Lo streaming è entrato in modo esponenziale nelle nostre vite. Sopratutto in questo periodo di emergenza sanitaria, che ha costretto tutti a rimanere inchiodati a casa, permettendo di usufruire dei tanti contenuti video presenti nelle piattaforme su internet. L’industria del live streaming è cresciuta di quasi il 100%; gli spettatori di tutto il mondo hanno consumato 3,93 miliardi di ore di contenuti ad aprile 2020 rispetto alle 1,97 miliardi di ore dell’aprile 2019.
Il maggiore utilizzo di energia, dall’infrastruttura di rete e dai dispositivi degli utenti, ha determinato un aumento delle emissioni di carbonio dei data center. E di conseguenza l’impatto sull’ambiente. Secondo alcuni studi, le piattaforme digitali di streaming hanno occupato – e in molti casi lo fanno tutt’ora – oltre 5 ore e mezza della nostra giornata. A questo dato va affiancato quello della Ong di Parigi Shift Project” che avverte: guardare uno spettacolo di mezz’ora tramite un’app video on-demand emetta 1,6 chilogrammi di anidride carbonica nell’ambiente, l’equivalente di guidare per quasi 6 chilometri.
Sempre lo studio della Ong Shift Project ha attestato come le nostre attività on-line, sia su smartphone sia su Pc, inquinano complessivamente più dell’intera industria aeronautica. Dal 2013 infatti le emissioni di CO2 derivanti da simili attività sono aumentate di 450 milioni di tonnellate. E nel 2018 la visione di filmati e serie tv in streaming ha generato nel mondo l’equivalente delle emissioni annuali di un Paese come la Spagna. Detto questo, bisogna ricordare che l’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) ha invece sottostimato il danno provocato, spiegando che «lo streaming di un video Netflix consuma solo 0,077 kWh di elettricità all’ora, circa 80 volte in meno rispetto alla stima originale del progetto Shift».
Lo streaming, o internet più in generale, sono comunque responsabili di una grossa fetta delle nostre emissioni globali di gas serra e quindi del cambiamento del clima. Entro il 2025, secondo la società Oilprice, l’intera industria virtuale potrebbe essere responsabile del 20% del consumo globale di elettricità e fino al 5,5% di tutte le emissioni di carbonio. Previsioni che fanno ancor più paura se si pensa a tutto ciò che in futuro – grazie all’ascesa dell’Internet of things – la rete dovrà alimentare in termini di dati. Un mondo di oggetti e luoghi connessi che «potrebbero aumentare le emissioni globali del 3,5% entro il 2020 e fino al 14% entro il 2040», spiega Oilprice.
Non solo. The Next Web ha riferito che c’erano 4,4 miliardi di utenti Internet in tutto il mondo all’inizio dell’anno, un aumento del 9% su base annua. L’India ha registrato la maggiore crescita di utenti con 97,8 milioni, con Cina e Stati Uniti che hanno ottenuto il secondo e il terzo posto con 50,7 milioni e 25,4 milioni di utenti aggiuntivi.
Questo significa che il consumo di energia di Internet triplicherà nei prossimi cinque anni, secondo alcuni ricercatori americani. Saranno infatti un miliardo le persone in più, sopratutto dai paesi in via di sviluppo, che si collegheranno a Internet, mentre IoT, robot, auto senza conducente, intelligenza artificiale e videosorveglianza cresceranno in modo esponenziale nei paesi ricchi. Tutto questo, secondo le stime attuali, porterebbe i data center da soli a emettere 1,9 gigatonnellate (Gt) di emissioni di carbonio, ovvero il 3,2% del totale globale.
Netflix, Prime Video e Youtube hanno inoltre dato vita a un altro problema: il binge watching. Ossia il guardare programmi e serie per un periodo di tempo superiore al consueto. A tal proposito la ricerca di Save on energy, dal titolo “Netflix & COVID-19: The environmental impact of your favourite shows”, ha trasformato l’impatto ambientale delle produzioni Netflix all’equivalente di un viaggio in auto. Il risultato? Un film come “Birdbox”, che ha fatto registrare oltre 80 milioni di visualizzazioni, in termine di inquinamento è pari a un viaggio di quasi 237 milioni di chilometri e all’emissione di oltre 66 milioni di kg di Co2.
Anche la musica non è totalmente green. Spotify e Tidal consentono di evitare l’impatto ambientale determinato dalla presenza di un supporto fisico, ma la fruizione in streaming presuppone che i file elettronici ascoltati sono archiviati su server attivi e raffreddati e le informazioni vengono poi recuperate e trasmesse attraverso la rete a un router. Questo si verifica ogni volta che ascoltiamo una canzone.
Tutti i giganti della tecnologia si stanno tuttavia impegnando a sanificare i loro servizi. Amazon Web Services è leader di mercato nella fornitura di cloud computing ad altre società, e afferma di aver superato il 50% di utilizzo di energia rinnovabile nel 2018 – oltre che a promettere di utilizzare in futuro solo fonti di energia pulita, come il vento.