Ogni 15 ore in Italia un amministratore locale subisce minacce o violenze. Sono 559 gli atti intimidatori censiti nel rapporto ”Amministratori sotto tiro” del 2019 da Avviso Pubblico, l’associazione nata per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità.
Mentre sono 83 le Province coinvolte – oltre il 75% del territorio nazionale – e 336 i Comuni colpiti, il dato più alto mai registrato. Per la seconda volta nella storia di questo rapporto sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni d’Italia. Numeri inquietanti che coinvolgono, secondo l’identikit fatto dell’associazione, i sindaci di Comuni superiori ai 20mila abitanti di un territorio a tradizionale presenza mafiosa.
In molti casi il primo cittadino viene aggredito fisicamente o gli viene bruciata l’auto, in particolare nel periodo delle campagne elettorale. Tra marzo e maggio 2019 (era al voto il 48 per cento dei Comuni italiani) in media si sono verificate 12 intimidazioni a settimana, 58 casi ad aprile, che in più di un’occasione hanno indotto le vittime a ritirare la candidatura.
Teresa Di Candia, consigliera di Eboli (Salerno), per esempio è stata aggredita nel gennaio 2019, mentre al sindaco di Roccabernarda (Crotone) Francesco Coco è stata bruciata l’auto e sono stati uccisi cinque cavalli.
A Corleone (Palermo) un’auto del Comune confiscata alla mafia è stata incendiata. A Locri (Reggio Calabria), da un’inchiesta condotta dalla locale Direzione distrettuale antimafia, emergono invece intimidazioni nei confronti del Sindaco Giovanni Calabrese, in merito agli interessi dei clan sulle attività economiche del cimitero cittadino. La minaccia rivolta è stata quella di non fargli più ritrovare le spoglie dei suoi parenti.
Mentre a Palau (Sassari) il 3 aprile un ordigno è esploso davanti all’agenzia immobiliare del sindaco Franco Manna, e nei mesi di luglio e agosto a Bacoli (Napoli) è stata recapitata una busta con proiettili a un funzionario comunale. Nel mirino anche il responsabile del Servizio tecnico del Parco Nazionale d’Abruzzo, Andrea Gennai, al quale è stata recapitata una testa di agnello scuoiata e un biglietto di minacce.
Va ricordato che quella criminale, però, non è l’unica matrice di questo fenomeni. Una minaccia su tre non ha una matrice criminale e arriva da comuni cittadini spinti dal malcontento per scelte amministrative sgradite o dal disagio sociale.
«Il fenomeno delle minacce agli amministratori locali è diventato una questione nazionale» ha dichiarato Roberto Montà, presidente di Avviso Pubblico e Sindaco di Grugliasco. «La crisi sanitaria generata dal Covid sarà accompagnata da una forte crisi economica e sociale che le mafie stanno già cercando di sfruttare per accumulare consenso sociale sui territori ed espandere la loro presenza nel nostro sistema produttivo e all’interno degli Enti locali. Le pressioni non mancheranno, così come il tentativo di corrompere amministratori, funzionari e dirigenti pubblici».
Dello stesso avviso anche il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese: «Il fenomeno è in crescita e richiede attenzione perché i sindaci e gli amministratori rappresentano il punto di riferimento immediato per le comunità provate dagli effetti della pandemia. Invito chi è vittima di tali atti a denunciare gli episodi per erodere la cosiddetta cifra oscura: noi dobbiamo conoscere per poter intervenire».
Le pressioni della criminalità organizzata (che in questo periodo ha rafforzato il proprio potere sul territorio nazionale) nelle amministrazioni locali sono tuttavia differenti nel Centro-Nord e nel Sud Italia. Il 61 per cento del totale dei casi censiti (342) si è registrato nel Mezzogiorno e ben 71 atti intimidatori si sono verificati in 40 Comuni che, in un passato più o meno recente, sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa. Nel 2019 sono stati 21 i consigli comunali sciolti per questa ragione (26 i decreti di proroga di precedenti scioglimenti).
Il restante 39 per cento del totale si è verificato nel Centro-Nord, dove si riscontra un aumento del 5 per cento delle minacce e intimidazioni rispetto al 2018. Per il terzo anno consecutivo la Campania si conferma la regione in cui si è registrato il maggior numero di intimidazioni (92 casi censiti). Al secondo posto la Puglia (71 episodi) con il maggior incremento rispetto al 2018. Terzo posto per la Sicilia (66 casi). Stabile la Calabria, con 53 casi. Mentre colpisce l’incremento delle intimidazioni in Lombardia: in due anni i casi censiti sono aumentati del 64 per cento a causa sopratutto, spiegano i ricercatori, della presenza della ’ndrangheta «in grado di svolgere la funzione di perno centrale del ciclo corruttivo».