Fase resto a casaPer favore, un tavolo! Lo vuole con o senza plexiglass?

I divisori artificiali, che sembrano la panacea di tutti i respiri, sono il modo perfetto per non affrontare la riapertura come si dovrebbe

Foto di Wendy Corniquet da Pixabay

Plexiglass in spiaggia, plexiglass in pizzeria, plexiglass alla cassa del supermercato, plexiglass in ogni dove.

In qualche trasmissione televisiva d’informazione o di costume, così come in rete, sarà capitato a ciascuno di noi di imbattersi in quella che, apparentemente, sembra la soluzione di tutto in questo frangente in cui, uscendo dalla fase d’emergenza, dobbiamo capire come affrontare in sicurezza le fasi successive.

Non commento i diversi usi proposti e ne condivido l’uso alle casse dei negozi, a tutela di chi ci lavora tutto il giorno e incrocia il viso di decine di persone, anche se andare in spiaggia a cuocere dentro quattro pareti trasparenti che si trasformerebbero in forni col solleone, non credo sia proponibile anche al più accanito bagnante.

Mi limito a commentare foto e video che prospettano la mirabolante soluzione ideata per locali pubblici come possono essere ristoranti, pizzerie, sale da the e così via.

In particolare un video apparso sul sito del Corriere della Sera descrive le diverse applicazioni con commento personale di un produttore che, tutto tronfio, definisce la sua idea adeguata a ogni contesto, riuscendo a suddividere i commensali sia sullo stesso tavolo che tra tavoli diversi, sia in versione da appoggio che mobile e posizionabile ovunque il servizio lo richieda.

Ipnotizzato ho visto e rivisto il video più volte traendone l’unica conclusione possibile, quando prenoterò un tavolo al ristorante chiederò se hanno divisori di plexiglass e, a risposta affermativa, metterò giù senza neanche salutare.

Ci rendiamo conto? Pensano davvero che un elemento in plexiglass sia la soluzione?

Proviamo a immaginare i vari scenari.

Coppia di amici, di coniugi, davvero pensate che abbiano bisogno di tutelarsi l’un dall’altro se sono arrivati insieme, se vivono insieme?

Tavolo imbandito, divisore trasparente appoggiato, non certo fissato. Quante volte cadrà accidentalmente, perché toccato da un piatto o dalle nostre mani? E se volessi assaggiare un boccone dal piatto del mio commensale? Aggiro il plexiglass? Nel caso, se colto in fallo, verrò arrestato? Pensate veramente che un eventuale starnuto o colpo di tosse non superi la barriera del Plexiglass e, grazie al condizionamento dell’aria, ma anche senza, si volatilizzi per tutto il locale? La gestione del plexiglass, poi, vogliamo parlarne? Cosa succede quando cambiano i clienti al tavolo? Non possono certo lasciare il divisore già utilizzato e pieno di bacilli dei commensali precedenti (non fate gli schizzinosi, avete mai guardato il vostro schermo del computer alla fine della giornata di lavoro?). Il plexiglass è un materiale infido, la sua sanificazione è complessa, non basta un semplice passaggio con un panno, anche perché è elettrostatico, insomma difficile da pulire in modo adeguato, per di più tra un cliente e l’altro.

In definitiva, noi italiani siamo un popolo di creativi, ma siamo anche un popolo di furbi; di sicuro dovremo studiare nuove formule di servizio, ma evitiamo di buttarci sulla prima banalità. Cerchiamo, invece, di fare pensieri più raffinati e dimentichiamo le gabbie di plexiglass che solo a pensarle mi va di traverso la cena che, comunque, non mangerò.

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