Giovanni Toti potrebbe fare a meno di fare una campagna elettorale massacrante: questo pesto cucinato dal Partito democratico più che dai Cinquestelle non sembra venuto bene, probabile che Ferruccio Sansa, il candidato, non sia granché soddisfatto di come stanno andando le cose e insomma la piccola Liguria non sembra proprio l’Ohio delle prossime regionali: il giornalista del Fatto parte molti punti sotto.
Liguria tormento della sinistra, una volta qui era una passeggiata. Cinque anni fa Sergio Cofferati dopo la sconfitta alle primarie contro Raffaella Paita, oggi Italia viva se n’è andata dall’alleanza e schierato un suo candidato (Toti ancora ringrazia).
Una vita fa. Il centrosinistra non è più quello, anzi non si sa più nemmeno bene cosa sia. In poche parole c’è il Partito Democratico che insegue il Movimento 5 stelle come un innamorato geloso, nella speranza di dare gambe “territoriali” all’alleanza strategica Zingaretti-Di Maio, cosa indigesta per i renziani che infatti puntano sul professor Aristide Massardo, già indicato in un primo tempo come possibile candidato unitario.
In questa terra meravigliosa e sfortunata, il Partito democratico ne ha viste di tutti i colori ma è un partito ancora vivo e vegeto seppure diviso. E non solo alla base. Tanto è vero che a stoppare l’intesa su Sansa era stato lunedì notte il segretario regionale Farello, poi riportato all’ordine da Andrea Orlando, presumibilmente con il polso di ferro di cui il vicesegretario è dotato. Già, chi non condivide l’asse con i grillini alla fine è destinato a soccombere dato che i maggiorenti nazionali, da Orlando a Roberta Pinotti sono per l’accordo con il Movimento.
E poi ci sono sempre i cofferatiani, l’ex sindaco di Genova Marco Doria, gli ex Partito democratico di sinistra di Claudio Burlando, la Cgil genovese e ligure (di qui era partito il no ad Annamaria Furlan, altro nome che era girato), tutto un mondo dal sapore antico ma persistente, uno zoccolo duro che si è liberato degli ultrariformisti renziani: a comandare sono sempre loro, malgrado tanti, nella base, storcano il naso di fronte al partito di Vito Crimi.
Il paradosso è che i dem cercano di cucinare questo pesto ligure sapendo di perdere, anche se il calcolo del Nazareno non è difficile da interpretare, un accordo in Liguria può trascinarne uno identico nelle Marche, dando ossigeno al candidato del Partito democratico, Maurizio Mangialardi, che parte anch’egli sfavorito.
Tuttavia l’asino stava per cascare non per i militanti dem ostili a Beppe Grillo, ma proprio a causa sua, di Beppe Grillo in persona. Questo Ferruccio Sansa candidato? «Ma siamo matti?», aveva protestato il famoso comico genovese. Il tira e molla è ormai noto: Grillo non stima Sansa.
Quest’ultimo lo sapeva e lo diceva pure in giro. Ma forse non sapeva della contrarietà di Luigi Di Maio, contrarietà che non è tanto sulla persona ma sul senso dell’operazione politica visto che il ministro degli Esteri (ah già, fa anche il ministro degli Esteri) non intende mescolarsi coi dem in questo alambicco della “alleanza strategica”, un matrimonio d’interesse officiato dall’avvocato Conte.
È una linea diversa da quella di Grillo e più vicina a quella di Casaleggio, almeno per quel poco che si capisce delle idee del padrone della ditta, ma a stare alle ultime notizie (questi qui magari cambieranno ancora idea) alla fine Crimi ha tirato fuori il coraggio e blindato Sansa che, povero, ha rischiato di finire stritolato nella morsa dei capicorrente del Movimento, neanche fossero dorotei contro basisti.
Il giornalista del Fatto, organo prima di Grillo, Di Battista, e ora di Conte, corre in una pista fradicia. Ma il mistero degno di Conan Doyle riguarda il Partito democratico, che ha deciso di puntare tutte le carte su un candidato che non piace a un pezzo della sua base e a un pezzo del Movimento cinque stelle, e che parte pure battuto. Un pesto venuto male.