Continua la lenta risalita dell’occupazione dopo la caduta generata dalla crisi Covid. Ad agosto, secondo gli ultimi dati Istat, si contano 83mila posti di lavoro in più (più o meno le stesse cifre di luglio). Un aumento che stavolta coinvolge uomini e donne, dipendenti, autonomi e tutte le classi d’età. Soprattutto gli under 35, che da soli coprono 50mila degli 83mila occupati aggiuntivi.
Andando nei dettagli dei dati, si vedono i primi segnali di come si sta muovendo il mercato del lavoro alle prese con la crisi. Con una strana risalita ad agosto degli autonomi (+67mila) che, dopo mesi di discesa a picco, crescono più dei dipendenti a tempo indeterminato (+12mila) e soprattutto più di quelli a termine (+5mila). E il dubbio è che non sempre si tratti solo di vero lavoro autonomo, ma di rapporti subordinati mascherati da finte partite Iva per risparmiare sui costi, tra i vincoli sui rinnovi dei contratti a termine (vedi alla voce decreto dignità) e la difficoltà di trasformazione in contratti stabili in un momento di piena incertezza per le imprese.
Nei prossimi mesi, si potrà capire di che lavori stiamo parlando. Intanto, guardando a un anno fa, si contano 425mila contratti a termine in meno e 135mila autonomi scomparsi dai radar, che non vengono compensati dall’aumento di 135mila unità di contratti a tempo indeterminato.
Quanto alle classi d’età, a crescere di più sono i 25-34enni (+32mila), seguiti dagli over 50 (+24mila). Quella che cresce di meno, invece, è la generazione di mezzo dei 35-49enni (+9mila), tra i quali nel trimestre si contano oltre 100mila disoccupati in più. Ma il dato allarmante è che, rispetto a un anno fa, tra chi ha meno di 35 anni, al netto della componente demografica, gli occupati sono il 5,2% in meno e i disoccupati il 10,2% in più, mentre gli inattivi crescono del 2,6%. Con la disoccupazione giovanile che ad agosto sale al 32,1%.
Dopo i dati di luglio, in cui la crescita era quasi tutta al femminile, agosto segna invece un aumento principalmente degli occupati maschi (+72mila), mentre le donne su base annua segnano il calo maggiore. L’aumento degli occupati è affiancato dalla diminuzione dei disoccupati (-23mila) e degli inattivi (-65mila).
Ma se si fa un confronto con l’agosto del 2019, si vede come la crisi ha portato a perdere 425mila posti di lavoro in un anno, soprattutto tra i dipendenti (-290mila). In 12 mesi, il tasso di occupazione è sceso in pratica di un punto percentuale, fermandosi al 58,1 per cento. Unica eccezione sono gli over 50, tra i quali si contano – per effetto della componente demografica – 153mila occupati in più.
Rispetto a febbraio, prima dell’esplosione della pandemia e della chiusura delle attività dovuta al lockdown, nel mercato del lavoro italiano mancano ancora 350mila unità. I disoccupati sono 70mila in più. Ma soprattutto gli inattivi, quelli che non hanno un lavoro e non lo cercano, sono cresciuti di 250mila unità. In un anno, se ne contano 306 mila in più.
E sono questi numeri a spaventare ora il governo alle prese con la legge di bilancio, perché la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza continua a crescere per effetto della crisi, facendo lievitare i costi del sussidio, mentre quelli che hanno trovato un lavoro sono ancora una sparuta minoranza. Secondo le prime stime del Tesoro, la spesa nel 2021 del reddito di cittadinanza potrebbe salire a circa 9,5 miliardi, vale a dire 2 miliardi e mezzo in più del 2020, ben oltre i 7,3 miliardi di limite di spesa autorizzato. Cifre che ora apriranno il dibattito interno alla maggioranza sulla riforma del reddito, con i Cinque Stelle che hanno alzato già le barricate in difesa del loro cavallo di battaglia.