Si mangia!10 scene in cui al cinema ridere fa rima con mangiare

Dalle torte di Stanlio e Ollio ai gamberetti dei Blues Brothers, passando per gli spaghetti di Jerry Lewis, il viaggio del cibo nel mondo della comicità internazionale è lungo ed esilarante. Tante le volte in cui la tavola è al centro di scene comiche: scovarle è un gioco. Qui ne abbiamo selezionate 10, ma ce ne sono sicuramente molte altre

In principio erano le comiche. La torta in faccia, capace di far ridere tutti, senza bisogno di parole, definisce quel patto tra cibo e comicità che ha trovato spazio in tanti film di tante epoche diverse. Stanlio e Ollio coperti di panna ne «La battaglia del secolo», tra le torte che volano per tutta la via, sono il simbolo di questo modo di ridere schietto e pulito. Ed è proprio da Stanlio e Ollio che inizia questo piccolo viaggio tra le risate in tavola.

Il grande botto

Stanlio e Ollio hanno una fame da lupi. E per accontentarli il padrone di casa scoperchia una elegante cloche dicendo «cominciamo dal tacchino». Sotto la cloche non si trova un tacchino, ma piccole sferette. «Si tratta di una delle mie invenzioni – spiega l’ospite – tacchino essiccato e disidratato. Niente più tempo perso davanti ai fornelli, niente più cibo sprecato, niente pentole e padelle, basta con i pomeriggi passati a lavare i piatti». I commensali possono scegliere tra carne rossa e bianca, e se accompagnare il piatto con cavolini di Bruxelles, patate e salsa di mirtilli. Ovviamente tutto disidratato, alla faccia della cucina molecolare. Dopo la perplessità iniziale, i due sembrano convinti, al punto che Ollio asserisce: «il purè di patate è una favòla!».

Frankenstein Junior

Ovvero l’esilarante scena con l’eremita cieco, che accoglie la Creatura come un premio dal cielo. E che sentendo i mugolii con cui si esprime il mostro si convince che sia muto. «Un muto incredibilmente grande! Ma hai le mani gelate figlio mio, che ne diresti di una bella tazza di minestra?». Detto fatto, il cieco prende dal camino un paiolo pieno di zuppa, e con un mestolo tenta di servire la Creatura che gli porge una ciotola: avanti e indietro, avanti e indietro, ma la zuppa bollente finisce in grembo al mostro. Non uno, ma due mestoli. È il turno del vino: questa volta l’eremita riesce a centrare il boccale del mostro. Ma questo è di ceramica, mentre il suo di metallo: al momento del brindisi l’incidente è fatale. Il cieco usa troppa forza, e manda in frantumi il boccale della Creatura, che rimane con il solo manico, alzando gli occhi al cielo. Un buon sigaro? L’eremita accende il dito del povero mostro, che scappa. «Aspetta – lo chiama il cieco – ma dove vai? Volevo offrirti anche una sambuca».

The Blues Brothers

Jake ed Elwood devono rimettere insieme la banda. E devono convincere Il trombettista Alan Rubin, Mr. Fabolous, che lavora come maitre nell’elegantissimo ristorante Chez Paul, a tornare a suonare. Per raggiungere il loro scopo, i Blues Brothers si presentano a cena nel locale, per godersi «questa sofisticata ma ospitale tavola calda». Nonostante le proteste del terrorizzato maitre, i due si accomodano a tavola e ordinano una bottiglia del miglior Champagne, cinque cocktail di gamberi e pane bianco. O meglio, una dozzina di Dom Perignon del ’71. In missione per conto di Dio, Jake ed Elwood fanno di tutto per infastidire i raffinati clienti, bevendo rumorosamente, lanciandosi reciprocamente in bocca assaggi di cibo, salutando a bocca piena… il povero Fabolous cede davanti alla minaccia dei due di venire qui «a pranzo, cena e colazione tutti i giorni della settimana».

Il senso della vita

Tutto parte dai pesci che nuotano nell’acquario in un ristorante: uno di loro è appena stato servito a tavola. «Dà da pensare, no?» «Qual è il senso di tutto questo?». Le domande che i pesci superstiti si pongono l’un l’altro danno il via all’assurdo viaggio dei Monty Python tra le varie fasi della vita, in cui il cibo torna più volte: nel ristorante hawaiano dove due coniugi possono scegliere da un menu i temi di conversazione, alla scena che vede protagonista l’enorme e ingordo sig. Creosote. Fino all’arrivo del Tristo Mietitore, la morte, che fa visita a un gruppo di amici riuniti a tavola tra (inutili?) chiacchiere e cibo, forse non troppo buoni: a tradire tutti i membri della tavolata è stata la mousse di salmone. «Tesoro, non avrai mica usato salmone in scatola?», chiede il marito all’imbarazzata padrona di casa, che continua a giustificarsi anche dopo che l’anima ha lasciato il suo corpo: «il pescivendolo mi aveva assicurato che il salmone era freschissimo…».

