Rimetti a noi i nostri debitiLe sorprendenti pillole di economia e finanza nella Bibbia

In “Tra cielo e terra” il professor Carlo Bellavite Pellegrini spiega i disseminati riferimenti economici nel Primo e Nuovo Testamento: valore e prezzo, lavoro e retribuzione, crediti. Non hanno solo una funzione allegorica, ma anche narrativa o esplicativa

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Nelle relazioni di debito, di credito e di dono emergono le specificità dei singoli popoli e dei singoli caratteri. Queste derivano da storie ed esperienze molto diverse. Ad esempio, mentre in tutta l’Europa continentale, data la storica penuria di capitale finanziario, sono sempre state tutelate, in primo luogo, le ragioni del creditore, nel mondo anglosassone a essere privilegiate sono state quelle del debitore, dei grandi debitori.

Insomma, parafrasando Bertolt Brecht, a essere privilegiate sono le ragioni dei «Giulio Cesare», a livello corporate dell’epoca contemporanea, ovvero le grandi imprese e le banche. Si tratta di una modalità corporate di remissione dei debiti. Pur non avendo nulla a che vedere con la prospettiva evangelica, nel mondo anglosassone le ragioni di questo favore giuridico per il grande debitore risiedono nella necessità di stimolare la ripresa dell’attività economica, la tutela del going concern, regolando in modo sintetico, e non analitico, i conti con il passato.

Questa Weltanschauung e uso in modo quasi provocatorio un’espressione tedesca, ormai di uso comune – non è dissimile da quella analizzata da Keynes nella stesura del suo celebre libello dal titolo Le conseguenze economiche della pace, volto a esplorare i pesanti limiti presenti nell’accordo di pace di Versailles il 28 giugno 1919.  Fu infatti lo stesso accordo di pace a seminare nubi nefaste sul futuro dell’Europa.

L’accordo prevedeva impegnative e ingenti riparazioni belliche richieste alla Germania. E queste furono alla base della fragilità della Repubblica di Weimar e dei catastrofici eventi che portarono al nazismo e al secondo conflitto mondiale. Esiste quindi, anche a livello macroeconomico e corporate, una prospettiva di remissione dei debiti. E nello stesso tempo emerge, in modo nitido, che crediti, debiti e doni rappresentano rapporti fra le persone ancora prima che relazioni di carattere economico.

Da questa serie di interconnessioni di relazioni, la Scrittura suscita prospettive nuove. In Neemia, al Capitolo 5, ci si interroga nuovamente sui rapporti di debito e credito, fra chi ritornava nella terra di Israele, dopo l’esilio a Babilonia, e chi era rimasto, in modo non diverso da quanto affrontato in Veikrà 25, 14-16. Siracide 29, 1-2 scrive: Chi pratica la misericordia, concede prestiti al prossimo, chi lo sostiene con la sua mano osserva i comandamenti. Da’ in prestito al prossimo quando ha bisogno, e a tua volta restituisci al prossimo nel momento fissato.

Da questi due versetti emerge l’idea che il concedere prestiti al prossimo rappresenti un’opera di misericordia, necessaria quando il prossimo ha bisogno. Vogliamo intendere, anche in questo caso, il prossimo come proximus, ovvero come il vicino. Tuttavia chi riceve il prestito deve restituirlo non solo nella interezza di quanto ha ricevuto, ma anche a un determinato momento.

Quest’ultimo rappresenta un concetto importante anche nella moderna teoria del banking. Si tratta del cosiddetto liquidity mismatch. Se infatti gli intermediari creditizi tradizionali sono impegnati nel fare fronte a un rilevante problema di maturity mismatch, ovvero di diversa durata temporale delle scadenze di attivo e passivo patrimoniale di un intermediario, per tutti i money market fund e per molti altri soggetti dello shadow banking il problema più rilevante sembra essere quello del liquidity mismatch.

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La fiducia è il caposaldo di ogni relazione di business e personale. Nel sistema finanziario, l’aspetto più rilevante non è il denaro, ma la fiducia. Il venire meno della fiducia e quindi della capacità, ma ancora di più della volontà di onorare i debiti e i crediti, sia a livello personale, sia di carattere aziendale, scardina non solo il sistema economico e finanziario, ma anche quello delle relazioni istituzionali, sociali e personali.

Pertanto nella prospettiva di interpretare i debiti e i crediti come relazione, assume significato la remissione dei debiti, come condizione per una nuova partenza. È anche in questo senso che assume significato il versetto di Isaia 38, 17: Ecco la mia amarezza si è trasformata in pace! Tu hai preservato la mia vita dalla fossa della distruzione, perché ti sei gettato alle spalle tutti i miei peccati.

In modo analogo anche il Salmo 65 al versetto 3 recita: Mi opprime il peso delle mie colpe, ma tu perdonerai i miei peccati.

È appunto la remissione dei debiti, dei peccati, ovvero dei fallimenti e degli insuccessi, nonché una presa d’atto di essere mortali e non immortali, che rende possibile una nuova partenza e apre una prospettiva anche all’esistenza di un futuro. Spesso anche gli economisti parlano di sentiment del mercato, ovvero di impressioni del mercato stesso sul futuro.

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Il credito economico, nella sua natura di attivo circolante, viene visto come ottima metafora di un investimento nei confronti di qualcuno. Nello specifico si tratta di un investimento nei confronti del prossimo e, più in generale, nei confronti di Elohim.

A questo proposito ricordiamo quanto scrive Paolo in Romani 4, 20-22, riferendosi ad Abramo: «Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia».

L’investimento che compie Abramo, quello di dare credito a Elohim, gli viene accreditato come giustizia. Il dono rappresenta una forma intermedia che non è né debito, né credito. Tuttavia la qualità del dono, dimensione relazionale per eccellenza, dipende dalla qualità delle stesse relazioni che vengono poste in essere.

A questo proposito Isaia 33, 15-16 è molto esplicito: Colui che cammina nella giustizia e parla con lealtà, che rifiuta un guadagno frutto di oppressione, scuote le mani per non prendere doni di corruzione, si tura le orecchie per non ascoltare proposte sanguinarie e chiude gli occhi per non essere attratto dal male: costui abiterà in alto […].

Insomma anche il dono, nella sua dimensione relazionale, può essere virtuoso o vizioso, portare verso il cielo o verso gli inferi.

Egea

Da “Tra cielo e terra – Economia e finanza nella Bibbia” di Carlo Bellavite Pellegrini, Egea, 224 pagine, 17,10 euro

 

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