Tormentoni estiviTu lo conosci il Papozzo?

Uno spettro si aggira per il web, il suo nome è Papozzo. Cronistoria semiseria di un fenomeno virale nato sul web in un pomeriggio di mezza estate

Giovedì 6 agosto, metà pomeriggio. Mentre è in corso il dibattito sulle misure anti-Covid decise dal consiglio dei Ministri e si discute sul divieto di licenziamento e rinnovo della cassa integrazione, un misterioso hashtag entra nelle tendenze di Twitter. Nella timeline dei social network si fa un gran parlare di #papozzo. Ma è pur sempre estate, ci sono 32 gradi all’ombra, le distrazioni sono a portata di mano e non tutti se ne accorgono. Così, chi dà un’occhiata veloce ai social network solo a fine pomeriggio si ritrova una timeline piena di oscuri #papozzi. Cosa saranno? In realtà nessuno lo sa o, meglio, le ipotesi sono tante, milioni di milioni. Qualche flebile indizio: dev’essere senz’altro qualcosa che si mangia, forse un lontano parente del panuozzo napoletano?

Tra il serio e il faceto, arrivano sul far del tramonto le prime certezze: il papozzo è sicuramente tondo, fatto con l’impasto della pizza fritta e ripieno di quel che ti pare. Dunque, si fa solo a Napoli e dintorni? Non sia mai! L’Italia dei campanili sa essere competitiva e in men che non si dica parte il giro d’Italia dei papozzi. Ovviamente tutti rivendicano la ricetta originale che, manco a dirlo, non esiste. Ma il disciplinare della fantasia sprigionata sui social non ha limiti ed è subito un fiorire di meme satirici e ricette regionali.

In Friuli il ripieno è con il frico e va accompagnato da un taglio di rosso. In Lombardia si usa la farina di mais e il ripieno è a seconda della zona, può andare dai bruscitt al brasato e ci sono persino le varianti con pesce di lago, a volte è ripieno di nebbia, a volte di fatturato. C’è anche la variante country, tipica delle campagne tra Milano e Pavia: crema di nebbia, umidità delle otto di mattina dei giorni pari, zanzare appena scottate in padella e una spolverata di sabbia del Ticino. Pura poesia.

In Emilia il papozzo si colora di significati politici ed è frutto di un ingegnoso impasto fatto di farina e uova di gallina possibilmente di sinistra, il tutto impastato a mano. Il panetto va poi fatto riposare al suono di Bella Ciao per le successive 24 ore lontano da fonti di calore leghiste. In alcuni locali del centro di Bologna lo servono semplicemente con la mortadella, ma naturalmente c’è la versione “alla Petroniana” per i turisti, con il crudo e la crema di Parmigiano.

In Versilia i papozzi sono considerati addirittura uno status symbol: si fanno lievitare poi si condiscono con ostriche, champagne e caviale. Come rifinitura, una foglia d’oro commestibile.

Nelle Marche c’è una variante per ogni provincia ma tutte hanno il ciauscolo come ingrediente base. Il vero papozzo lucano invece è con il peperone crusco, farcito con fonduta di pecorino di Filiano e va accompagnato rigorosamente con un calice di Aglianico del Vulture.

Su una cosa i pareri convergono all’unanimità: il Papozzo (che a questo punto si merita come minimo la P maiuscola per il concentrato di cultura enogastronomica che rappresenta) dev’essere fritto, dolce o salato non importa, ma fritto. E sì, può essere incluso nel bagaglio a mano. Come tutte le ricette made in Italy, arrivano le prime storpiature: c’è chi mette l’ananas e c’è l’immancabile versione a stelle e strisce; pare che oltreoceano già spopoli il Papozzo deep fried ripieno di pasta Alfredo con pollo e piselli. Il solito discutibile gusto americano per gli eccessi.

E mentre si attende l’istituzione del Papozzo day (noi votiamo convintamente per il 6 agosto), stiliamo il menu della sagra del Papozzo, streetfood di questa strana estate 2020, da organizzare in piazza una calda sera di mezza estate. Perché il Papozzo è nativo digitale ma prospera benissimo in modalità analogica.

La verticale gastronomica prevede: Papozzo al forno con salsiccia, crema di casizolu, chips di zucchine e insalata lollo; Papozzo cacio e pepe o con coda alla Vaccinara; Papozzo di grano saraceno ripieno di formaggio e bresaola; Papozzo in saòr con polentina morbida; Papozzo ai peperoni di Carmagnola accompagnato da bagna cauda; Papozzo ripieno di caponata di melanzane e Papozzo hummus e pomodorini per i vegetariani. E, per finire, le varianti dolci: Papozzo con panna stile maritozzo e Papozzo di pasta mandorla.

A questo punto, mentre la sagra virtuale volge al termine, quasi spiace che in realtà il Papozzo (almeno per il momento) non esista, anche se in rete il dibattito sull’opportunità di depositare marchi e brevetti è più che mai acceso. Resta la domanda: come ha fatto un tormentone nato sul nulla a scatenate la fantasia culinaria di tanti burloni? Tutto nasce da un post di un autore sconosciuto pubblicato su Facebook, rilanciato poi su Twitter dall’account @demotivatrice10. L’aneddoto recita più o meno così: «Passavo tutti i giorni con un collega di lavoro davanti a un bar dove c’era un cartello gigante con scritto: “Papozzi pizza panini”. Dopo averci meditato più giorni, una sera affamati ci fermiamo per provare i papozzi.

Buongiorno, due papozzi.

Papozzi è il nome del proprietario.

Due pezzi di pizza allora».

A questo punto, resta una sola certezza. Nel ricettario dei cibi che non esistono, versione aggiornata all’agosto 2020, qualche voce dopo il Cacao Meravigliao, è entrato di diritto il Papozzo.
Lunga vita al Papozzo.

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