L’entusiasmo con cui è stata accolta in Europa la nomina di Mario Draghi deriva dal successo del suo mandato a guida della Banca centrale europea in un momento drammatico per la tenuta dell’eurozona a causa della crisi del debito sovrano, ma non solo. Sia in ambito europeo che internazionale si parla spesso della serietà e dell’autorevolezza che contraddistinguono il presidente del Consiglio incaricato, caratteristiche ancora più apprezzate in un nuovo momento di crisi come quello attuale.
L’arrivo – ancora da confermare – di Draghi nel Consiglio europeo in quanto leader dell’Italia porta con sé diverse considerazioni. Prima di tutto ci si chiede se e come gli equilibri di potere tra i 27 potrebbero cambiare e che ruolo potrebbe avere il nostro Paese in Europa nel prossimo futuro, ipotizzando che Draghi resti in carica per più di pochi mesi.
«I rapporti geopolitici e di forza non cambiano grazie a una sola persona», spiega a Linkiesta Alessandro Aresu, consigliere scientifico della rivista Limes. «Tuttavia Draghi è certamente una figura eccezionale nel contesto europeo e internazionale, ha le capacità per interloquire con le diverse potenze economiche internazionali e soprattutto con gli Stati Uniti grazie alla sua storia personale e accademica. A suo favore gioca l’esperienza di statista e diplomatico, oltre al rapporto che ha costruito con la Germania negli anni di Francoforte (sede della Bce, ndr)».
«È importante ricordare che Draghi ha contribuito alla scrittura di alcuni rapporti sull’evoluzione dell’unione monetaria europea in quanto presidente della Bce, per cui è stato attore di un processo su cui si discute tuttora, seppur in uno scenario completamente nuovo a causa del Covid. Il 2021 sarà un anno fondamentale per l’evoluzione di questo scenario grazie al Next Generation EU e per le implicazioni che esso avrà sui rapporti e sulla capacità dell’Unione».
Altro aspetto da considerare quando si guarda alla figura di Draghi nell’Ue è la fine dell’era Merkel in Germania e le sue conseguenze sui rapporti interni dell’Unione. «Lo stesso Draghi si interfaccerà con l’attuale cancelliera avendo però bene in mente l’evoluzione della scena politica tedesca», specifica Aresu.
«Se Draghi diventerà presidente del Consiglio, è possibile che cercherà di avere un ruolo nel direzionare l’evoluzione dell’Unione europea. Il processo del Next Genaration EU è stato avviato, ma ci sono regole di medio-lungo termine da concordare e non è detto che resti un unicum. Potrebbero esserci altre occasioni di condivisione di percorsi di investimenti, per cui ci si attende da Draghi un approccio propositivo in relazione al futuro macro-economico dell’eurozona».
Italia ago della bilancia
Come sottolinea anche Nathalie Tocci – direttrice dell’Istituto Affari Internazionali – molto dipenderà da ciò che Draghi riuscirà a fare internamente e in particolare da come spenderà i soldi del NextGenerationEu. «C’è un elemento di rischio, ma siamo di fronte a una grande opportunità non solo per il rilancio dell’Italia ma anche per imprimere un cambiamento alla direzione di marcia dell’eurozona, improntata fin dall’inizio alla divergenza».
«Se con il NextGenerationEu si innescasse invece una dinamica convergente, allora il Next Generation avrebbe il potenziale per dar vita a un processo hamiltoniano che porti alla mutualizzazione del debito e all’unione fiscale». Tutto ciò, sottolinea Tocci, è però legato alla performance interna dell’Italia e da cui dipende anche la posizione che Draghi potrebbe assumere in Europa. «Il successo o meno della gestione dei fondi nel Paese avrà delle implicazioni anche sul futuro del progetto europeo, perché si creerebbero le condizioni per estendere la mutualizzazione del debito a quello già esistente. In questo processo la figura di Draghi è fondamentale».
Un secondo punto da considerare riguarda i rapporti che l’ex governatore può vantare nell’ambiente europeo e il potenziale che ciò ha tanto per l’Italia quanto per il progetto europeo. «Nel dibattito comunitario un tema centrale è quello dell’autonomia strategica, un imperativo per il momento storico che sta attraversando l’Unione, ma che comporta dei rischi. In una Europa post-Brexit rischiamo di assistere a una maggiore concentrazione di potere nelle mani di Francia e Germania, ma l’Italia potrebbe inserirsi nell’asse franco-tedesco e assumere un ruolo di ago della bilancia dialogando anche con gli altri Stati membri».
«In questo modo l’Italia diverrebbe più centrale, avrebbe maggiori relazioni e competenze da giocare su più tavoli negoziali senza cadere nel protagonismo che caratterizza spesso Parigi e Berlino», conclude Tocci. «Ritroverebbe quindi il suo tradizionale ruolo di collettore tra varie posizioni europee. Tutto ciò però è possibile solo a fronte di un successo interno».