Conflittuale. Non c’è altro modo per definire il rapporto presente tra Airbnb, la principale piattaforma di affitti per le vacanze, e le città europee.
Da Lisbona ad Amsterdam, passando per Parigi e Barcellona, tutte le principali metropoli del Continente hanno messo a punto (o stanno elaborando) un sistema che limiti gli affitti brevi, evitando il fenomeno della gentrificazione dei quartieri con conseguente espulsione dei cittadini.
Anche per questo a fine giugno alcuni membri del board di Airbnb si sono incontrati con i responsabili del Parlamento europeo e della Commissione per capire come far ripartire il settore dopo la pandemia e anche immaginare una possibile normativa unica in materia di affitti, richiesto anche dalle stesse città. Nel 2019 più di 554 milioni di notti in strutture ricettive europee sono state prenotate grazie a piattaforme come Airbnb, Booking, Expedia e Tripadvisor e ben 1,5 milioni di persone hanno dormito in un letto prenotato grazie a questi siti secondo l’Eurostat.
Le tensioni in Francia
La situazione più complicata è quella francese. Il Paese rappresenta per dimensioni il secondo mercato della piattaforma dopo gli Stati Uniti ma, già da un po’ di tempo, Airbnb ha iniziato a spostarsi verso le aree rurali, visti i limiti e i divieti presenti nelle città. In primis Parigi, dove Airbnb sarà costretta a pagare una multa di 8 milioni di euro al Comune per aver registrato male alcuni affitti brevi secondo una recente sentenza del tribunale cittadino. «Questa è la prima volta in Francia che un governo locale vince una causa contro un gigante della tecnologia. Le piattaforme sono finalmente ritenute responsabili. Una vittoria meravigliosa per i parigini», ha dichiarato in una nota il vicesindaco di Parigi Ian Brossat.
Da tempo registrare affitti nella capitale francese è un affare piuttosto complicato: ogni casa non può essere affittata per più di 120 giorni l’anno e, vista la presenza di più piattaforme, è necessario che il locatore abbia un numero di registrazione per potersi iscrivere e trovare un locatario.
Restrizioni molto simili sono state già adottate anche da altre città, come Nizza, Ajaccio, Montpellier, Marsiglia e la località turistica bretone di Saint-Malo. Questo spiega perché Airbnb si stia sempre più spostando verso i centri rurali, dove i sindaci sono ben contenti di ospitarli: secondo dati pubblicati dalla stessa piattaforma, in queste aree le prenotazioni hanno raggiunto il 45 per cento, contro il 24 del 2019. In aiuto delle città è intervenuto anche il governo che, a giugno, ha emesso un ordine esecutivo che rende più difficile per i proprietari convertire proprietà commerciali come uffici e magazzini in strutture ricettive.
Secondo Le Parisien, a partire dal 2015 ben 89mila metri quadrati di spazio commerciale a Parigi sono stati convertiti in sistemazioni alberghiere, come locali per affitti a breve termine oppure hotel tradizionali.
L’amministrazione socialista di Parigi però non vorrebbe fermarsi qui: tra i suoi desiderata ci sarebbe anche la volontà di vietare gli affitti in determinate zone della città e limitare ancora di più i giorni in cui i locatori possono affittare la loro residenza principale. Una cosa possibile con il disegno di legge, ora al vaglio del Parlamento, che darebbe agli enti locali un controllo ancora maggiore in materia di affitti. Peccato però che il Parlamento, dove i socialisti sono una minoranza, non sia dello stesso avviso e non voglia porre né nuovi divieti né nuove restrizioni al di sotto dei 120 giorni.
Paesi Bassi
Anche qui la storia non è semplice. A settembre la Twede Kamer, la Camera dei deputati olandese, ha approvato una legge che obbliga i locatori a registrarsi presso il comune per affittare il proprio appartamento. La legge, che è entrata in vigore il 1° aprile e prevede 6 mesi di tempo perché i ritardatari si adeguino, è studiata appositamente per Amsterdam, la città dove si registra il più alto numero di affitti brevi.
