L’obiettivo è estirpare alla radice l’idea, molto presente nel nostro paese e in generale in Europa, che il meglio è dietro alle spalle e il massimo che si possa fare è frenare il declino. Questa sensazione, purtroppo, è diffusa e guida molte scelte, come decidere di non fare figli e di non accettare migranti, pur volendo andare in pensione prima.
Si tratta in realtà di una spinta ad approfittare della situazione presente finché è possibile, nella convinzione che il futuro sarà peggiore. Non è così.
Vorrei spiegare, invece, che il cambiamento in corso potenzialmente esalta alcune caratteristiche prettamente italiane: ciò vale anche per il mondo della cooperazione, un’economia che vive in orizzontale e non in verticale, un’economia circolare attenta ai territori. Dobbiamo riflettere sul fatto che il cambiamento in atto modifica il rapporto tra il concetto di crisi e quello di normalità.
Le persone della mia età sono state educate, come quelle delle generazioni precedenti, a vivere e gestire la normalità. Ci dicevano che, se nella vita fosse arrivato un momento di crisi, ce la saremmo cavata, ma che la normalità era il lungo flusso ordinato della vita.
Oggi, ma sarà sempre di più così domani, la nuova normalità sarà la crisi, intesa in senso anche positivo: le nostre vite saranno chiamate ad adattarsi, alla flessibilità, al cambiamento. La normalità di fatto non esisterà più.
Educare le persone a vivere 40 anni di vita professionale di normalità non ha più alcun senso. E oggi che lavoro con studenti provenienti da 90 paesi, compresa l’Italia, posso affermare che, per le loro caratteristiche, per il loro Dna, per la loro storia, gli italiani sono i più adatti a vivere questa situazione nuova, caratterizzata dalla flessibilità e dalla capacità di reinventare continuamente la soluzione.
Altri, invece, anche nostri concorrenti, sbandano di fronte al cambiamento, perché sono organizzati secondo uno schema di normalità che oggi non esiste più.
Vedo che i nostri giovani sono migliori di quelli di altri paesi. Anche il fatto che i nostri manager siano molto richiesti in giro per il mondo è il frutto della nostra tipica capacità di adattamento alle situazioni, di flessibilità, di creatività, tutte doti oggi molto più importanti di ieri.
Da Enrico Letta, Per un’Europa più competitiva, inclusiva, cooperativa, 2020, Ecra, 5 euro