La tanto attesa Fase 2, annunciata nella conferenza stampa di stasera di Giuseppe Conte, sblocca solo in parte il comparto della ristorazione: oltre al già concesso delivery, infatti, il nuovo decreto dà la possibilità ai ristoranti di attivare un servizio di take away. Ma facendo bene attenzione ad entrare solo uno alla volta a recuperare ciò che è stato ordinato e comunque evitando assembramenti fuori dai locali. Non si potrà consumare ciò che si è acquistato all’interno dei locali né negli immediati dintorni. Per la riapertura occorre invece aspettare fino al 1 giugno: due settimane oltre il limite del 18 maggio che sembrava comunque già molto lontano per chi ha dovuto chiudere i battenti e non ha avuto modo di fatturare un euro.
La notizia non è sicuramente quella sperata dalla maggior parte dei ristoratori e gestori dei locali. Molti di loro si stavano già preparando, con il distanziamento, con meno coperti, con tante modifiche alla normale attività, con tutti i presidi di sicurezza richiesti. Con tante differenze rispetto al consueto. Ma di sicuro non si aspettavano che la chiusura fosse posticipata fino a inizio giugno. Un termine che appare come una condanna per tanti esercizi già troppo a rischio.
Durissima la reazione della FIPE (Federazione Italiana pubblici esercizi): «I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal primo di giugno. Significano altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall’inizio della crisi. Forse non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento alla chiusura. Moriranno oltre 50.000 imprese e 350.000 persone perderanno il loro posto di lavoro. Bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese. Accontentati tutti coloro, che sostenevano di non riaprire, senza per altro avere alcuna certezza di sostegni economici dal Governo. Servono risorse e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa quando le misure di sostegno verranno messe in atto. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio. Questo nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura è colma.».
Così commenta la notizia Claudio Sadler, Presidente dell’Associazione Le Soste: «Se non avremo sussidi e agevolazioni di credito, molti ristoranti avranno serie difficoltà a riaprire. Se la situazione non evolverà ci sarà una vera mobilitazione dei ristoratori».
Anche il Presidente dell’Associazione JRE, Filippo Saporito, sottolinea la preoccupazione per il momento: «La nostra speranza era quella di aprire prima, anche perché la tipologia dei ristoranti che rappresentiamo ci permetteva di organizzarci alle nuove regole in maniera dinamica e veloce. La concessione dei take away mi aveva fatto pensare fosse qualcosa per accontentarci, visto questo altro mese che ci toccherà aspettare. Take away che, sempre per la tipologia dei locali che rappresentiamo, non è da molti utilizzabile né utilizzato. Non possiamo far altro che constatare e sperare che alla riapertura corrisponda una pronta richiesta dei nostri servizi».