Lavoro equoChe cosa prevede la proposta della Commissione europea sul salario minimo

Il piano di una direttiva ad hoc punta a ridurre le disuguaglianze sociali, comprese quelle di genere, con l’obiettivo di costruire una società più resiliente anche di fronte a crisi come quella del Covid. Non sarà però obbligatoria: ciascuno stato membro potrà decidere liberamente se adottarla o meno, Italia compresa

Afp

In Europa il 9,4% dei lavoratori vive sulla soglia della povertà, il 39% di coloro che guadagnano il minimo sindacale ha almeno qualche difficoltà ad arrivare a fine mese (per l’11% la difficoltà è «molta»), e il 60% di questi lavoratori è donna. È questo il quadro in cui mercoledì la Commissione europea ha presentato la sua proposta per un salario minimo in Europa.

«La proposta su salari minimi adeguati è un segnale importante del fatto che, anche in tempi di crisi, la dignità del lavoro è intoccabile. Sappiamo che per troppe persone il lavoro non è più remunerativo. I lavoratori dovrebbero avere accesso a salari minimi adeguati e a un tenore di vita dignitoso», ha detto in proposito la presidente Ursula von der Leyen. «Oggi proponiamo un quadro per i salari minimi che rispetta appieno le tradizioni nazionali e la libertà delle parti sociali. Migliorare le condizioni di vita e di lavoro tutelerà non solo i lavoratori ma anche i datori di lavoro che offrono retribuzioni dignitose, e creerà le basi per una ripresa equa, inclusiva e resiliente».

Quello sul salario minimo è uno dei cavalli di battaglia di von der Leyen, la quale aveva promesso l’introduzione di uno strumento giuridico per garantire un’entrata equa a tutti i lavoratori già all’inizio del suo mandato, tornando poi sul tema anche a settembre, durante il suo primo discorso sullo stato dell’Unione. Garantire a tutti i cittadini europei che i loro contratti di lavoro siano sufficienti a garantire loro un’esistenza dignitosa, infatti, si è resa una necessità ancora più importante in tempo di pandemia.

Questo perché la crisi «ha colpito in maniera particolare i settori caratterizzati da un’elevata percentuale di lavoratori a basso salario, come le pulizie, il commercio al dettaglio, la sanità e l’assistenza sanitaria, a lungo termine e residenziale. Garantire una vita dignitosa ai lavoratori e ridurre la povertà lavorativa è non solo importante in tempi di crisi ma anche essenziale per una ripresa economica sostenibile e inclusiva», scrivono dalla Commissione.

Nonostante in tutti gli stati membri esista il concetto di “salario minimo”, infatti, solo in 21 paesi esistono salari minimi legali, mentre in 6 stati – Danimarca, Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia – la protezione salariale è fornita soltanto dai contratti collettivi. Eppure, scrive la Commissione, nella maggior parte degli Stati membri i lavoratori non riescono a godere della tutela di un salario minimo.

Questo accade sia perché in alcuni paesi il salario minimo è troppo basso per garantire condizioni di vita dignitose, sia perché, specie nei paesi dove ci si affida unicamente ai contratti collettivi, come l’Italia, intere quote di lavoratori sono escluse dalla contrattazione. In particolare, scrive la Commissione, in quattro paesi non è coperto fra il 10% e il 20% dei lavoratori (fino al 55% in uno stato membro) e in quasi tutti i paesi i salari minimi sono più bassi del 60% del salario lordo mediano e del 50% del salario lordo medio.

La proposta della direttiva, dunque, punta a porre le basi perché queste storture siano superate e gli obiettivi della sostenibilità lavorativa siano perseguiti. Come? Sebbene nel suo documento la Commissione non stabilisca alcun livello comune per i salari minimi, né obblighi gli stati membri a introdurne uno per legge (nel rispetto del principio di sussidiarietà), l’obiettivo è piuttosto di porre le basi perché il salario minimo negli stati membri sia aumentato e sistematizzato, attraverso alcune azioni specifiche. Queste sono:

  • La promozione dell’uso della contrattazione collettiva per stabilire il livello dei salari
  • L’istituzione di criteri chiari e stabili per determinare e aggiornare i livelli di salario minimo
  • Un coinvolgimento rafforzato delle parti sociali nella determinazione del salario minimo
  • L’uso limitato delle variazioni e detrazioni nella determinazione del salario minimo
  • L’istituzione di un meccanismo di monitoraggio da parte della Commissione.

Secondo la Commissione, gli stati membri dovrebbero utilizzare quattro criteri per stabilire i salari minimi legali: il livello generale di salari lordi e la loro distribuzione; gli sviluppi sulla produttività del lavoro; il tasso di crescita dei salari lordi; il potere d’acquisto.

Secondo le stime sull’impatto della direttiva, una sistematizzazione del salario minimo porterebbe a una riduzione della povertà lavorativa e delle disuguaglianze di oltre il 10%, così come alla riduzione del divario di genere nei salari del 5%. L’impatto negativo sull’occupazione, invece, si limiterebbe a meno dello 0,5%, poiché l’aumento del costo della forza lavoro per le imprese sarebbe compensato dall’aumento dei consumi dei lavoratori.

Funzionerà? Difficile a dirsi, considerando che per gli stati non c’è alcun obbligo. Anche se la proposta sembra essere stata accolta con favore dalle istituzioni europee, a partire dal presidente dell’europarlamento David Sassoli: «Nessuno in Europa dovrebbe essere lasciato indietro. Il Parlamento europeo è pronto a mettersi al lavoro su queste proposte», ha twittato Sassoli. Dopo essere passata al vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire le disposizioni della direttiva e farne una legge nazionale.

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