Incrociare domanda e offerta di lavoro, anticipando i trend del mercato. Con un focus specifico sulle competenze software e i profili sempre più richiesti dalle aziende del settore, soprattutto a fronte della accelerazione digitale impressa dalla pandemia da Covid-19. È questo l’obiettivo della European Software Skills Alliance (Essa), progetto transnazionale di quattro anni finanziato nell’ambito del programma Erasmus Plus dell’Unione Europea, di cui The Adecco Group, con i suoi brand Modis e Mylia, è partner.
«Il progetto garantisce che le esigenze di competenze del settore del software in rapida evoluzione possano essere soddisfatte, oggi e domani», spiega Sara Toticchi, Eu Funding Manager del Gruppo Adecco. «L’obiettivo è sviluppare una strategia europea, con programmi di istruzione e formazione professionale standardizzati per tutto il continente, affrontando le discrepanze e le carenze di competenze negli Stati membri per trovare soluzioni su misura rispetto alle esigenze del settore software».
Il consorzio Essa, composto da partner del settore accademico e non, si muoverà con una serie di azioni coordinate. Nella prima fase del progetto, è stata realizzata una ricerca sullo stato dell’arte delle competenze software in Italia e in Europa. E i risultati rivelano informazioni importanti.
In primis, emergono le caratteristiche che da qui ai prossimi anni dovranno avere – in termini di competenze hard e soft – i profili del developer, digital media specialist, test specialist, solution designer, devops expert, che sono tra i più richiesti dal mercato.
Una delle principali criticità è rappresentata dal fatto che, come evidenziato dallo studio, «le grandi organizzazioni richiedono che i candidati siano già dotati delle competenze in linea con le mansioni che andranno a svolgere», spiega Toticchi. «Per mancanza di tempo e visti i ritmi di lavoro serrati, hanno necessità di inserire persone che siano già pronte alle attività lavorative».
Ma la carenza di candidati con le giuste competenze è oggi uno dei motivi principali per cui le organizzazioni hanno difficoltà o non sono in grado di trovare persone adatte per i posti vacanti. Non è un caso che, sempre più frequentemente, le grandi aziende creino academy interne per riqualificare il proprio personale, ma anche per formare le nuove risorse che non dispongono delle giuste skill per iniziare.
«Non parliamo solo di competenze tecniche, hard», specifica Toticchi, «ma anche di competenze trasversali, soft, fondamentali per chi lavora in ambito software». Di queste, «le più richieste dalle aziende sono pensiero critico, capacità di analisi, problem solving e capacità di autogestirsi».
La sfida per il campo dell’istruzione è quindi quella di «educare e formare le persone in modo che possiedano le competenze per entrare nel mondo del lavoro», spiega Toticchi. Ma le modalità di formazione non possono essere più quelle classiche: «Le persone con ruoli in ambito software dispongono di un tempo limitato da dedicare alla formazione, perciò è necessario creare programmi brevi e modulari, che consentano un aggiornamento costante e puntuale. Di grande interesse, da questo punto di vista, è l’utilizzo delle microcertificazioni e microcredenziali legate a specifiche competenze, ossia qualifiche che attestano i risultati acquisiti a seguito di un breve corso o modulo valutato in maniera trasparente e seguito in presenza, a distanza, o in formato misto. Possono essere particolarmente utili per le persone che desiderano ampliare le proprie conoscenze, senza completare un programma di studi superiori o che necessitano di riqualificarsi per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro».
Ad avvalorare i dati e le evidenze emerse dalla ricerca di Essa, entra in gioco anche l’esperienza di Modis, società del Gruppo Adecco che offre competenze trasversali tra It e ingegneria per accelerare l’innovazione e la digital transformation e abilitare la Smart Industry, anche attraverso le Modis Academy. «La ricerca effettuata ha evidenziato come in tutti i Paesi europei il livello di scolarizzazione richiesta per i professionisti dell’Ict sia aumentata negli ultimi dieci anni», dice Eva Cibin, Solutions and Resources Development Manager di Modis. «Nel 2011, il 55% delle open vacancy richiedeva come requisito obbligatorio la laurea, oggi siamo ad una media del 65%. Tuttavia – e questo è un dato che deve far riflettere – mentre nella gran parte dell’Europa la laurea sembra essere un fattore chiave per circa l’80% degli addetti del settore (Lituania, Irlanda, Spagna, Cipro e Francia), in Italia solo il 40% dei profili impiegati in questo ambito è in possesso del titolo di studio più qualificante, in Germania il 50%. Oggi però la situazione sta cambiando anche da noi».
«Pensiamo al ruolo del developer», specifica Cibin. «Senza dubbio resta il profilo più richiesto oggi sul mercato, ma questa figura si è talmente evoluta che le aziende cercano professionisti con skill in parte diverse rispetto al passato. Ormai emergono ruoli ibridi, contaminati da altre funzioni e con competenze trasversali, e la figura del DevOps ne è un esempio lampante. Il concetto dello sviluppatore di codice un po’ schivo e chiuso nel suo mondo sta lasciando spazio a professionisti dotati di maggiore flessibilità, spirito critico e propositivo. Questo trend si associa anche alla presenza femminile che, seppur ancora limitata, è aumentata in modo considerevole negli ultimi anni».
Il gap formativo nel settore Ict «è una realtà che in Modis tocchiamo con mano da tempo», aggiunge Cibin, «e poter contribuire con ricerche, idee e competenze per trovare una soluzione comune in ambito europeo è un’opportunità importante che ci porta ad agire da protagonisti nel ridefinire le strategie formative delle nuove generazioni».
Il prossimo passo previsto dal progetto Essa ora sarà la definizione di una strategia europea di formazione, con la messa a punto di curriculum e percorsi professionali ad hoc per i cinque profili individuati, che abbiano valore a livello europeo.
E su questa strategia, partirà dal 2022 la sperimentazione di un anno di formazione in sette Stati membri, tra cui l’Italia, con corsi indirizzati a target differenti, dai neolaureati al reskilling delle persone che lavorano già in azienda. I metodi usati saranno differenti, dal learning on the job alla formazione classica, in presenza o a distanza. E le pratiche dovranno essere quanto più omogenee e standardizzate, in modo da favorire anche la mobilità dei lavoratori tra i diversi Stati.
«Il Gruppo Adecco è tra i coordinatori di questa attività di sperimentazione insieme all’Università di Utrecht», spiega Toticchi. «Per colmare il divario tra la formazione teorica e la pratica è utile che le imprese e le realtà che erogano percorsi di istruzione lavorino in sinergia. Le aziende, da un lato, potrebbero sostenere l’apprendimento mettendo a disposizione esempi di vita reale e ambienti in cui esercitarsi. I fornitori di istruzione, dall’altro, potrebbero sostenere le imprese proponendo iter di formazione più mirati, ad esempio partecipando alle accademie aziendali».