Previsioni azzeccateLo smartphone? Lo avevano immaginato già nel 1947

In un vecchio documentario francese ispirato agli scritti di René Barjavel, autore di fantascienza, si vedono persone girare fissando un piccolo device portatile, con uno schermo sempre acceso. È un prodigio? Più o meno

Prima di Steve Jobs c’era René Barjavel. Sono entrambi visionari, anche se il secondo – di sicuro meno noto del primo, almeno fuori dalla Francia – era un giornalista e scrittore di fantascienza (prima che esistesse la categoria), nato all’inizio del XX secolo e diventato famoso per le sue previsioni.

Tra queste, vale la pena citare il futuro iper-meccanizzato di “Diluvio di fuoco”, romanzo del 1943 in cui l’umanità ormai dipendente dalle macchine scopre, grazie a un blackout (ma potrebbe essere anche una pandemia), un nuovo senso di libertà e decide di rifugiarsi in campagna.

Ma ancora più interessante è il testo del 1944, “Cinema totale”, in cui disegna il futuro di un mezzo che farà a meno della pellicola (azzeccato), sceglierà di essere archiviato su disco (azzeccato), tenterà la strada del 3D (preso anche quello) e forse abbinerà a suoni e immagini anche gli odori (ancora presto).

Soprattutto, ipotizza che mezzi come la televisione e la radio diventeranno di uso comune, piccoli oggetti che tutti porteranno con sé modificando le proprie abitudini. Insomma, pensava allo smartphone, 50 anni prima di Steve Jobs.

Questo documentario del 1947 (in francese), recuperato dagli archivi dell’Ina, l’Institut national de l’audiovisuel, si ispira proprio a quei testi, mettendoli in scena.

Ecco allora i tizi ingobbiti che camminano chini sui loro piccoli schermi portatili, persone che si urtano camminando sul marciapiede, rompendo le antenne dei loro device, automobilisti che, dopo aver installato lo schermetto sulla loro vettura, perdono il controllo e finiscono fuori strada. Il tono è divertito, l’effetto è curioso.

Peccato che il riferimento allo smartphone sia una mezza bugia. Barjavel riesce a cogliere bene gli effetti della tecnologia, anche quelli più quotidiani e bizzarri, ma nella sua ricostruzione manca il passaggio che compirà Jobs: cioè integrare lo schermo televisivo con il telefono e, soprattutto, con internet (ma pensare alla rete nel 1947 era una bella sfida).

Anche per questo il documentario racconta, in realtà, il potere ipnotico della televisione, la sua attrattività irresistibile, la forza di persuasione, la sua capacità, che si conosce bene ma che viene confermata tuttora, di lanciare nuovi politici.

In un certo senso, le televisioni che portano in mano in quelle sequenze somigliano più alla radiolina dell’appassionato di calcio che non vuole perdersi nemmeno un secondo del derby. Ma per il loro potenziale di distrazione, la capacità di penetrazione nelle abitudini delle persone, ebbene, si è già in piena era smartphone.

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