Alessandro Bergamo è il sous chef di Carlo Cracco: e questo per un ragazzo della sua età potrebbe essere già un gran bel punto di arrivo. Ma Alessandro è un professionista tenace che ama la competizione, ha la testa sulle spalle e una determinazione fuori dal comune. E quindi ha deciso di partecipare a una competizione internazionale durissima, che richiede mesi di preparazione e tanta costanza, esattamente al pari di un atleta che si allena per la medaglia olimpica.
Per la prima volta ha raggiunto la finale senza ripescaggi o wild card, primo italiano a riuscirci, ed è arrivato a Lione, sede del concorso, con tutte le carte in regola per poter dire la sua. E il suo, possiamo dirlo con certezza, l’ha fatto, e anche molto bene. Perché l’Italia ieri sera ha conquistato il piazzamento migliore che la nostra nazione abbia mai ottenuto in questo concorso. Ad affiancare Alessandro Bergamo sono stati Francesco Tanese (commis) della Federazione Italiana Cuochi, lo chef Lorenzo Alessio come coach, Filippo Crisci (vice coach) e gli helpers, Noel Moglia, Graziano Patanè e Andrea Monastero.
«La soddisfazione c’è, la squadra ha lavorato benissimo e questo piazzamento lo dimostra. Ma ancora una volta abbiamo capito quanto manchi il sostegno della Nazione, e quando si debba lavorare meglio sul fronte economico». A parlare è Carlo Cracco, unico giurato italiano del concorso, e sponsor del suo braccio destro, che racconta a Gastronomika le sue impressioni a caldo, pochi istanti dopo l’esito.
La delusione è giustificata: se pensiamo ai finanziamenti delle squadre vincitrici – quest’anno sul podio c’è la Francia, seguita da Danimarca e Norvegia, parliamo di diverse centinaia di migliaia di euro, alcuni arrivano al milione. L’Italia ne ha raccolti, con le aziende che hanno sostenuto il lungo percorso verso la finale, qualche decina di migliaia. Abbiamo scalato l’Everest in ciabatte, per essere generosi. Cracco prosegue: «Siamo stati bravissimi, con le risorse che abbiamo a disposizione. E se Alessandro è arrivato decimo in queste condizioni è perché ha delle potenzialità ben maggiori, e con i finanziamenti adeguati potrebbe davvero portarci in alto. Un suo collega danese ci ha provato quattro volte prima di vincere. Magari ci riproverà anche lui, ma ora lasciamogli il tempo di riprendersi e gioiamo per questo piazzamento. Di sicuro questo è un segnale importante per la categoria: possiamo aspirare a vincere, la strada che stiamo percorrendo è quella giusta».
Insieme a Cracco e al Presidente dell’Accademia Bocuse D’or Italia Enrico Crippa, sugli spalti a fare il tifo c’era un altro grande chef italiano, che ha partecipato alle selezioni italiane del Bocuse d’Or nel 2010. È Max Mascia, due stelle Michelin a Imola, che abbiamo raggiunto a pochi minuti dalla proclamazione: «Ho vissuto due giorni intensi e bellissimi al Bocuse d’Or, carichi di adrenalina. Ho visto grande concentrazione da parte dei nostri. Sulle tribune il tifo e le bandiere tricolore c’erano e sul campo, domenica, la squadra italiana ha lavorato con precisione e tempismo alle due prove alle quali era chiamata. Posso solo dare un giudizio sull’aspetto visivo, non avendo assaggiato i piatti, ma devo dire che la parte take away ha subito spiccato per eleganza e precisione in tutte le sue parti. Anche il vassoio presentato con la massima puntualità è stato un’esaltazione di delicatezza e tecnica. Ho davvero respirato un’aria di competizione sana e l’adrenalina in tribuna era davvero tanta. Complimenti alla Francia vincitrice del concorso e come sempre ai paesi nordici che investono molto in questa competizione. Un bravo particolare ad un mio ex allievo, Artur Kazaritsky che con la sua Estonia ha concluso al 7º posto. Molto bello vedere ragazzi giovani e talentosi passati da Imola su questo palcoscenico».
Anche per Mascia, la strada è aperta e il futuro per l’Italia è roseo: «Adesso andiamo avanti con il massimo impegno, siamo tra i primi dieci e nelle prossime edizioni ci toglieremo molte soddisfazioni».