Fino a poco tempo fa il Comune non aveva idea di quante case fossero affittate in città, visto che per avere i dati bisognava chiederli alle piattaforme o dipendere dalla volontà dei proprietari di registrare le prenotazioni. Richiedere un numero di registrazione può sembrare una formalità burocratica, ma il registro fornisce finalmente una precisa panoramica di chi affitta la sua casa, bypassando l’anonimato.
«È sempre stato un gioco del gatto e del topo tra i proprietari e le forze dell’ordine, perché i proprietari spesso non rispettano le regole per gli affitti per le vacanze, causando ogni tipo di fastidio», ha dichiarato l’assessore alle politiche abitative del comune di Amsterdam Laurens Ivens. Una legge alla quale Airbnb sembra essersi adeguata, visto che ha scritto ai suoi host che chiunque vorrà restare anonimo lo potrà fare fino al 30 settembre. Dal giorno successivo chi non sarà registrato verrà cacciato dalla piattaforma.
Portogallo
La questione affitti brevi è sentita a Lisbona, soprattutto in relazione alla gentrificazione di alcuni quartieri del centro storico: da qui nascono i tentativi del governo cittadino di regolare il settore, per permettere a tutti i cittadini di avere una casa (una storia che avevamo in parte raccontato già lo scorso dicembre). L’intervento dell’amministrazione cittadina non è però riuscito, visto che nemmeno il pagamento di circa 1000 euro ha convinto i locatori a cedere le case al Comune. Risultato: la città di Lisbona è riuscita a raggranellare soltanto 284 case, contro le mille che sperava di ottenere.
La volontà però di trovare una soluzione permane. «Sappiamo che l’amministrazione Medina vuole porre delle limitazioni agli affitti: ciò che noi chiediamo è che ci siano politiche proporzionate ed eque rispetto a ciò che noi offriamo. Noi collaboriamo con il governo di Lisbona e per loro riscuotiamo la tassa di soggiorno. Non siamo sempre d’accordo con le scelte dell’amministrazione ma qualcosa dobbiamo dirlo: il problema della politica abitativa non si risolve con Airbnb. Piuttosto, noi siamo la soluzione al ritorno dei turisti», ha dichiarato Monica Casanas, direttrice Airbnb per la penisola iberica, in un’intervista all’Observador di giugno 2021.
Un intervento, presto o tardi, si renderà però necessario. Infatti, nonostante i benefici, i risultati dell’aumento di affitti di Airbnb si notano. «La conclusione è che, in media, un aumento dell’1 per cento della quota di case affittate in un comune si traduce in un aumento del 3,7 per cento dei prezzi delle case. Quando abbiamo esteso la nostra analisi alle principali città di Lisbona e Porto, abbiamo scoperto che un aumento dell’1 per cento della quota di Airbnb in un determinato quartiere cittadino porta a un aumento dei prezzi del 3,2 per cento», evidenzia il rapporto “L’impatto di Airbnb sui valori e locazioni di immobili residenziali: prove dal Portogallo”.
Spagna
Anche in Spagna sono stati varati dei limiti agli affitti brevi per risolvere la situazione. In particolare, a Barcellona, il governo cittadino ha varato una norma che stronca gli affitti brevi, visto che d’ora in avanti i locatori potranno concedere le loro abitazioni soltanto per periodi superiori ai 30 giorni. Da tempo la città ha varato misure per limitare l’alloggio turistico tramite piattaforme come Airbnb. Lo evidenzia la storia degli ultimi 10 anni: nel 2011, Barcellona ha richiesto che interi appartamenti offerti per soggiorni brevi avessero una licenza della città ma nel 2014 ha subito bloccato la concessione di nuove licenze. Nel 2018, il Comune ha introdotto un sistema di identificazione dell’host che le ha permesso di verificare se gli appartamenti offerti online fossero stati legalmente forniti, rendendo più facile identificare e perseguire i trasgressori. E nell’agosto 2020, la città ha imposto una norma temporanea per vietare l’affitto delle camere per meno di 30 giorni, norma adesso passata. Una limitazione che copre molti buchi normativi presenti ma che di certo non fa felice Airbnb che ha permesso a ben 11,3 milioni di persone di dormire nella capitale catalana nel solo 2019 (seconda città europea per numero di turisti passati sulla piattaforma dopo Parigi, con oltre 15 milioni).