“Cosi di foddi”Dizionario ragionato a uso del leghista che diventerà assessore all’identità siciliana

Incredibile ma vero, la giunta dell’isola guidata da Nello Musumeci avrà un membro del partito di Salvini. Ancora non si conosce il nome, gli aspiranti prendano nota

sicilia
MIGUEL MEDINA / AFP

La notizia c’è. In Sicilia il partito di Matteo Salvini, la Lega, guiderà l’assessorato ai Beni Culturali, che ha tra le deleghe anche quella per l’identità dell’Isola a statuto speciale, Regione Siciliana. Lo ha deciso il presidente Nello Musumeci, aprendo all’ex Carroccio affinché questo partecipi al governo.

Si attende adesso solo l’ufficialità del nome del primo assessore leghista nella storia di Sicilia, ma tutto porta a un ex Udc, candidato alle ultime regionali con il centrosinistra. Una poltrona rimasta tragicamente vacante dal 10 marzo del 2019, quando in seguito a un incidente aereo in Etiopia perse la vita Sebastiano Tusa. Da quel momento, l’incarico è stato assunto ad interim da Musumeci, «in attesa di trovare una figura all’altezza dell’archeologo assai rimpianto in Sicilia».

«Sono felice – pronuncia Musumeci – la Lega mi è stata vicina fin dalla mia candidatura. Sono certo che, adesso, il centrodestra al completo saprà dare ulteriore impulso alle grandi riforme». Controcanta, lieto, Salvini: «Siamo orgogliosi di entrare nella giunta del governatore Musumeci per occuparci di Beni culturali e Identità siciliana.

Tra le altre cose avremo l’onore di gestire le soprintendenze provinciali e quella del Mare, i 14 parchi archeologici, con i teatri di pietra e i templi, per non parlare dei musei regionali e delle straordinarie biblioteche di Palermo, Catania e Messina. La Sicilia, con la sua storia e la sua cultura, è un vanto per l’Italia: siamo orgogliosi di entrare nel governo regionale, prima volta nella storia, per confermare le capacità amministrative delle donne e degli uomini della Lega, al servizio dei siciliani e del cambiamento».

Parole alate che fanno ripensare alle molte targhe dedicate in terra di Trinacria a Garibaldi, testimonianza d’ogni sua tappa dopo la vittoriosa ed epica impresa dei Mille, lapidi visibili ancora adesso. Ce n’è perfino una posta sulla casa di famiglia dell’amico Dario Evola, a Balestrate; mentre Rosastella, cugina, custodisce nella casa al mare il tavolo sul quale pranzarono il “Dittatore” (il termine non aveva ancora una connotazione negativa) insieme allo stato maggiore dei suoi ufficiali in uniforme rossa, dolman con alamari.

Inutile dire che un assessore alla cultura e alla legalità, soprattutto se accompagnato da uno sponsor leghista, dovrà, prima d’ogni altra cosa, essere sottoposto all’esame attitudinale sul modo esatto di utilizzare l’esclamazione “minchia!”, un’interiezione assoluta nella terra di Empedocle, Cagliostro, Verga e del non meno rimarchevole barone Agostino Lo Lomia, gran signore noto alle cronache per avere autocelebrato, il 22 ottobre 1967, nel cimitero di Canicattì, il proprio funerale bevendo vino e mangiando pane e mandorle, tra i suoi ultimi desideri: la presenza di 16 becchini di fama internazionale accompagnati da un notaio dalla mano ricurva, un ingegnere con un piccone e da un politico con una forchetta, più la banda di Acireale, e camerieri pronti a offrire gelati ai dolenti.

E ancora, l’assessore andrà sottoposto all’esame che, per definizione, stabilisce la sostanza profonda dei siciliani. Non è forse vero, come più volte abbiamo scritto, che i siciliani davanti a una lavagna così come a un computer, la prima cosa che gli viene in mente di scrivere è un bel “Suca”, oppure, in subordine, un non meno voluminoso “Suca forte”?

Siamo certi che costui, l’assessore leghista che sarà, già bollato come presenza “indesiderata”, non avendo remore localistiche, possa essere in grado di superare questa prova? Diciamocelo con chiarezza, fino a qualche anno fa, immaginare un leghista in Sicilia era un po’ come imbattersi nell’apache “venduto” ai soldati blu del generale Custer che appare nei film: le piume sul capo insieme alla giubba del 7° cavalleria, il “pellerossa” impiegato come guida, in fondo nient’altro che un traditore, doverosamente disprezzato dai fieri guerrieri del suo popolo.

