Niente scioperoAccordo raggiunto con i sindacati: le produzioni non essenziali chiuderanno

Viene rivisto l’elenco delle attività produttive considerate essenziali e indispensabili dopo il dpcm del 22 marzo. Raggiunta l’intesa tra le parti sociali e il governo. La nuova lista

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Dopo un lungo confronto a distanza, è stata raggiunta l’intesa dei sindacati con il governo: l’elenco delle attività produttive considerate essenziali e indispensabili, che non chiuderanno dopo l’entrata in vigore del dpcm del 22 marzo, è stato rivisto. Il confronto tra i segretari di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barabagallo, e il governo si è concluso con un accordo, che apporta «importanti modifiche» all’allegato del dpcm contenente la lista delle attività alle quali viene permesso di continuare a produrre nonostante la stretta. Il nuovo elenco più corto contiene limitazioni per i call center e per gli stabilimenti di produzione di plastica e carta. Resteranno aperte, tra le altre, le agenzie di somministrazione lavoro, gli stabilimenti per la produzione di pile e batterie e di imballaggi in vetro per alimenti. Stop invece alla fabbricazione di trattori e macchine agricole e per l’industria alimentare, alla produzione di corde e articoli in gomma.

Niente sciopero, quindi. Il nuovo decreto del ministero dello Sviluppo economico e dell’Economia corregge e integra quello precedente con la nuova lista di codici Ateco. Le attività non indicate nell’elenco dovranno chiudere entro il 28 marzo, mentre la riapertura è fissata per il 3 aprile. «È stato fatto un grande lavoro comune, ottenendo un ottimo risultato nella direzione di tutelare la salute di tutti i lavoratori e di tutti i cittadini», scrivono Cgil, Cisl e Uil. «Abbiamo rivisitato l’elenco delle attività produttive indispensabili, in modo da garantire la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici. È stato tolto dall’elenco tutto ciò che non era essenziale, visto il momento difficile che stiamo vivendo».

«È un risultato importante, perché abbiamo ridotto il numero di persone che dovrà andare a lavorare e abbiamo chiarito quelli che sono i settori essenziali e non, e le produzioni che invece, in questo momento, è utile sospendere per la salute e la sicurezza di tutti», commenta il segretario della Cgil Maurizio Landini.

I prefetti dovranno ora coinvolgere le organizzazioni territoriali per l’autocertificazione delle attività delle imprese che svolgono attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere essenziali. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, fanno sapere, si è impegnato a diminuire la produzione nel settore militare, salvaguardando solo le attività indispensabili. Mentre il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli incontrerà i rappresentanti di specifici settori in cui sono emerse particolari difficoltà nell’attuazione del protocollo sulla sicurezza firmato con Confindustria lo scorso 14 marzo. Il governo si è inoltre impegnato a monitorare congiuntamente con il sindacato l’applicazione sia di quanto è stato concordato questa mattina sia del protocollo. I sindacati di categoria e territoriali e le Rsu vigileranno per l’applicazione.

L’allegato al dpcm dello scorso 22 marzo autorizzava le attività per oltre 80 produzioni, corrispondenti ad altrettanti codici Ateco, escluse dalla chiusura disposta per due settimane con l’obiettivo di contenere la diffusione del coronavirus. Una lista allargata rispetto a quella che il governo aveva presentato ai sindacati, estesa su pressione di Confindustria. Da qui erano partite mobilitazioni e agitazioni, con la minaccia di sciopero generale. Tanto che anche il premier Giuseppe Conte era sceso in campo, appellandosi al senso di responsabilità del sindacato.

L’incontro chiesto dai sindacati con i ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli martedì mattina era partito in salita. Il primo round, davanti alla richieste dei sindacati di accorciare molto la lista delle 80 attività allegate al dpmc, si era concluso con un nulla di fatto. Ore di tensione, con i benzinai che minacciavano lo sciopero, poi rientrato. Mentre lo sciopero dei metalmeccanici lombardi si è svolto ieri con una alta adesione.

Un secondo incontro è stato poi convocato martedì sera, alla presenza del solo ministro Patuanelli. Fino a notte fonda sono così stati passati al vaglio, uno ad uno, tutti i codici Ateco che identificano le attività economiche. E alla fine si è trovato un punto di incontro, con l’intesa finale. «Abbiamo identificato e convenuto con il Governo importanti modifiche all’elenco delle attività produttive indispensabili in questa fase per il paese», hanno fatto sapere subito i sindacati.

La soluzione trovata, come richiesto dalle parti sociali, consiste nella differenziazione tra le singole attività produttive che possono restare aperte, senza fare riferimento agli interi settori, cosa che aveva allargato troppo le maglie. I codici Ateco, come spiegato dallo stesso Landini, hanno la caratteristica di essere generici e di avere al loro interno una inevitabile confusione tra attività essenziali e non.

Quello che è stato fatto è una “ripulitura”, con un intervento sui sottocodici, che nel primo allegato non erano stati specificati. È stata così stoppata, ad esempio, la fabbricazione di alcuni prodotti chimici e materie plastiche non essenziali in questo momento. E anche il settore della carta è stato ristretto a specifici ambiti. I call center non potranno fare outbound. Disco verde invece per i servizi di sostegno alle imprese, come le consegne a domicilio.

«Se riusciamo a livello nazionale a tenere più stretti i codici e i sottocodici indicati, permettiamo al territorio di modulare meglio le norme, i permessi e i necessari divieti», aveva spiegato Landini. «Aver sostenuto, ad esempio, che tutte le attività aerospaziali e militari sono strategiche mi pare un messaggio sbagliato».

Molte aziende, nei giorni scorsi, pur di evitare il lockdown hanno cercato degli escamotage proprio grazie agli spiragli aperti dai codici Ateco. «Alcune imprese stanno cambiando il loro codice Ateco per poter continuare a produrre», ha denunciato Landini. Non solo. «Aver introdotto nel decreto la deroga a livello territoriale per le aziende la cui attività è agganciata a quelle consentite, previa informazione e decisione prefettizia, ha scatenato una malsana rincorsa». Solo a Brescia e solo nella giornata di lunedì sarebbero arrivate oltre 600 richieste. A Milano più di 1.000. Il rischio era, secondo i sindacati, che tutte le aziende che hanno un minimo collegamento con attività consentite chiedessero comunque di produrre al 100 per cento.

«Il lavoro sfiancante sugli Ateco», ha commentato sui social Marco Leonardi, consigliere economico del Mef, «ci conferma che i lavori davvero essenziali sono gli operai (tra cui quelli agricoli), la raccolta dei rifiuti, le cassiere dei supermercati e gli infermieri. Tutti lavori pagati poco che molti di noi non vogliono fare».

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