Qualche settimana fa vi abbiamo spiegato le differenze tra i tanti modi che abbiamo in Europa di determinare se un cibo è salutare o meno. La notizia di questi giorni che arriva dalla Spagna cambia di nuovo le carte in tavola.
Il governo spagnolo non si baserà sul nutriscore, quella sorta di semaforo che penalizza i cibi ricchi di grassi, compreso però l’olio d’oliva, ma fonderà le sue scelte sui profili nutrizionali dell’Organizzazione mondiale della sanità, che sono molto restrittivi. Per fare cosa? Per vietare le pubblicità di cibi e bevande non salutari diretti a bambini e adolescenti su televisione, radio, social network, siti web, applicazioni, film e giornali. Il ministro Garzón si impegna a redigere un decreto per ridurre i tassi “allarmanti” dell’obesità infantile. «Si tratta di un grave problema di salute pubblica», ha detto alla stampa. E leggendo i dati raccolti con lo studio Aladino 2019 dell’Agenzia spagnola per la nutrizione e la sicurezza alimentare, su ragazzi e ragazze di età compresa tra i sei e i nove anni, il Ministro fa bene a preoccuparsi: il 40,6% di questi minori è in sovrappeso e il 17,3% soffre di obesità. Inoltre, i genitori di minori in sovrappeso non percepiscono il problema e spesso considerano il peso dei figli normale o solo leggermente sovrappeso.
La norma, prevista per il prossimo anno, interesserà cinque categorie di prodotti che non potranno essere pubblicizzati ai minori indipendentemente dal contenuto nutritivo: dai prodotti di pasticceria con cioccolato e zucchero, alle torte e biscotti, fino ai succhi, bevande energetiche e gelati. Le restanti categorie merceologiche potranno essere pubblicizzate a condizione che i livelli di grassi totali e saturi, zuccheri e sale totali e aggiunti siano mantenuti al di sotto dei limiti stabiliti per ciascun prodotto. Il ministero sottolinea che altri paesi come Regno Unito, Portogallo e Norvegia hanno la stessa normativa perché «I minori sono consumatori vulnerabili e abbiamo l’obbligo di proteggerli dalla pubblicità».
Ovviamente il divieto vale anche per la pubblicità indotta dal digitale: l’intenzione è di regolamentare la presenza di questi cibi anche su YouTube e sui social network, le principali fonti di informazione per i giovani.
Facciamo la nostra modesta proposta. Speriamo che – non solo in Spagna – accanto alla fase “cancellazione” del problema dal mondo della comunicazione se ne affianchi una di formazione sull’argomento più importante, ovvero la consapevolezza alimentare. Assente ingiustificata in tutti i programmi scolastici e invece base imprescindibile per una corretta nutrizione e per una prevenzione utile a limitare la maggior parte delle malattie. Se almeno una parte dei 400 milioni destinati nel nostro Paese alle mense scolastiche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza saranno investiti non solo in cibo e strutture ma anche in cultura del cibo e della nutrizione forse non avremo più così gravi problemi di obesità.
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