Standard di vitaLa correlazione tra crescita economica e livello di felicità

Uno studio dell’Ocse dimostra che dove aumenta il prodotto interno lordo crescono società meno tristi. Un miglioramento inclusivo del benessere generale può guidare il progresso, creare posti di lavoro dignitosi per tutti

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È ormai convinzione diffusa che il Prodotto interno lordo non rappresenti più una misura di benessere della società. Non si tratta di una idea nuova. Che il Pil non sia un indicatore impeccabile lo sappiamo da tempo. Almeno da più di cinquanta anni. Ovvero da quando Bob Kennedy sosteneva che «il Pil misura tutto, eccetto ciò che renda la vita degna di essere vissuta».

Negli ultimi anni, quindi, diverse organizzazioni internazionali hanno proposto misure alternative per valutare il benessere di una società. In Italia, l’Istat promuove una serie di indicatori sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) che considerano la multidimensionalità del benessere. Si tratta di indici utili che forniscono di un ampio set di indicatori che descrivono la qualità della vita dei cittadini. 

Il problema però è che, negli ultimi anni, si è diffusa che l’idea che una decrescita economica renderebbe la società più felice. Sarebbe a dire che una riduzione del Pil aumenterebbe il nostro benessere. Ma è veramente così?

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha misurato i livelli di soddisfazione di vita nei suoi 37 paesi. In un sondaggio, condotto da Gallup, ha chiesto ai cittadini di diversi paesi quale fosse il livello di soddisfazione della propria vita su una scala da 0 a 10. I paesi scandinavi sono risultati i più felici: Finlandia (7,7), Danimarca (7,6), Norvegia (7,5) e Islanda (7,5). Mentre Ungheria (5,7), Portogallo (5,5), Turchia (5,4) e Grecia (5,2) sono stati classificati come i più infelici.

Nonostante la pubblicazione sia recente, i dati si riferiscono al biennio 2016-17. Sicuramente i risultati sarebbero stati diversi se misurati negli ultimi mesi. Ma l’analisi dell’Ocse è tuttavia interessante perché confronta i dati per il biennio 2016-17 con il biennio 2006-07. In altre parole, analizza i livelli di felicità misurati prima della crisi del 2008 con quelli di 10 anni dopo. La domanda allora sorge spontanea. Potrebbe essere che i paesi più colpiti dalla crisi siano più tristi? E potrebbe essere che i paesi che si sono sviluppati più economicamente siano più felici? Sembrerebbe di sì.

Tra il 2007 e il 2017, il Pil pro capite di un italiano o di un greco è crollato, rispettivamente, dell’8% e del 24%. Nel frattempo il livello di soddisfazione di vita per un italiano è passato da 6,7 ​​a 6,1: un calo di circa il 10%. Per i greci il livello di soddisfazione di vita è passato da 6,3 a 5,2: un calo del 17%.

Un caso speciale sembra essere la Spagna. Nel 2017 il paese si era ripreso dalla crisi poiché il Pil pro capite era pari a quello del 2007. Ma il livello di soddisfazione di vita era passato da 7,1 a 6,2: 12% in meno. Potrebbe essere che l’elevata disoccupazione del 2017 (17,2%) spieghi perché gli spagnoli non sono tornati alla stessa soddisfazione di vita.

I casi di Argentina e Venezuela confermerebbero la correlazione. I due paesi non fanno parte dell’Ocse ma un altro sondaggio Gallup mostra come i due paesi abbiano registrato un calo di felicità tra il 2017-19 e il 2008-12. In Argentina il livello di soddisfazione di vita è passato da 6,4 a 6. In Venezuela da 6,8 a 5. È possibile che il calo sia spiegato dalla stagnazione economica argentina e dalla catastrofe socioeconomica in Venezuela?

D’altra parte, c’è una lunga lista di paesi che, crescendo economicamente, hanno aumentato i loro livelli di felicità.

Nel 2007 il Pil pro capite di un cileno era di 18.800 dollari. Dieci anni dopo era cresciuto del 20% a 22.650 dollari. Si tratta di un aumento reale misurato a prezzi costanti. Nello stesso periodo l’indice di soddisfazione sulla vita è passato da 5,9 a 6,45: il 9% in più.

Negli stessi anni i paesi dell’Europa dell’Est hanno vissuto una forte crescita economica. In Lettonia il Pil pro capite è cresciuto del 13,4%, passando da 23.700 dollari a 26.900. Nello stesso periodo si è registrato un netto aumento del livello di soddisfazione di vita: da 4,7 (il più basso dell’Ocse) a 5,95.

In 10 anni il Pil pro capite polacco è aumentato del 38%, il lituano del 31%, lo slovacco del 25%, il ceco del 15%. Il livello di soddisfazione di vita è aumentato dell’8% in Polonia, del 3% in Lituania, del 16% in Slovacchia e del 5% nella Repubblica Ceca. Ancora una volta, questi sono dati che confermerebbero la correlazione. È solo difficile spiegare i dati della Lituania poiché la sua crescita economica non ha migliorato in modo significativo il livello di soddisfazione di vita dei suoi cittadini. Forse perché la Lituania è un paese che vive una crisi demografica senza precedenti. Tra il 2007 e il 2017, la popolazione del paese è diminuita dal 13%, passando da 3,2 milioni a 2,8 milioni.

I dati della Germania e dei paesi scandinavi sosterrebbero la correlazione. Sono i paesi che registrano i più alti livelli di ricchezza pro capite e sono, allo stesso tempo, i più felici. Il Pil pro capite di Germania, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia supera i $ 45.000 all’anno. Il livello di soddisfazione della vita dei suoi cittadini supera 7. Inoltre, vale la pena notare che, tra il 2007 e il 2017, il Pil tedesco è aumentato del 10% mentre il livello di soddisfazione del 7%.

La correlazione positiva tra Pil e soddisfazione personale nella vita è confermata da due semplici regressioni lineari. Un paese che cresce economicamente è un paese più felice. Un paese ricco è generalmente un paese più felice. Ma, soprattutto, un paese che soffre di una recessione economica è un paese più triste. Non si tratta di una conclusione ovvia. Almeno per tutti coloro che hanno alimentato il mito che una decrescita economica possa renderci felici.

L’unica eccezione alla correlazione sembra essere gli Stati Uniti. Tra il 2007 e il 2017 il suo Pil pro capite è cresciuto del 7% mentre la soddisfazione di vita è passata da 7,35 a 6,9. Si tratta ancora un alto livello di soddisfazione della vita. Potrebbe essere che la crisi del 2008 e le crescenti disuguaglianze economiche abbiano influenzato il livello di soddisfazione di vita. Ma un’analisi più completa dovrebbe prendere in considerazione i diversi stati degli USA. Potremmo ottenere risultati molto diversi analizzando la California con la Rust Belt: la macroregione che ha dato la vittoria a Trump nel 2016. 

In definitiva, i paesi che vivono una crescita economica sono anche società più felici e i dati dimostrano che la cosiddetta “decrescita felice” è un ossimoro. È utile quindi tenere a mente ricordare le parole delle Nazioni Unite. Una crescita economica inclusiva e sostenuta può guidare il progresso, creare posti di lavoro dignitosi per tutti e migliorare gli standard di vita.

Articolo pubblicato in precedenza su El economista (Argentina)

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