In un instant book che si allontana (solo all’apparenza) dalle questioni più pressanti del momento, cioè quando, come e a che prezzo usciremo dalla pandemia, il professor Giulio Sapelli considera la prospettiva della trasformazione che ne seguirà. Sarà ripensato tutto il sistema economico, produttivo, culturale? È probabile. E secondo quali parametri? Il punto di vista è filosofico, la prospettiva è ampia. Ma quello che emerge, o emergerà, sarà un nuovo modo di vivere il capitalismo. Più solidale, forse. Con una maggiore – e, ci si augura, migliore – presenza del pubblico, impostato su principi nuovi di equilibrio tra le poliarchie del nostro tempo.
Ne pubblichiamo un estratto su iniziativa di Cap – The New Public
1. Il tema del lavoro
La crisi attuale pone il problema del lavoro, unitamente al tema digitale, al centro della riproduzione della società in forma omeostatica con la difesa della salute e mai in forma separata: questa è la tendenza che prevarrà se vogliamo sopravvivere e che fa apparire l’incompetenza e i conflitti di interesse come residui manifesti di un mondo che muore.
Ma les morts saisit les vives: e questo è vero, oggi, in forma emblematica. Il nostro modo di costruire sino a oggi la poliarchia – senza una buona governance – con la separazione degli interessi privati da quelli pubblici e con la prevalenza dell’interesse particolare su quello generale deve trasformarsi, pena la distruzione della società, senza alternative. L’innovazione globalmente intesa, che deve estendersi dalla tecnologia alla morale, è la sola via di salvezza che abbiamo.
Capitalisme o barbarie diviene non più il lemma di Cornelius Castoriadis rispetto al rinnovamento del pensiero rivoluzionario, ma il salto teorico e pratico (Hic Rodhus, hic salta) necessario per la stessa riproduzione della società capitalistica.
Il capitalismo, se vuole sopravvivere, deve cambiarsi per conservarsi, rispetto al tema del lavoro, riconducendo la tecnologia al ruolo più corretto di supporto al lavoro umano, elemento base del valore per ogni organizzazione.
Emergerà, se ritroveremo la forza di piegarci sullo studio e sulla meditazione morale e filosofica metafisica, il concetto stesso di comunità, così come lo intendeva il pensiero sociologico tedesco tra fine Ottocento e inizio Novecento: Gemeinschaft nella Gesellschaft: perché la comunità può sempre ricostruirsi nella società, come ci insegnava anche quel grande economista che era Alfred Marshall
E dovrà sorgere, di già sorge spontaneamente, dal lavoro umano associato una sorta di nuova territorialità con la scoperta che la delocalizzazione non è inevitabile.
Oggi, anche coloro che credevano fermamente nel mercato e vi continuano a credere ancora) e nella virtù allocativa ottimale del mercato, scoprono che la delocalizzazione ha delle esternalità negative su molteplici aspetti della vita sociale: dal lavoro all’ambiente, alla qualità dei prodotti e dei processi di produzione e distribuzione.
2. Ripensare l’economia circolare
Senza questo ripensamento l’economia circolare come nuovo modello di produzione e non solo di riciclaggio dei rifiuti non ha possibilità alcuna di inverarsi, così come la lotta contro il cambiamento climatico.
In tal modo anche il cosiddetto “interesse nazionale” sarà riclassificato e troverà un saggio fondamento non aggressivo, ma invece costruttivo. E vi sono già emblematiche realizzazioni imprenditoriali creative a questo riguardo in tutto il mondo.
Ricostruire e costruire, per esempio, la manifattura nei territori tanto del Sud quanto del Nord del pianeta farà parte di un continuo lavoro di manutenzione e di riproduzione dei sistemi sociali territorialmente insediati nel mondo, sia in forma stabile, sia in forma migratoria e in cerca di un radicamento.
3. Una nuova forma di inter-statualità
Una nuova forma di inter-statualità costituzionale e non funzionalistica e giurisprudenzialista – come è, invece, l’Unione europea non potrà non trovare un ambiente più consono di quanto oggi non stia per sorgere.Il ruolo dello Stato non potrà non essere sempre più forte, superando ogni sua odierna demonizzazione. E ciò avverrà anche con la valorizzazione di quelle forme di allocazione dei diritti di proprietà più consone a questa trasformazione come il not for profit e i commons. Il superamento della regolazione neoliberista dell’economia – che tracima nella deflazione permanente (secolare) – non potrà che essere abbandonata.
Il tema che nascerà sarà quello di una nuova definizione dei ruoli delle comunità poliarchiche tra stato e mercato, con la fuoriuscita del diritto pubblico dalla condizione di minorità intellettuale e regolatoria a cui è oggi confinato e che dovrà necessariamente essere abbandonata.
E con essa sarà abbandonato l’erompere delle “Autorità Indipendenti”, (così come Alberto Predieri definì l’alba del tristo tempo in cui oggi viviamo) con l’affermarsi di pari passo con quella che è stata la lenta, sino a oggi inesorabile, eutanasia delle costituzioni dello “Stato di diritto” accompagnata dall’emergere dei “Trattati Interstatuali” gestiti da regolatori monocratici extra lege e velati, nascosti, da parlamenti inetti e solo spettacolari.
Tutto ciò dovrà essere fortunatamente abbandonato e sostituito da nuove forme di statualità e di giustizia sociale.
da “2020. Pandemia e resurrezione”, di Giulio Sapelli, Guerini e goWare, 2020
The New Public è uno spazio promosso da Gruppo CAP in cui discutere delle migliori pratiche in fatto di public management, di gestione industriale ed efficiente dei beni comuni, di un Pubblico in grado di erogare servizi innovativi e sostenibili.