Ai curatori dell’edizione critica De Dagboeken van Anne Frank talvolta è stato rimproverato di non aver dedicato nemmeno una nota al nome di Kitty, la persona a cui Anne indirizzava le lettere del suo diario: «Per esempio, gli studiosi hanno a lungo trascurato il fatto che Anne Frank, indirizzando le sue lettere a Kitty, avesse scelto un personaggio della serie Joop ter Heul. Non conoscevano il lavoro di Cissy van Marxveldt» (Monica Soeting in «Letterhoeke», 2008, 2).
In parte era vero, perché i redattori di De Dagboeken van Anne Frank erano uomini, che perlopiù hanno poca conoscenza dei libri per ragazze. Tuttavia non toccherebbe ai redattori occuparsi di analisi letteraria o di interpretazione testuale, cosa che è lasciata ai lettori. Nell’edizione critica le note a piè di pagina sono state inserite solo in riferimento a eventi esterni all’alloggio segreto menzionati da Anne Frank, come per esempio i bombardamenti.
È comunque curioso che i critici letterari abbiano cominciato a prestare attenzione ai testi di Anne soltanto più di quarant’anni dopo la pubblicazione di Het Achterhuis. Peraltro, la chiave dell’enigma riguardante il nome Kitty era lì da quarant’anni. Il 21 settembre 1942 Anne scriveva: «Sono entusiasta della serie di Joop ter Heul», e tre settimane dopo, il 14 ottobre: «Per inciso, penso che Cissy van Marxveldt scriva benissimo.» Lo storico olandese Berteke Waaldijk aveva già evidenziato il collegamento con van Marxveldt nel 1993. Il critico Soeting ha poi addirittura raccontato che van Marxveldt fosse la prima persona cui Otto Frank aveva fatto leggere il diario di sua figlia, cosa che riempì d’orgoglio la scrittrice. Purtroppo non vi sono prove convincenti a riguardo.
Da quando è stato pubblicato per la prima volta, il diario di Anne Frank è stato considerato in primo luogo, e per decenni, come un documento umano, un objet trouvé, una testimonianza di guerra o una fonte storica, ma non come un’opera letteraria.
Come abbiamo visto, una prima eccezione è rappresentata da Kurt Baschwitz che scrisse alla figlia Isa all’inizio del 1946: «È il documento più sconvolgente che io conosca su quel periodo, e oltretutto un capolavoro letterario sbalorditivo.» Il diario era probabilmente considerato letteratura per ragazze, non particolarmente soggetta, almeno in passato, ad analisi letteraria. Soprattutto negli Stati Uniti il diario era stato destinato a uso educativo: non se ne esploravano gli aspetti letterari, ma serviva a mostrare quanto cattivi o buoni possano essere gli umani. Anche l’enfasi messa sull’opera teatrale e le differenze fra il testo del diario e il testo scenico hanno impedito una valutazione delle sue qualità letterarie.
È perciò curioso che, nonostante ciò, nel 1957 fosse stato istituito un premio letterario Anne Frank, destinato a giovani autori al di sotto dei 30 anni. Gli autori americani dell’opera The Diary of Anne Frank avevano stanziato 5.000 dollari per questo premio. I vincitori furono Harry Mulisch per il suo romanzo Archibald Strohalm, pubblicato cinque anni prima, e Cees Nooteboom per il suo primo libro Philip e gli altri. Il premio fu assegnato annualmente fino al 1966, e a metà degli anni ottanta si tentò di rinverdire l’anima dell’evento. Nel 1985 il sindaco di Amsterdam consegnò il premio alla scrittrice ebrea polacca Ida Fink (1921-2011).
Intitolare un premio letterario ad Anne e non riconoscerla come autrice letteraria può sembrare una contraddizione. Il mancato riconoscimento del diario come letteratura ha indubbiamente fatto sì che esso sia stato raramente, se non mai, fonte d’ispirazione letteraria. Eppure ha dato vita a decine di composizioni musicali, così come ad altrettante sculture e dipinti. Una singolare eccezione letteraria la dobbiamo all’autore ebreo americano Philip Roth e al suo libro del 1979, Lo scrittore fantasma.
«Se la documentazione relativa ad Anne Frank è cospicua, non si può dire altrettanto per le menzioni del diario nelle opere letterarie di riferimento», ha sottolineato il critico letterario Arjan Peters durante un convegno tenutosi ad Amsterdam nel 2007, in occasione del sessantesimo anniversario della pubblicazione di Het Achterhuis. Trent’anni prima, negli Stati Uniti, il poeta John Berryman (1914-1972) aveva già evidenziato l’aspetto letterario di The Diary of a Young Girl: «L’opera ha un deciso merito letterario; è vivida, spiritosa, candida, astuta, drammatica, patetica, terribile – ci si innamora della ragazza, la si trova formidabile, fino a che non ci spezza il cuore».
Probabilmente Berryman era stato troppo lungimirante, perché rimase a lungo una voce solitaria. Nel 1980 in Het geminachte kind [La bimba disdegnata], lo scrittore olandese Guus Kuijer definiva Anne una grande scrittrice che aveva raggiunto un «successo letterario» e scritto «un capolavoro». Ed era particolarmente arrabbiato per il fatto che Het Achterhuis non fosse considerato letteratura, per il solo fatto di esser stato scritto da una ragazzina.
La pubblicazione di De Dagboeken van Anne Frank nel 1986 innescò una rinnovata attenzione nei confronti di quanto Anne aveva effettivamente scritto. In questa edizione era possibile rintracciare i suoi sviluppi come scrittrice. La pubblicazione dell’edizione definitiva di Het Achterhuis nel 1991 provocò ugualmente un dibattito sulla natura letteraria della scrittura di Anne.
da “Il fenomeno Anne Frank”, di David Barnouw (postfazione di Massimo Bucciantini), Hoepli, 2022, pagine 179, euro 17,90