Fino a cinquant’anni fa l’opinione pubblica era considerata irrilevante nel definire le priorità dell’Unione europea. Uno dei maggiori pensatori di allora, Ernst Haas, diceva sull’integrazione europea nel 1958: «É tanto impraticabile quanto inutile ricorrere ai sondaggi sull’opinione pubblica (…) É sufficiente individuare le élite politiche all’interno dei paesi per capire le reazioni all’integrazione e valutare i cambiamenti di atteggiamento da parte loro».
Tuttavia, l’Unione è cambiata e ora rappresenta un’unione economica e politica con una vasta gamma di competenze, all’interno della quale l’opinione pubblica ha un suo peso. I cittadini si sentono maggiormente partecipi delle decisioni e sono soprattutto più informati riguardo ciò che avviene a Bruxelles rispetto ai tempi in cui l’Europa era solamente un’organizzazione che favoriva la liberalizzazione degli scambi.
Due esempi di questo cambio di atteggiamento sono: la bocciatura del Trattato di Maastricht da parte dei cittadini danesi con un referendum nel 1992, e il respingimento della proposta per la creazione di una costituzione europea nel 2005 in Francia e nei Paesi Bassi, dove la maggior parte dei cittadini ha votato no. Con l’intensificarsi dell’integrazione europea sembra quindi che la componente popolare non possa essere trascurata, anzi deve essere analizzata. Le analisi sul consenso pubblico per l’Unione e le politiche europee risultano infatti essenziali per capire la stessa organizzazione e la direzione da prendere in futuro.
Periodicamente, le istituzioni europee commissionano a enti terzi gli Eurobarometri, cioè dei sondaggi di opinione che vengono effettuati in tutti gli stati membri dell’Unione e nei paesi candidati riguardo tematiche specifiche come, ad esempio, la guida automatizzata, o più generali come lo stato di diritto e ambiente.
A partire dal 1974, la Commissione europea, in particolare la Direzione Generale Comunicazione, pubblica regolarmente lo Standard Eurobarometer, un’indagine che permette di analizzare le tendenze dell’opinione pubblica e sul quale poi vengono elaborate le legislazioni e le proposte della stessa istituzione. Al sondaggio partecipano circa 1000 cittadini per paese, che variano ogni volta che vengono sottoposti a delle interviste faccia a faccia.
A questa categoria nel tempo si sono aggiunti anche gli eurobarometri speciali e quelli flash. Quanto ai primi, questi sondaggi analizzano un argomento specifico nel dettaglio, mentre i secondi riguardano le questioni sulle quali la Commissione vuole sondare il territorio. Per esempio, l’ultimo pubblicato sul portale dati dell’Unione riporta le opinioni su un’eventuale introduzione dell’euro nei Paesi che ancora non fanno parte dell’eurozona. Per di più anche il Parlamento europeo ha avviato la sua serie di sondaggi, chiamati “parlametri”, che mirano a comprendere cosa pensano i cittadini dell’istituzione e il loro atteggiamento prima delle elezioni europee. Di recente si è aggiunto anche il primo barometro regionale e locale annuale commissionato dal Comitato delle regioni (CoR).
Le indagini vengono utilizzate per paragonare l’evoluzione del pensiero dei cittadini nel tempo e nei diversi paesi. Per esempio, se nel barometro speciale sull’ambiente del 2014, il 60% degli intervistati considerava una decisione presa insieme tra stati membri e Unione necessaria per proteggere l’ambiente, solamente tre anni più tardi alla stessa affermazione quasi il 70% era favorevole.
Considerando poi i risultati dell’ultimo eurobarometro pubblicato, che riporta i dati raccolti nel luglio scorso, si nota come le opinioni variano molto anche tra gli stessi Paesi. Se per quasi la metà degli italiani, dei ciprioti e dei greci la situazione economica attuale rappresenta la preoccupazione maggiore, per i maltesi il problema più importante riguarda l’immigrazione, mentre il 43% dei danesi è preoccupato per l’ambiente e i cambiamenti climatici.
Ma c’è anche una buona notizia: dal sondaggio emerge che sono aumentati i cittadini europei ottimisti sul futuro dell’Unione. Più della metà degli intervistati crede in un futuro migliore per l’Europa, raggiungendo picchi dell’80% in Irlanda e Lituania. Allo stesso modo, la maggior parte della popolazione del continente si sente cittadino europeo, e in molti paesi membri il dato è in crescita rispetto alle indagini precedenti, eccetto in Italia. Il nostro paese, infatti, segna il punteggio più basso in assoluto, dopo Grecia e Bulgaria. Solamente per il 48% degli italiani è vivo il sentimento di effettiva cittadinanza europea. Insomma, dalle nostre parti c’è ancora molto su cui lavorare.