Invito a cena con delitto

«Noi siamo qui da quasi quattro ore, e ancora non si vede un pasto caldo o un cadavere freddo». Tutto in questa indimenticabile commedia di Neil Simon, parodia dei gialli più classici, si svolge tra cucina e sala da pranzo. Intorno alla tavola imbandita siedono i migliori detective del mondo, ma è in cucina che viene trovato il cadavere del maggiordomo Jamesignora Bensignore, Alec Guinness. E intorno alla tavola i commensali alzano i calici per un brindisi al padrone di casa: il vino nel bicchiere di Sidney Wang, parodia di Charlie Chan, è avvelenato; mentre non lo è quello di Perrier, alter ego di Poirot, che accenna comunque un malore. Niente veleno, ma semplicemente vino di una cattiva annata.

Beetlejuice – Spiritello porcello

La scena simbolo di questo film di Tim Burton è un surreale calypso ballato intorno a una tavola imbandita. La padrona di casa, posseduta dai fantasmi, intona Day-O (Banana Boat Song) di Harry Belafonte, e avvia una danza a cui prendono parte, costretti dalle forze soprannaturali che infestano la casa, tutti i partecipanti. L’effetto diventa sempre più comico, fino a quando i cocktail di gamberi disposti sul tavolo prendono vita e si trasformano in mostruose mani che afferrano per la faccia gli attoniti commensali.

Mrs Doubtfire – Mammo per sempre

Ifigenia Doubtfire si trova spesso ad avere a che fare con il cibo. Quando tenta di cucinare per la prima volta in veste di tata, prende fuoco, ed è costretta a ricorrere a un costoso e sofisticato delivery, che le consentirà di portare in tavola una cena impeccabile. Ed è in un ristorante che si svolge una delle scene più memorabili del film: il compleanno della ex moglie di Daniel, quando un irrefrenabile Robin Williams si sdoppia tra due tavoli. Da una parte Ifigenia festeggia con i figli, la ex moglie e il suo fidanzato. Dall’altra Daniel ha un importante incontro con il suo capo della produzione. Mentre cerca di tenere in piedi le sue due vite, cambiandosi ogni volta nel bagno, Daniel ne approfitta per intrufolarsi nelle cucine e riempire di pepe di Cayenna il piatto del nuovo fidanzato della sua ex. Ovviamente i nodi vengono al pettine, e Daniel si presenta, ormai ubriaco, al tavolo del suo datore di lavoro nei panni di Ifigenia. E sarà Mrs Doubtfire (dopo aver commentato «ho ucciso il bastardo»), a salvare con una manovra di Heimlich il suo rivale, che stava soffocando per un boccone. Ma nella manovra la maschera si stacca, e…

Il dittatore dello stato libero di Bananas

Woody Allen alla testa dei ribelli ordina il pranzo al bar: mille sandwich al formaggio, trecento con il tonno, duecento con pancetta, lattuga e patate. «Pane bianco o nero?» chiede il barista come se fosse l’ordinazione più normale del mondo. «490 neri, e me ne faccia 110 integrali e 100 con pane bianco». Senza dimenticare che Fernandez voleva il rollè. Da bere, il contorno, le salse, tutto fila liscio fino al momento di pagare: quando centinaia di sacchetti da take away sono pronti e allineati, e il cavolo condito sfila nelle carriole, il barista chiede 2400 pesos. «Siamo ribelli» è la risposta. E ovviamente non si paga.

La febbre dell’oro

È la storia del cinema. «Avevano una fame da lupi, e per di più era la vigilia di Natale». E Chaplin cucina la sua scarpa. La fa bollire, e con il tocco di un esperto la infilza con la forchetta per verificare che sia cotta a puntino. La scola, la dispone nel piatto con cura, la bagna con un mestolino dell’acqua di cottura e la porta in tavola. Dopo aver affilato il coltello, la taglia, separando la suola dalla tomaia. Le stringhe si servono a parte. I chiodi? Buoni da succhiare, come gli ossetti di un pollo.

Irma va a Hollywood

Ovvero Jerry Lewis contro gli spaghetti. Lunghi, sottili e indomabili, si ribellano, strisciano fuori dal piatto, non vogliono farsi mangiare. Quando si alzano in piedi come dei serpentelli, Jerry tenta di incantarli suonando un immaginario flauto. Non è il solo incontro con la pasta italiana che il genio comico avrà: nel film «Pazzi, pupe e pillole», 14 anni dopo, Lewis finisce per arrotolarseli intorno al braccio, formando un manicotto di pasta al sugo.

 

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