La pseudo-riforma del taglio lineare dei parlamentari è stata varata dalla maggioranza grillo-leghista con l’appoggio entusiasta di Fratelli d’Italia e con la strenua opposizione del centrosinistra, che ha votato contro per ben tre volte, salvo poi, cambiato governo, schierarsi anch’esso a favore (in cambio di alcuni minimi «correttivi», che peraltro non ha ottenuto). All’ultima votazione, alla Camera, i Sì sono stati 553, i No appena 14: i deputati di Più Europa e qualche isolato dissidente (più due astenuti).
Dunque non è esatto dire che una vittoria del No al referendum di domenica rappresenterebbe semplicemente una sconfitta dei cinquestelle o del governo. Rappresenterebbe molto di più. Di fronte alla sostanziale unanimità del voto espresso dalla Camera, una forte affermazione del No rappresenterebbe uno schiaffo a tutti i populisti, di governo e di opposizione, di destra e di sinistra, di antica data e di recente conversione.
Lo schiaffo più forte e inatteso, ma salutare, capace di risvegliare, dopo tanti anni di lavaggio del cervello a base di campagne farlocche e demagogiche sui costi della politica, persino un dibattito pubblico debilitato e immiserito come il nostro.
Di fronte alla riforma fasulla votata praticamente all’unanimità dal parlamento più populista e più trasformista della storia repubblicana — le due cose del resto vanno insieme dai tempi del Gattopardo — ovviamente in nome della lotta contro la «casta» (rappresentata, presumibilmente, da quei quattordici audaci che hanno votato contro, o forse dai due astenuti?), chi vuole cambiare davvero ha una sola carta da giocare, una sola occasione, e farà bene a non sprecarla.
Se davvero volete un Parlamento migliore, se anche voi non ne potete più di questo modo di fare politica fondato sulla continua ricerca di sempre nuovi capri espiatori, sulle balle più inverosimili e sulla caccia alle streghe, se anche voi ne avete abbastanza di questo tragico miscuglio di ideologia e idiozia, il momento di dire No è adesso.