«Ma le pare che potremmo fare un protocollo per sostenere gli uffici giudiziari del Mezzogiorno senza considerare l’esperienza di chi, in quei territori, ha trovato soluzioni efficienti e produttive?». La ministra per il Sud Mara Carfagna non immaginava – come spiega in un’intervista a Repubblica – che la Commissione di studio per la Giustizia nel Sud, istituita con un decreto insieme alla ministra della Giustizia Marta Cartabia con l’obiettivo di migliorare l’efficienza dei processi, potesse suscitare l’ira di alcuni magistrati meridionali. «Ci sentiamo trattati come sudditi e non come cittadini», ha detto il pm di Catanzaro Alessandro Riello, primo firmatario di un appello che ha infiammato le mailing list e aperto il dibattito fra le toghe.
La commissione è presieduta dal capo dell’Ispettorato di via Arenula, Maria Rosaria Covelli, ed è composta da avvocati, magistrati e docenti universitari di alto profilo, quasi tutti provenienti da Atenei o uffici giudiziari meridionali. «Si tratta, innanzitutto, di una sovrastruttura di cui non si avvertiva l’esigenza. Quello che è però più grave è che, nel decreto, si parla espressamente di una “esportazione” al Sud di buone prassi sviluppatesi in uffici giudiziari di altri territori», scrive il pm Riello, invitando a boicottare la nuova istituzione. «Noi magistrati in servizio negli uffici del Sud dell’Italia riteniamo l’istituzione di questa commissione e le finalità perseguite profondamente offensive della dignità, della professionalità, della dedizione al lavoro che quotidianamente svolgiamo negli uffici giudiziari». Il post ha subito scatenato il dibattito tra i magistrati, raccogliendo consensi da Bari a Napoli.
«Sono dispiaciuta per questa polemica, credo derivi da un equivoco che intendo subito chiarire», risponde Carfagna a Repubblica. «La Commissione nasce anche per dare ascolto ai magistrati del Sud e accendere i riflettori sulle difficoltà, richieste, proposte organizzative di chi opera nella trincea di territori difficilissimi, spesso correndo anche rischi personali. Troppo a lungo le loro istanze, talvolta vere e proprie grida di dolore, sono rimaste inascoltate. Tra l’altro, l’efficienza degli uffici giudiziari è una delle precondizioni indispensabili per la piena realizzazione del Pnrr che, non va dimenticato, assegna al Sud il 40 per cento delle risorse, una quota enorme».
La ministra spiega che «la dottoressa Maria Rosaria Covelli (che si è insediata ieri come nuovo capo dell’ispettorato generale del ministero della Giustizia, ndr) ha ben chiarito: si intendono valorizzare, cito testualmente dal suo comunicato, “le esperienze virtuose maturate in tutto il Paese, anche in numerose sedi del Meridione, mediante scambi orizzontali tra uffici giudiziari”».
Carfagna dice di aver sempre considerato «degli eroi» i magistrati del Sud. «Il loro lavoro è prezioso e deve essere sostenuto con forza soprattutto adesso, non solo per un motivo “etico” ma anche pratico: dobbiamo tutelare le opere del Recovery Plan da ogni tentativo di infiltrazione e manomissione. Il Paese è alla vigilia di uno sforzo titanico per scongiurare una crisi post-pandemica minacciosa per milioni di cittadini, non possiamo permetterci un fallimento, tantomeno sul terreno della legalità».
I dubbi, scommette Carfagna, «saranno presto dissipati dal lavoro della Commissione, che darà il più largo ascolto a tutti gli uffici e soggetti interessati. Personalmente sono a disposizione per ascoltare e incontrare chiunque voglia dare un contributo». La ministra spera ora nel dialogo e nel confronto. E poi, dice, «c’è un prima e un dopo la pandemia. Ora chiunque ricopre una posizione pubblica deve mettersi davanti allo specchio e pensare: dai miei comportamenti dipende la soluzione di una crisi potenzialmente catastrofica per milioni di italiani. Credo che i magistrati siano una delle categorie più consapevoli di questo dato». Il messaggio è chiaro.