È braccio di ferro tra sindacati e governo sul blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione. Cgil, Cisl e Uil insistono perché si arrivi almeno fino a marzo, l’esecutivo è disposto a concedere una proroga solo fino a fine gennaio, data di scadenza dello stato d’emergenza.
L’incontro di ieri, previsto alle 18 e iniziato con un’ora di ritardo, è stato poi sospeso e ri-aggiornato alle 22.30, riprendendo poco prima della mezzanotte. La discussione andata avanti nella notte è partita in salita e si è conclusa senza alcuna decisione.
In una nota diffusa alle prime ore del mattino, Cgil, Cisl e Uil fanno sapere che il confronto con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri si è concluso «senza un nulla di fatto». «Molto distanti le posizioni espresse dalle parti», sottolineano i sindacati. «Dopo alcune ore di trattativa, protrattasi sino a notte fonda, Cgil, Cisl, Uil hanno valutato insufficiente la proposta del governo e hanno proposto una soluzione in cui le ulteriori 18 settimane di cassa integrazione annunciate dal governo e il blocco dei licenziamenti devono camminare di pari passo».
I due ministri hanno rinviato al presidente del Consiglio e al governo la decisione. Ma i sindacati già chiedono una convocazione da parte di Giuseppe Conte e l’avvio «in tempi brevissimi, di un tavolo a Palazzo Chigi su questo capitolo, sulla riforma degli ammortizzatori sociali, sulle politiche attive del lavoro, sulla manovra economica e sui fondi europei».
La proposta messa sul tavolo da parte del governo è di voler prolungare con un “decreto novembre” la cig fino a fine anno per chi a metà novembre l’ha già esaurita, e di aggiungere poi altre 12-18 settimane da gennaio in poi. Sul fronte dei licenziamenti, anche in seguito al pressing di Confindustria, l’intenzione del governo sarebbe quella di allentare progressivamente la stretta, prorogando il divieto di mandare via i lavoratori fino al 31 gennaio. Quindi un mese in più del previsto. I licenziamenti resterebbero comunque vietati per chi utilizza la cassa (e non più in funzione di quella autorizzata come avviene oggi). Con l’ipotesi di introdurre una “tassa”, ovvero un contributo aggiuntivo, a carico delle imprese che decidono di tagliare, a fronte dell’avvio di un percorso di politiche attive destinate al reinserimento lavorativo. Un’idea, quest’ultima, che Confindustria ha già rimandato al mittente. E che non è piaciuta nemmeno all’opposizione.
Per i sindacati, invece, il blocco dei licenziamenti va allungato almeno fino al 21 marzo, affiancato dal prolungamento della cig per altre 18 settimane. Proprio in virtù della nuova ondata e delle nuove restrizioni, i sindacati hanno sottolineato il peggioramento della situazione economica, con tante aziende che stavano muovendo i primi passi per la ripresa e che ora rischiano di vedere sfumare tutto.
Qualunque sia la data x di stop al blocco, il governo ha chiesto comunque l’avvio di un confronto in tempi brevi tra sindacati e Confindustria per farsi trovare preparati quando si tornerà alla normalità. L’esecutivo passa quindi la palla alle parti sociali, a cui toccherà ora inventarsi una modalità d’uscita graduale per togliere il tappo. Nessuna proposta però da parte dei ministri presenti all’incontro, al di là dell’accenno a un «pacchetto di politiche attive», su cui non si hanno ancora dettagli, che dovrebbero essere di aiuto per i lavoratori che perdono il posto di lavoro.
Secondo i dati dell’Inps, intanto, nel quadrimestre marzo-giugno il blocco imposto dal governo ha portato a un calo dei licenziamenti del 44% rispetto allo stesso periodo del 2019.