Alla Camera dei deputati arriva un’altra riforma costituzionale per consentire ai 18enni di votare per eleggere il Senato. Il disegno di legge è stato chiesto dal Partito democratico tra le riforme correttive che dovranno accompagnare il taglio dei parlamentari, approvato con il Sì al referendum del 20 e 21 settembre.
Adesso per il Senato, come la Costituzione prevede, ci vogliono 25 anni, ma la riforma già lo scorso 9 settembre è passata anche a Palazzo Madama, con le destre e Italia Viva in disaccordo e astenutesi dal voto. L’accusa mossa da renziani e centrodestra era una: «State giocando con le regole e la Costituzione». Sul voto ai diciottenni l’intesa prevedeva infatti che ci fosse anche l’abbassamento dell’elettorato passivo, ovvero la possibilità di essere eletti al Senato a 25 anni (e non come ora a 40). Ma così non è stato.
Come ha sottolineato ieri nel suo intervento in aula Simone Baldelli di Forza Italia, continua lo «spezzatino costituzionale, passo dopo passo, della maggioranza, che non ci dice quale sia l’obiettivo finale. Le modifiche un passo per volta possono anche portarci dentro un baratro». Non tanto per il singolo voto ai 18enni, ma «perché questa riforma è incongruente: con il taglio dei parlamentari si è ridotta la platea degli eletti e ora si allarga quella degli elettori. Questa scelta porterà a un cortocircuito di rappresentanza».
Anche in vista dell’altra riforma in programma, ovvero la proposta di Federico Fornaro sulla riduzione di un terzo dei delegati regionali. «Ci ritroviamo a ottobre con due modifiche costituzionali calendarizzate: questa del voto ai 18enni e quella sul numero dei delegati regionali per l’elezione del presidente della Repubblica. In aggiunta, spunterà con molte probabilità anche quella sull’elettorato passivo» continua Baldelli.
La domanda è: «Ma non potevano fare una riforma intera per la modifica dell’elettorato attivo e passivo e una per il taglio dei parlamentari e la riduzione dei delegati regionali? E poi, ci dobbiamo aspettare nei prossimi tre mesi una nuova proposta per i voti ai sedicenni? E cosa vogliono fare con la proposta Ceccanti sul Parlamento in seduta comune che vota la fiducia e la legge di bilancio? Questa è una politica del carciofo, con la quale stanno smontando la Costituzione una foglia per volta senza che nessuno abbia il coraggio di indicare l’obiettivo finale» continua Baldelli.
Una riforma ogni quindici giorni, è questo il timing del Parlamento italiano. Con tutti i rischi che un abuso simile può provocare: «Il mio timore è che l’epilogo di queste prassi sia nel progetto a metà tra il distopico e l’eversivo di Grillo e Casaleggio, ovvero quello di disarticolare la nostra democrazia rappresentativa. Riducendola per alcuni versi e congestionandola per altri» aggiunge il deputato di Forza Italia.
Ma quel è l’alternativa a questo modus operandi? «Servirebbe un’intera sessione parlamentare sulle riforme costituzionali in cui la maggioranza ci illustrasse le proprie idee. Non vedo una particolare urgenza nel cambiare la soglie dell’elettorato attivo, anche se ai giovani dai 18 ai 35 vanno i miei più sentiti ringraziamenti, in quanto è stata la fascia di età che più ha votato per il No al referendum. Vedo anzi l’esigenza di bloccare i micro interventi settoriali, o come loro le chiamano “chirurgici”, che sono un ritocco estetico gratuito che mina l’efficenza del nostro Parlamento» puntualizza il deputato.
Infine, c’è la questione del merito. Baldelli si scaglia contro la natura di un progetto fatto «senza la benché minima coerenza» e che non rientra «tra le vere esigenze del Paese». Ma anzi, si illude di poter far quadrare l’intero sistema: «Si passa da un bicameralismo perfetto a uno perfettissimo, ridiciamo il numero degli eletti e ampliamo la platea degli elettori, il che provoca un ingolfamento della macchina democratica. Pasticciare con la Costituzione non ha nessuna logica, se non quella di voler superare la nostra attuale democrazia rappresentativa».
Nello scacchiere della maggioranza è difficile capire chi sta con chi. A settembre, a margine della prima votazione al Senato del ddl sul voto ai 18enni, i Cinquestelle avevano motivato il loro appoggio favorevole con l’attacco della senatrice Alessandra Maiorino: «Le motivazioni del no sono legate a geometrie politiche». Poi più nulla. «Non ci hanno detto se sono d’accordo i Cinquestelle con la proposta del Partito democratico e viceversa. Per questo non ha senso comprare nulla a scatola chiusa da questi signori» conclude Baldelli.