No Time To ChangeLa difficile eredità di James Bond nell’era della cancel culture

Da tempo alcuni invocano attori di origine africana o donne a interpretare l’agente di sua maestà. Ma sono forti anche le resistenze dei fan, che temono l’ennesima capitolazione all’ideologia woke

AP Photo/Matt Dunham

Non è arrivato il tempo per morire ma, almeno per Daniel Craig, è ormai quello di andarsene. Come ripete da quattro anni, con “No Time To Die”, ora nelle sale dopo il ritardo imposto dal Covid l’attore inglese abbandona i panni di James Bond. È il suo saluto ai fan. Il problema è che dietro di sé lascia un vuoto, nell’universo di 007, paragonabile soltanto a quello di Angela Merkel nella vita reale.

Chi prenderà il suo posto? Il passaggio del testimone è ogni volta un momento delicato, gli appassionati sono agitati (non mescolati). È normale: come spiega qui Ajay Chowdhury, portavoce del James Bond International Fan Club, «per cambiare una lampadina servono 10 fan di James Bond. Uno per svitarla e nove per dire che era meglio l’originale». Le lamentele insomma sono un classico, c’erano anche con Craig: all’annuncio del suo ingaggio, la Sony e la Eon vennero sommersi di lettere e e-mail di spettatori indignati. Troppo biondo, troppo muscoloso, troppo poco carismatico. Troppo brutto, perfino.

Ora il problema si complica: alla difficoltà della scelta del nuovo agente di sua maestà si aggiungono le nuove istanze “woke”, che mirano a spezzare la tradizionale immagine di un James Bond bianco e occidentale. Perché non affidare il ruolo a un personaggio di colore, si chiedono? O a un asiatico? Potrebbe essere anche una donna. L’unico requisito che appare inviolabile è l’essere inglese.

Si è parlato allora di Idris Elba (“The Wire”, “Luther”), ma anche di Regé Jean-Page, dopo l’exploit della serie Netflix “Bridgerton”. Il tema, in realtà, è molto controverso. Le indiscrezioni di uno 007 donna per “No Time To Die”, in cui la sigla viene assegnata all’attrice Lashana Lynch, non erano per niente piaciute ai fan, che avevano reagito in maniera scomposta. L’ipotesi di un James Bond donna, poi, è stata bocciata dallo stesso Craig (anche se, è ovvio, a decidere sarà Barbara Broccoli, la producer, insieme ad Amazon). È probabile allora che il perimetro resterà limitato ad attori uomini: in lizza c’è anche Tom Hardy (“Mad Max”, “Dunkirk” e “Peaky Blinders”) e James Norton (“Piccole donne”).

In ogni caso anche per l’agente segreto di sua maestà i tempi sono cambiati, così come le sensibilità. Il personaggio uscito dalla penna di Ian Fleming catalizzava gli ideali maschili di un’epoca (forza, fascino, coraggio, fortuna, senso dell’avventura, successo) ma ha già subito diverse riscritture. Con Daniel Craig, soprattutto, è stato costruito un lato emotivo, vulnerabile. Il nuovo James Bond ora piange (addirittura) e consola le donne. Il gentiluomo che poteva permettersi di dare manate sul sedere a una signora e allontanarla dalla stanza, insomma, non esiste più («Di fatto, il personaggio interpretato da Sean Connery», ha spiegato Cary Fukunaga, regista di “No Time To Die”, «era uno stupratore»). I parametri sono diversi e pian piano la spia di una volta cambia pelle.

Certo, esiste un quadro base che non può essere tradito: Bond deve essere giovane, deve avere fascino ed essere aitante. Tutto il resto, comprese leggere crisi identitarie e ritorni nei luoghi di infanzia (come avviene in “Skyfall”), può essere aggiunto e modificato.

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