Arte è occuparsi di cose superflueConsigli per divertirsi senza contagiare gli altri, nonostante il coprifuoco

In un momento di forti restrizioni che ci spingono a distinguere ciò che è necessario da ciò che non lo è, viene voglia di ficcare il naso ben coperto nel negozio di dischi di fiducia e di non mancare a un concerto unico, come quello della jazzista Camille Bertault al Folk Club di Torino. La musica è più forte della rinuncia forzata a qualsiasi cosa di piacevole ci possa essere nella vita

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Leggo le dichiarazioni di qualche politico che ci invita a distinguere e scegliere oggi tra il necessario e il superfluo, sicché mi viene voglia di spendere gli ultimi soldi rimasti in un buon ristorante, comprare l’ennesimo giubbotto di pelle e soprattutto ficcare il naso ben coperto nel mio negozio di dischi di fiducia (si chiama Les Ypersound, sta a Torino, ve lo raccomando) per rinnovare il solito e doveroso monumento all’inutile: acquistare musica. Almeno per questo è un ottimo weekend, sono usciti gli album del Boss, di Ben Harper e per chi se lo fosse perso la scorsa settimana il bellissimo disco solista di Matt Berninger, il leader dei National. Fuori non fa freddo ma il tempo è umido e invita a starsene in casa, a parte tutto.

La critica d’arte Lea Vergine, scomparsa lo scorso martedì appena un giorno dopo Enzo Mari, suo marito e grande designer, aveva detto che arte è occuparsi di cose superflue, che non c’è davvero nulla di necessario. E allora per difendere questo mio “diritto al caviale”, come si diceva negli anni ‘70 o alle brioche di Maria Antonietta, venerdì sera ho sfidato la logica, i consigli che a breve diventeranno ordini, la paura e il terrore con cui veniamo governati, noi sudditi, per non mancare il concerto di Camille Bertault al Folk Club, nell’ambito del Piemonte Jazz Festival, una delle poche iniziative live a resistere ma non sappiamo ancora per quanto.

Trentaquattro anni, profilo disegnato da bella ragazza francese, Camille è una delle voci più interessanti sulla scena jazz europea. Sembra uscita da un film della Nouvelle Vague, ha sottolineato a matita le citazioni sui libri – da Charles Bukowski ad Arthur Rimbaud – che sono finite nelle sue canzoni. Di solito a parlare di jazz si rischia di finire in una nicchia piuttosto ristretta e per certi versi datata, ma sarebbe un grave pregiudizio perché oggi chi sperimenta sceglie il jazz come negli anni ‘90 si sceglieva l’elettronica. Basti pensare alla straordinaria vitalità della scena inglese – Ezra Collective, Shabaka Hutchings, The Comet is Coming che avrebbero dovuto suonare all’Auditorium di Roma giovedì 29 ottobre, annullato – molto sostenuta da siti super cool come Pitchfork.

Se il jazz inglese mescola la tradizione con soul, elettronica, persino rock, la musica di Camille Bertault sta esattamente in mezzo tra jazz e stile cantautorato colto, che dal vivo alterna sapientemente, uno standard a una canzone. Sul palco, accompagnata dal pianoforte di Fadi Farah, Camille è magnetica e snob come solo una parigina sa essere e chi avrà la possibilità – a meno dell’ennesimo stop – potrà ascoltarla mercoledì prossimo al Blue Note con il suo quartetto. Pas de géant è l’album che le ha dato notorietà nel 2018, che rende omaggio a Giant Steps di John Coltrane e alle sue passioni sonore davvero varie, da Serge Gainsbourg a Bach, da Michel Legrand al Brasile che considera la sua seconda patria musicale. Il nuovo lavoro Le tigre, uscito a settembre, spinge più in direzione della canzone d’autore esaltando una voce che si appresta a entrare nell’Olimpo, qualcuno dice la risposta francese a Norah Jones, forse di più.

Parlando in francese, che a Torino lo capiamo quasi tutti, Camille ci ha ringraziato, noi pubblico, per il nostro coraggio, per avere sfidato la paura, perché l’amore per la musica evidentemente è più forte della rinuncia forzata a qualsiasi cosa di piacevole ci possa essere nella vita. Non saremo stati più di trenta al Folk Club e se proprio si dovrà ricominciare tanto vale ricominciare da qui, dalle cantine, dai locali un tempo fumosi in cui nascevano le avanguardie e le storie d’amore. Poco prima delle 23 Camille e Farah hanno concluso il concerto con Round Midnight e a quelli della mia età sono tornati alla mente il film di Bertrand Tavernier e le note di Thelonius Monk che hanno aperto tante delle nostre giovani notti.

E così siamo tornati a casa, nella città deserta, nessuno in giro a parte qualche barbone. Prima o poi torneremo a “tirar mattina”, che i nottambuli non hanno mai fatto male a nessuno.

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