L’eleganza del nullaPerché nessuno ricorderà lo stile di Melania Trump

Le scelte della First Lady sono state l’opposto di quelle di chi l’ha preceduta. Se Michelle Obama sosteneva, anche con i suoi abiti, le cause del marito, lei si è limitata a considerazioni estetiche, assecondando le ispirazioni del momento. Un atteggiamento distaccato che le ha procurato tre scivoloni

AP Photo/Andrew Harnik

Almeno nel campo estetico il quasi ex presidente americano Donald Trump è stato coerente: stessa cravatta rossa e lunghissima, completo Brioni blu (con la camicia bianca rappresentava i colori della bandiera americana) e la celebre pettinatura giallissima e iperpacchiana. Verrà ricordato (anche) per questo.

Più difficile, invece, definire cosa rimarrà delle mise della moglie Melania. Una coppia strana: quanto lui era vistoso e mai elegante, tanto lei era distinta ma scialba lei. Bellissimi vestiti, certo. Abiti lussuosi che, sul suo fisico di ex modella, cadevano alla perfezione. Ma rimanevano fermi lì. Taciturni ed enigmatici.

Come interpretare, si chiede questo articolo del Financial Times, le scelte di stile fatte in quattro anni dalla quasi ex First Lady? Come al solito, ci sono due fronti. Il primo è quello dei sostenitori di Trump e per loro Melania interpreta il ruolo della moglie ideale della famiglia ricca e felice. Colori soffusi (il bianco di Dior) e tacchi Louboutin. La moglie trofeo.

Altri invece, e sono quelli anti-Trump, nel tempo l’hanno vista come una principessa prigioniera, che usa il linguaggio dei vestiti (l’unico consentito dal suo ruolo) per appoggiare le cause democratiche. A supporto di questa teoria balzana sono le piccole schermaglie (mani non date, occhi alzati in aria) che hanno puntellato le uscite pubbliche con il marito e qualche strana fotografia che sembrava contraddire le posizioni di Trump. Lui diceva «buy American» e lei si faceva fotografare, nel primo ritratto da First Lady, con indosso un completo nero Dolce & Gabbana. Come contrasto, sembra risolvibile.

La verità è che, nonostante le elucubrazioni, Melania Trump è molto diversa da Michelle Obama: quest’ultima usava davvero i vestiti per lanciare messaggi politici (in senso lato): mescolava lusso e popolare, promuoveva talenti e designer poco conosciuti (come Jason Wu e Christian Siriano), cercava di appoggiare le cause del marito. Il suo effetto era notevole anche in termini di vendite.

Melania no. Come spiega al FT Isabel Spearman, esperta di moda ex consulente di Samantha Cameron, «si veste come pensa che debba vestirsi una First Lady secondo lei». Conta l’apparenza e non la sostanza di un messaggio tanto sottile quanto impalpabile. Alcuni ci avevano sperato: il fatto che il suo abito per il giorno dell’inaugurazione del marito fosse creato dallo stilista Hervé Pierre, nato in Francia ma emigrato in America, aveva suggerito che potesse essere adoperato come un messaggio d’unione, un modo per parlare dell’impatto positivo dell’immigrazione (essendo lei stessa straniera) in contrasto con la retorica di Trump. Come è ovvio, la questione non è stata nemmeno considerata.

Ma c’è un aspetto che, forse, merita un certo approfondimento. Melania non usa i vestiti per controbilanciare i messaggi del marito (e la verità è che li condivide). Piuttosto li sceglie per litigare, in modo silenzioso, proprio con lui.

È in questo senso che viene interpretato il total white di Christian Dior con cui si presenta in pubblico insieme a Trump nel gennaio del 2018. Erano appena uscite le rivelazioni dell’ affaire (chiamiamolo così) che il presidente americano aveva avuto con la pornoattrice Stormy Daniels. Subito dopo Melania sceglie di indossare un colore che è il marchio di fabbrica di Hillary Clinton, il simbolo del movimento #MeToo, la divisa degli anti-Trump. Coincidenze?

E quando due anni prima era uscito l’audio, famigerato, in cui Trump raccontava cosa faceva alle donne (il «pussy-grabbing»), Melania qualche giorno dopo si mostra con una camicetta pussy-bow in ciclamino. Un caso?

C’è chi è convinto di no. Il problema è che in almeno tre situazioni Melania abbia fatto scivoloni notevoli. Il primo sono i tacchi Manolo Blanik indossati mentre visitava le popolazioni colpite dall’uragano Harvey: non le sono mai stati perdonati. Il secondo è il look colonialista, con tanto di elmetto, indossato durante un viaggio in Africa in solitaria. E il terzo è la maglietta di Zara da 39 dollari con la scritta “I Really Don’t Care, Do U?” che ha messo mentre visitava un centro di detenzione per bambini al confine tra Messico e Stati Uniti.

Tutte situazioni in cui l’outfit scelto appariva poco adatto (per usare un eufemismo) alla situazione. Anche qui: coincidenze? Il punto è che, a una valutazione complessiva, la strategia di Melania Trump in fatto di vestiti si riduce a due possibilità: o è sottile, ambigua, molto studiata ed enigmatica, ricca di messaggi nascosti indirizzati solo a chi sa, non politica ma consapevole, oppure è del tutto casuale, dettata da ragioni estetiche, ispirazioni momentanee e occasionali, del tutto avulse dalla realtà, sia quella della sua vita personale che dell’America. A conti fatti, chi le vuole bene propende per questa seconda.

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