Niente renne, pochissimi boschi imbiancati, nessuna veglia notturna davanti al caminetto. Ma questo non impedisce alle favole di Louisa May Alcott di mantenere, a modo loro, lo spirito magico della stagione natalizia.
Raccolte dalla scrittrice americana tra il 1885 e il 1887 e dedicate alla nipote Lulu, che aveva adottato dopo la morte di sua sorella, vengono riproposte da Clichy, dopo il primo volume nel 2020. Ecco allora le “Nuove storie di Natale – racconti inediti”, tradotte da Giovanni Maria Rossi, un’antologia di 11 racconti, scritti in gioventù per le sorelle e gli amici e poi ripescati verso la fine della propria vita, per «il divertimento dei figli di quei bambini di allora dalla loro vecchia amica», come scrive nella prefazione.
Sono storie di natura. Meglio ancora: storie floreali, ambientate in un mondo magico (non c’è da stupirsi) dove fiori, piante e animali comunicano tra loro, i boschi sono abitati da elfi, folletti e fate, il vento porta notizie e messaggi. Non mancano re e regine, i cui regni si dispiegano in una geopolitica variabile che va da sottoterra fino al Sole, passando per il cielo, l’acqua dei mari e i prati.
È un microuniverso dettagliatissimo: i fiori non sono semplici fiori, ma rose, calendule, tulipani, margherite, fior di leone e ranuncoli, violette, caprifogli e resede. I loro calici sono giacigli per folletti, che curano il buon funzionamento dei giardini (quando non sono malvagi e capricciosi, e allora commettono danni). Si incontrano insetti che chiacchierano, stagioni e venti personificate. Ogni storia è un viaggio ad alta definizione nel minuscolo, un “Microcosmos” di fantasia dove tra elfi buoni e bambini cattivi vengono inseriti precetti universali e piccole lezioni etiche.
Nel primo racconto c’è il Re del Gelo (il cattivo) che vuole distruggere i fiori, che odia. Una piccola allegoria del susseguirsi delle stagioni, trasformata qui in guerra: la Regina, che tiene al suo giardino, marcia contro il Re insieme al Generale Sole e un esercito degno di un dipinto di Hyeronymus Bosch: «Gli elfi della terra erano a piedi, vestiti di verde, con coppette di ghianda per elmo e lame di gramigna come lance. Gli spiritelli dell’acqua indossavano un’armatura azzurra fatta di scaglie di libellula e trainavano delle conchiglie piene di piccole bolle di sapone che venivano sparate come palle di cannone, sbaragliando rapidamente i loro piccoli nemici».
Poco più avanti (“Regina Aster”) viene insegnata, attraverso la metafora della vita di un giardino, la via delle riforme. Le Asteracee, grazie alle informazioni ottenute sul gran mondo, decidono di sfidare il potere delle Verghe d’Oro e vincono l’elezione di Re dell’anno, con Violetta Aster, le cui azioni scandalizzano il potere consolidato ma risolvono problemi annosi, migliorano la vita di tutti e riportano armonia nel regno.
La morale è semplice, ma disseminata ovunque. L’impegno individuale, la generosità verso gli altri, la solidarietà sono virtù da coltivare. Le buone azioni generano ricompense, il rispetto verso gli altri (e verso la natura) porterà in cambio rispetto e considerazione. Qui, nel magico mondo dei racconti di Louisa May Alcott, farà scaturire anche miracoli (bambini che capiscono la lingua degli uccelli, ragazzine rimpicciolite e portate in viaggio nel mondo degli elfi, una bambina che nasce da un uovo in un nido di fanelle). È il distillato del pensiero di tutta una vita, quella di una scrittrice immersa nei suoi tempi, abolizionista e femminista, che regala le parti principali di questi suoi racconti a fanciulle e ragazze. Non solo perché erano dedicate alla nipote Lulu. Ma perché per la loro pazienza e dedizione tenace sanno riparare con grazia i mali del mondo.