Lo IED, l’Istituto europeo di design, è un tipo di scuola che per funzionare ha bisogno di essere popolata. Con sedi in quattro Paesi (Italia, Spagna, Brasile e Cina) e una comunità di 12mila studenti solo in Italia vive molto di laboratori e di attività in presenza, imprescindibili per la didattica.
«Una qualsiasi delle nostre sedi assomiglia a un aeroporto, gente che va e che viene, portandosi dietro modelli e progetti indecifrabili, che si parla, si incrocia e si scambia idee», spiega a Linkiesta Riccardo Balbo, direttore accademico IED Italia. Si tratta di una dimensione imprescindibile, che il coronavirus ha bloccato completamente.
Anche l’Accademia di Brera di Milano vive una situazione simile: fra corsi di pittura, scultura, scenografia, restauro e molti altri che richiedono laboratori specifici, il fermo delle attività ha influenzato l’attività degli studenti. «L’Accademia di Belle Arti ha da subito attivato la piattaforma Google Suite for Education e già dai primi di marzo abbiamo potuto iniziare le lezioni a distanza. Io ho iniziato il 9 marzo e oggi posso dire che i ragazzi hanno dimostrato grandissima partecipazione e interesse. Tutti gli iscritti al corso hanno frequentato le lezioni», dice a Linkiesta Alessandra Quarto, vicedirettore della Pinacoteca di Brera e docente di museologia all’Accademia.
Anche se in Italia le scuole sono state le prime a chiudere e saranno le ultime a riaprire, sono anche le uniche a non essersi mai fermate. «Fra lezioni a distanza e formazione online, siamo in un momento di transizione da sempre. Adesso tutti guardano alla riapertura a settembre con una fede messianica, pensando che tutto “tornerà come prima”. Ma per noi questi mesi di quarantena sono stati un’occasione per rallentare il respiro e guardarci dentro, cercando di capire che cosa ci contraddistingue davvero», spiega Balbo.
Non si tratta soltanto di capire quali attività possono essere svolte online e quali no. «Bisogna chiedersi cosa ha senso che sia trasferito», puntualizza il direttore accademico di IED. «La relazione insegnante studente non può esaurirsi in un rapporto televisivo. La mixité dell’esperienza è fondamentale. Noi dobbiamo essere garanti di questo».
Essere la scuola con il più alto numero di computer Apple in Italia e ritrovarsi di colpo i laboratori vuoti, insomma, non è soltanto un problema dal punto di vista logistico, ma rappresenta una sfida formativa. L’istituto di design ha deciso di consentire ai tesisti di collegarsi da remoto alle macchine dei laboratori (computer ad altissima capacità di calcolo) per poter svolgere progetti di renderizzazione per l’animazione grafica, e di poter mandare i file dei loro modelli alla segreteria, che poi li avrebbe stampati in 3D.
«Il carattere innovativo non è dato dalla tecnologia in sé, ma dal servizio che offri. Innovazione è trasferire una tecnologia in un posto dove non l’avevi ancora messa. Noi ci stiamo inventando alcune cose, ma il grosso è fare con la scuola ciò che prima non si faceva. Nei prossimi cinque anni vogliamo mantenere alcune di queste novità ed estenderle a tutti gli studenti, per evitare che ci siano altri “prima e dopo” dell’emergenza», spiega Balbo.
A Brera «il Comitato Tecnico Scientifico ha approvato le attività in modalità mista (in presenza e a distanza) e quindi a fine giugno saranno riavviati i corsi di restauro – in presenza ridotta – e saranno riaperti i cantieri esterni», racconta la vicedirettrice Quarto. «Gli istituti del Palazzo di Brera si sono sempre riuniti via Skype per confrontarsi sulle modalità di riapertura condividendo strategie e criticità. Il cortile d’onore sarà presidiato dalla vigilanza esterna dell’Accademia che eviterà assembramenti e tutti gli ingressi dei vari istituti sono monitorati con termoscanner e seguono le disposizioni di legge per evitare il contagio. La Pinacoteca ha riaperto oggi con grande gioia e in totale sicurezza dei visitatori e dello staff interno. Abbiamo ingressi contingentati e una grafica interna che specifica il numero massimo di visitatori per ogni sala. Dopo tanto lavoro, siamo riusciti a riaprire!».
A Brera non si prevedono tagli alle nuove iscrizioni a settembre. E anche allo IED «gli studenti il prossimo anno devono potersi iscrivere con serenità», dice Balbo.
Ma le sfide rimangono tante. «L’opportunità sta nel ripensare la didattica per renderla anche più contemporanea e in questo l’esperienza della didattica a distanza ci ha offerto spunti e riflessioni. Anche gli spazi dovranno essere ripensati e si lavorerà presto a questo tipo di progetto. I limiti, ahimé, risiedono nella burocrazia che rende più difficile la gestione di 5000 iscritti rispetto ad Accademie più piccole», dice Quarto. «Speriamo che questa dura prova faccia aprire un po’ gli occhi al sistema pubblico sulla eccessiva burocrazia, che potrebbe essere risolta con un sistema più agile… Dopotutto abbiamo visto che il lavoro agile ha funzionato anche nelle strutture pubbliche!».
Al di là dei protocolli e dei limiti contingenti, molto è e sarà in mano alla lungimiranza delle scuole nel saper offrire una didattica nuova, ma fedele ai propri valori. «Sono poche le scuole in Italia che si possono permettere certe soluzioni, soprattutto in termini economici», dice il direttore dello IED. «Ma un’altra cosa è il mindset, la cultura del fare scuola e di come porsi di fronte al cambiamento. Oggi vediamo un’Italia a due marce. Chi non vede l’ora che tutto torni come prima e quelli che hanno capito che questa è un’occasione».
Ogni crisi si può trasformare in un’occasione. «Fra i nostri studenti c’è chi si è messo a fare mascherine o a stampare visiere. Noi siamo produttori di progettisti, più che di progetti. Per questo abbiamo fatto una call, ancora aperta, per attività di promozione delle realtà locali, ed anche lanciato una grande raccolta di contributi per la sostenibilità del pianeta, pensata per il Fuorisalone. I progetti sono il frutto della capitalizzazione del sistema relazionale, la cifra distintiva di IED, e noi abbiamo 120mila ex studenti che si mettono in contatto fra loro per svilupparli. Per noi, la scuola vera è quella che prende in mano la responsabilità dell’impatto sociale che ha».