È un mondo nascosto sotto al mondo che conosciamo, fatto di denaro, potere e segretezza, che non emerge mai se non per errore, o per qualche increspatura del sistema.
Ma è al tempo stesso il mondo che unisce i vertici, i capi delle tre maggiori potenze mondiali, Stati Uniti, Russia e Cina. Che sono al contrario visibilissimi. È la doppia natura di quella che il giornalista britannico Tom Burgis, del Financial Times, definisce “Kleptopia”.
Titolo del suo ultimo libro, in uscita il 3 settembre per HarperCollins, che racconta cinque anni di indagini e ricostruzioni dei canali di denaro che, attraverso la complicità di banche e paradisi fiscali, ha creato una nuova generazione di potenti, ricchi e al di sopra delle leggi. E che hanno un obiettivo comune: la privatizzazione del potere.
È il principio dello Stato duale, come spiega nel libro, lo stesso che valeva per la Germania nazista. «Un incrocio di assenza di leggi e di legalità», cioè di «rule of law», spiega a Linkiesta.
Assenza di leggi perché «con il denaro accumulato possono controllare tutto», territori, uffici, testimoni, fino a piegare le leggi alla loro autorità. «Legalità perché, al tempo stesso, hanno bisogno di mantenere una impalcatura che sorregga il sistema economico e finanziario, oltre a un’arena in cui possono combattere i loro nemici, fare lobby».
È la stessa impalcatura costruita da Vladimir Putin dall’inizio del millennio fino a oggi, ponendosi come punto di equilibrio tra le interferenze dei diversi oligarchi emersi dagli anni ’90: un potere basato sulla segretezza, sul ricatto e sull’arbitrio.
Ma è anche quello che tenta di creare Donald Trump, insediato alla Casa Bianca dal 2016, il coronamento di una storia personale, da ricco imprenditore a catalizzatore di denaro proveniente dai depositi degli stessi oligarchi ex-sovietici, che avevano trovato nel real estate il nuovo mezzo per ripulire il denaro (dal momento che i controlli sulle banche in America, dopo l’11 settembre, erano diventati più stringenti a causa delle possibili collusioni con il terrorismo).
I due leader condividono legami, storie e soprattutto hanno la stessa mentalità, «che è comune ad altri cleptocrati in tutto il mondo, come Maduro in Venezuela, o Xi in Cina, che solo all’apparenza sembrano in conflitto tra loro – o meglio, lo sono allo stesso modo in cui agiscono politici rivali. Quello che condividono davvero è l’obiettivo finale, cioè l’utilizzo del potere a fine personali, fino alla sua privatizzazione».
Il libro, che si basa sul contributo fondamentale di fonti molto qualificate, è un viaggio intorno al mondo della ricchezza “sporca”.
Si comincia da Londra, alle soglie della crisi del 2008, quando i capitali occidentali, senza farsi troppi problemi, danno il benvenuto a emissari del Kazakistan di Nursultan Nazarbayev, ossia affaristi tramutati in miliardari per concessione del presidente, e prosegue raccontando la costruzione delle fondamenta della nuova Russia di Vladimir Putin, passando per lo Zimbabwe di Mugabe, il Sudafrica delle estrazioni, fino all’America di Trump e dello scandalo del “quid pro quo”.
In mezzo, una scia di morti, violenze, soprusi e uno stato di crescente corruzione, «che arriva a ogni livello della società e rappresenta da sola un pericolo per le democrazie».
Ora, «quello che noi sappiamo è solo una parte di quello che accade. È la punta dell’iceberg, emerge solo a causa di errori, scandali, indagini più approfondite», ma a volte anche precise scelte politiche o strategiche, come l’arresto (che destò molta sorpresa) del mafioso ucraino Semyon Moghilevic, fatto impensabile visto il suo potere, la presenza nel mondo dell’energia (i legami con Gazprom e il controllo di RosUkrErgo) e le connessioni. Ma che si poteva spiegare molto bene con l’ipotesi che si trattasse di un segnale dai piani più alti del Cremlino per dire a tutti che gli anni ’90 erano finiti, e che con la crisi serviva obbedienza. Ci sono soldi per tutti, ma a patto di stare fuori dalla politica.
Oltre alla fitta documentazione (l’autore ci tiene a specificare che tutti i fatti sono basati su testimonianze ed evidenze, anche le frasi all’apparenza più romanzesche come “Pensò” o “meditò”), il volume ha uno stile agile e piacevole, oltre che una spinta etica. «Per contrastare l’avanzata della Kleptopia servono tutti gli strumenti: le fonti che rivelano i segreti (perché è sul segreto che si fonda tutto il loro potere), il giornalismo investigativo, le indagini degli inquirenti. Insomma, tutte quelle armi che la democrazia ha a dispozione per impedire questi fenomeni», insieme «alla politica: la maggior parte di queste ricchezze sono depositate in conti cifrati, custoditi con la complicità di alcune banche svizzere e inglesi (per la maggior parte), ma anche di altri Paesi. Ci vorrebbero provvedimenti più duri al riguardo, ad esempio imponendo sanzioni a chi collabora con queste realtà, anche quelle su cui grava il sospetto».
È una posizione difficile, «e ci sono anche controindicazioni, ma credo che i benefici siano di gran lunga più numerosi».
Basterà? La novità è che i cleptocrati «stanno creando alleanze», per stare al passo con i tempi. «Sono già connessi attraverso il denaro che li unisce, ora hanno sotto di sé i tre grandi poli della Terra: l’economia più grande dle mondo, le ricchezze naturali dell’ex Unione Sovietica, lo Stato-partito che contiene un quinto degli abitanti del mondo». È la nuova faccia della realtà. È la distopia dei cleptocrati. E per ora la si può solo raccontare.