Almeno, per molti di noi siciliani era questa la percezione che se ne aveva. Fin quando un giorno, un amico senatore dei Progressisti, Ludovico Corrao, straordinaria figura della vita politica e culturale siciliana con la sua Gibellina città d’arte, nei corridoi di Palazzo Madama mi presentò un “paesano”, come lui parlamentare, tuttavia implotonato nelle file della Lega, allora governata da Bossi, un leghista con accento di Girgenti. Chissà cosa ne avrebbe detto o direbbe, se solo non si trovasse ormai in cenere lì al Caos, l’acuto, lo scettico Pirandello,

Sia detto con franchezza, ciò che più stupisce nel cartiglio dell’incarico ufficiale è il riferimento all’identità siciliana, posto che essa è assai variegata, impossibile da racchiudere in un’unica koinè. C’è il Siculo e c’è Sicano, infatti, come anche Gramsci notava nei “Quaderni del carcere”, non è mai stato semplice conciliare quest’animo bifronte. I siculi, per esempio, per intendere omosessuale, dicono “puppo”,  i sicani, cioè gli occidentali, dicono “arruso” o, in subordine “garruso”, sebbene quest’ultimo termine abbia anche un valore di complimento, da riservare alla persona valente.

Così come, perdonate l’apparente oscenità, ma proprio queste forme del linguaggio denotano le differenze: “spacchio” nella Sicilia occidentale sta per sperma, mentre in quello orientale sta per liquido vaginale. Dunque, non sarà affatto semplice sciogliere questi nodi, conciliarli, renderli valori condivisi; non resta che fare ogni augurio all’assessore che verrà, un lavoro ciclopico, degno di Polifemo, così come l’ha trasfigurato in un romanzo un’altra grande intelligenza di Sicilia, il barcellonese Emilio Isgrò.

Lo scrittore, barone Ottavio Cappellani, proprio ieri, in diretta su Facebook, rifletteva a voce alta sul paradosso politico che incombe sulla Sicilia, ritenendolo inaccettabile. Dice Cappellani: «Una tagliata di faccia agli artisti e agli intellettuali siciliani. Probabilmente hanno voluto tagliare la faccia soltanto ai siciliani ‘colti’, che di certo non amano l’ignoranza della Lega, ma – essendo di destra dunque classisti – non si sono resi conto che l’Identità Siciliana è trasversale.

Per questo motivo invito artisti, intellettuali, universitari, a disertare qualsiasi colloqui con tale assessorato, ma invito anche i siciliani tutti a disertare parchi archeologici, musei, iniziative varie, sagre, polpette, tric e trac in mano ai leghisti».

Che poi, identità è una parola, viene in mente la dimensione brancatiana, i cosiddetti “ingravi da balcone”, maschi capaci di mettere incinta una donna con il semplice potere dello sguardo; non è casuale che ancora adesso molti balconi di Sicilia mostrino una stuoia di stoffa o vimini a coprire la vista eventuale delle gambe e delle cosce da sotto.

Altra storia narra il contesto palermitano dove, Tomasi di Lampedusa docet, prevale soprattutto una “voluttà di morte”, immobilismo, una sensazione che sovrasta sia il mito di Prometeo sia quello di Sisifo.

Così mentre il primo pensiero dei catanesi, poco importa se maschi oppure femmine, muove da un dardeggiante bisogno dichiarato di sesso, merito o colpa della prossimità con l’Etna, il Vulcano.

Alla fine, occorrerà fare la tara tra gli uni e gli altri, e forse non sarà sufficiente neppure immaginare una riedizione di “Giochi senza frontiere”, che so, al Lago di Pergusa o a Piazza Armerina, Santa Rosalia Vs. Sant’Agata, con i Canterini Peloritani e Gianni e Marcella Bella e Christian, il cantante di Bocca di Falco, amato da Wojtyla, a fare da coro e, metti, Marina La Rosa e Salvo Veneziano, il pizzaiolo, coadiuvati da Simonetta Agnello Hornby e Rosario Fiorello, e ovviamente Pippo Baudo su sedia gestatoria, in veste di giudici supremi. All’occorrenza, anche Lando Buzzanca, e, ma sì, pure Ficarra e Picone.