È senz’altro A tabula il più feroce detrattore delle scelte della Michelin Francia: con un editoriale che non lascia nulla all’immaginazione (nemmeno le parolacce) il giudizio sui giudicanti è tranchant. Scrive Rabaroust «La selezione della guida Michelin Francia 2021 doveva essere impeccabile. In questi tempi di crisi sanitaria ed economica, che colpisce duramente il settore della ristorazione, Bibendum ha scelto di pubblicare la sua selezione non come se nulla stesse accadendo in questo mondo ma esprimendo chiaramente la sua volontà di sostenere un settore che conosce intimamente da oltre un secolo. Era anche il suo argomento principale: dare stelle per far brillare gli occhi dei cuochi e suscitare il desiderio di un ristorante per i futuri clienti. Tutto lasciava quindi intendere che la Michelin sarebbe stata frenata dal lato retrocessione, rimuovendo le stelle solo in caso di chiusura, cambio di chef o modifica totale del concept. Questa soluzione ci è sembrata perfetta in quanto, secondo i nostri calcoli, avrebbe permesso di “ripulire” la selezione di circa 40 schede. Sarebbe stata una scelta puramente fattuale, quindi difficile da criticare da un mondo di critici, così pronti ad arrabbiarsi alla minima provocazione. Eppure, la Michelin ha scelto di togliere le stelle dai ristoranti che non hanno cambiato la loro offerta. E non solo uno qualsiasi. Basti pensare che l’incomprensione è al culmine e che il Bibendum dovrà spiegarsi per non farsi prendere a calci in culo».
Ed è il giudizio su Chateaubriand di Inaki Aizpitarte a far innervosire il critico: «Da diverse settimane Inaki è uno di quelli che fatica a non affondare, reinventando (temporaneamente!) Il suo Chateaubriand come pizzeria, riaprendo il suo Dauphin per soddisfare la domanda e, poche settimane fa, offrendo un menu meno costoso nel suo ristorante stellato per ampliare la propria clientela. Perché una tale punizione, perché quest’anno, perché, perché … Sarebbe inutile trovare una risposta univoca. Il capriccio di un giovane ispettore lunatico? Un desiderio perverso di giocare a yo-yo per destabilizzare? L’unica certezza è che anche questo è un manifesto errore di giudizio. Annunciando una selezione “normale” e, allo stesso tempo, una selezione “per sostenere la professione”, i signori di Michelin si sono sparati sui piedi. Sostenere la professione in tempi di crisi equivaleva a non sanzionare nessuno per un presunto declino della qualità della cucina. Una selezione “normale” ha coinvolto le squadre che, va ricordato, hanno avuto comunque diversi mesi per “visitare” i tavoli, per promuovere o penalizzare. Volendo giocare su tutti i terreni contemporaneamente, il Bibendum ha giocato con il fuoco e si è bruciato gravemente».
Ma c’è un uomo felice, oggi. È Alexandre Mazzia, il cuoco che ha capito che cosa voleva dalla vita davanti al menu tristellato di Gérald Passédat, un vero riferimento marsigliese che oggi Mazzia ha raggiunto: è sua anche la terza stella, e con quella l’empireo della cucina che più alta non si può.
Ex giocatore di basket, dall’altezza ragguardevole di un metro e novantacinque, questo determinatissimo professionista nato in Congo e passato per le cucine stellate di Francia e Spagna ha finalmente il suo posto di primo piano in un universo fatto di determinazione, caparbietà, creatività e tanto tanto lavoro.
Ma com’è la sua cucina? Sicuramente non piaciona, con un sapiente mix di profumi provenzali e complessità mediterranee. Legati a spezie, affumicature, sentori di griglia, i suoi piatti sono accompagnati da tanti piccoli sfizi di accompagnamento, e da lui la carne non è mai quello che sembra. Nessuna scelta à la carte, si può assaporare solo un menu degustazione da 25 passaggi, che nell’idea dello chef mira alla “simplexité” – mélange de simplicité et de complexité.
Una scelta non convenzionale, dunque, da parte di una guida che normalmente premia sapori meno estremi. Per provarlo, purtroppo, bisognerà aspettare ancora.
Tra le 54 insegne che guadagnano la loro prima stella c’è anche uno chef italiano: è Antonio Salvatore, dalla Basilicata al Rampoldi di Montecarlo. La sua educazione culinaria deriva non solo dai suoi studi, ma dall’intima conoscenza del processo naturale, acquisito nell’orto di famiglia. Che oggi ha conquistato anche la “Rossa”.
Nel comunicato finale, le parole del direttore Gwendal Poullennec sono rassicuranti: «L’edizione 2021 ribadisce che la cucina raffinata continua a brillare in tutta la Francia, illuminata da un’ampia gamma di talenti, sia volti noti che nuovi arrivati. Ci auguriamo vivamente che la nostra Guida sia uno strumento utile per le persone che ripongono in noi la loro fiducia e che serva da invito a scoprire o riscoprire il piacere della buona cucina contribuendo anche alla sua ripresa».