprattutto si aspetta il nuovo annunciato “decreto aprile”, che dovrebbe avere in dote anche i miliardi in arrivo da Bruxelles.