DispensaLa verità, vi prego, sulle dosi

Con “Il pedante in cucina (ovvero l’arte del ricettario perfetto)” Julian Barnes se la prende con le ricette imperfette: quanto è grande un pugno di farina? A quale unità di misura corrisponde esattamente un bicchiere d’acqua? Una lettura ironica e succulenta per affrontare il “quanto basta” con perfetto aplomb

Invitiamo degli amici a cena, decidiamo di cucinare per loro qualcosa di buono e allora andiamo a prendere quel bellissimo ricettario di cucina, pieno di splendide illustrazioni e ricette di ogni tipo, che sta di là in salotto. Ne scegliamo una alla nostra portata, non siamo dei grandissimi chef, vogliamo solo non avvelenare i nostri ospiti e magari farli tornare a casa sazi e grati della bella serata. Ci procuriamo gli ingredienti giusti ma, all’improvviso, dando un’occhiata al procedimento, veniamo colti da numerosi dubbi. Quanto è grande una cipolla media? E quando dobbiamo aggiungere un bicchiere di qualcosa, a quale bicchiere ci si riferisce, visto che esistono bicchieri di tutte le dimensioni?

Sono domande di questo tipo quelle che assillano Julian Barnes ne Il pedante in cucina, una raccolta di pezzi apparsi sul Guardian Review ed edita da Einaudi. Barnes ci racconta quanto possa essere complicato, per uno che è molto attento alle parole, interpretare tutte quelle indicazioni generiche, quelle misure “a occhio”, quei pugni di farina che spesso ritroviamo nei ricettari e che segnano la distanza tra una ricetta ben eseguita e un disastro culinario. La spaventosa libertà dell’interpretazione getta l’autore nello sconforto, cuoco tardivo per sua stessa ammissione. Perché un libro di cucina dovrebbe essere meno preciso di un manuale di chirurgia? Non trovereste paradossale leggere: iniettate un goccio di anestetico o tagliate un tocco di paziente? Per Barnes le parole sono sempre parole, quelle di una ricetta dovrebbero essere importanti tanto quanto quelle di un romanzo. Se quest’idea possa dipendere dall’essere uno dei più grandi scrittori del postmodernismo inglese o dalla sua ossessione per la buona cucina, non ci è dato saperlo. Quello che sappiamo con certezza è che quando l’autore si mette ai fornelli quello che desidera è appagare il palato di Colei per la Quale il Pedante Cucina, vuole esserne certo, vuole seguire una ricetta e arrivare al massimo del risultato.

Certo, a volte c’è dell’invidia nei confronti di chi cucina in maniera creativa, dando magari solo un’occhiata alle ricette per trarne ispirazione. In questi casi è come se si rendesse palese quella netta separazione tra Noi e Loro, scrive Barnes. Se i ricchi sono diversi per via del loro conto in banca, i cuochi che agiscono in maniera autonoma non hanno più bisogno dei consigli che il pedante in cucina ricerca con tanta ansia. Ma forse pedanteria e non pedanteria sono comunque delle armi a doppio taglio. Un pedante può risultare un ostinato esecutore di ordini, che non si fa domande ma non ha alcuna cognizione di cosa sia un buon piatto, oppure un devoto della cucina che ama la precisione. Un non pedante, al contrario, può essere un approssimativo del tutto autocelebrativo o uno che padroneggia così bene la tecnica da potersi lanciare in ragionevoli azzardi. E, come sempre, la virtù sta nel mezzo. Un grande chef sarà sicuramente creativo e geniale ma, allo stesso tempo, eseguirà il piatto con la massima precisione.

E se, dopo tutto quello detto finora, avrete ancora voglia di acquistare un libro di cucina, ecco arrivare Barnes con un decalogo di preziosi consigli che vi eviteranno di accumulare in casa testi che poi, all’atto pratico, non risulteranno all’altezza delle aspettative.
1. Non bisogna mai e poi mai acquistare un libro per le immagini, sarà comunque impossibile replicarne la perfezione e vi lascerà con un perenne senso di frustrazione.
2. Non comprate libri con impaginazioni astruse, rischierete di confondere i vari passaggi.
3. Evitate i libri dai contenuti troppo ampi, tipo La grande cucina mondiale, anche in questo caso ne uscirete confusi.
4. Non acquistate il libro di un grande chef dopo essere usciti dal suo ristorante, sarete sempre delusi dalla pallida imitazione che riuscireste a ottenere dei suoi piatti.
5. Non comprate un libro sulle centrifughe se non avete una centrifuga.
6. Resistete al fascino delle cucine regionali. I piatti migliori di una regione spesso sono cucinati proprio in quella regione, e non a casa vostra.
7. Evitate libri sulle ricette antiche, non le rifarete.
8. Non sostituite le vecchie edizioni con quelle nuove, tornerete sempre alla precedente a cui siete più abituati.
9. Non comprate un libro di ricette raccolte per beneficenza, donate direttamente la somma ai beneficiari, avrete un libro in meno di cui disfarvi.
10. Ricordate che gli scrittori di libri di cucina sono come tutti gli altri scrittori: spesso hanno scritto un solo libro davvero imperdibile.

Per concludere, un’ultima, essenziale, considerazione: cucinare (anche per il pedante) dovrebbe sempre significare arrangiarsi con ciò che si ha: attrezzature, ingredienti, livello di competenza. E cercare di rilassarsi un po’. Anche perché immaginate come sarebbe avere davvero solo ottime ricette, scritte alla perfezione. Che scusa potremmo mai accampare per il pastrocchio che stiamo portando in tavola?

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter