Frontiera di paceIl nuovo ruolo del Mediterraneo nel doppio forum dei sindaci e dei vescovi a Firenze

Il Mare Nostrum è da anni teatro delle profonde crisi attuali, ma può fare da ponte tra le culture promuovendo un dialogo costante sia tra le città dell’intero bacino sia tra le diverse comunità di credenti a partire da quelle delle tre religioni abramitiche

LaPresse

Convivenza pacifica, dialogo tra culture e civiltà, cooperazione internazionale e accoglienza in tema di migrazioni, salvaguardia dell’ecosistema quali obiettivi e sfide per i tre continenti che s’affacciano sul Mare nostrum, spazio storico e vivo dalla complessa unicità geopolitica. Sono questi i quattro grandi pilastri tematici su cui poggia la seconda edizione di Mediterraneo frontiera di pace che, dopo quella barese nel 2020, ha aperto ieri i battenti a Firenze presso il convento di Santa Maria Novella e si concluderà domenica con la visita di Papa Francesco. Promosso nuovamente dalla Conferenza episcopale italiana, l’evento presenta quest’anno un carattere di assoluta novità nella sua veste di duplice incontro. 

A discutere e confrontarsi sugli accennati temi saranno infatti non soltanto 58 presuli dei 20 Paesi rivieraschi – compresi nove cardinali, di cui due capi dicastero, sette patriarchi, il segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede Paul Richard Gallagher – e il custode di Terra Santa. Ma, su iniziativa del sindaco di Firenze Dario Nardella, anche 64 primi cittadini dell’area mediterranea. Ben 21 quelli italiani, di cui sei siciliani.

A questi tengono numericamente dietro gli omologhi provenienti da Croazia (sei), Libia (sei), Turchia (cinque), Francia (quattro), Albania (tre). Due invece per la Grecia e altrettanti per Israele, Libano, Spagna e Slovenia. A finire Bosnia ed Erzegovina, Cipro del Nord, Egitto, Giordania, Malta, Montenegro, Marocco, Portogallo, Serbia e Tunisia con un solo rappresentante per ciascun paese. Essi si riuniranno oggi e domani nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. 

Il cassettonato dorato con l’apoteosi di Cosimo I farà nuovamente loro da sontuosa ombra il 27 mattina, quando insieme coi vescovi incontreranno il Papa e a lui doneranno la Dichiarazione di Firenze o congiunta Carta d’intenti. Il documento, che sarà definito domani accogliendo le sollecitazioni venienti dal forum dei sindaci del Mediterraneo e dal convegno della Cei, sarà sottoscritto nel pomeriggio dello stesso giorno da Nardella e dal cardinale Gualtiero Bassetti in rappresentanza delle due delegazioni. Presente alla firma il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, mentre la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, parteciperà come relatrice all’antecedente sessione moderata dal direttore de La Repubblica Maurizio Molinari. Sessione che, dedicata proprio alla Dichiarazione di Firenze, vedrà intervenire fra gli altri l’Alto commissario delle Nazioni unite per i Rifugiati Filippo Grandi, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, la sindaca di Sarajevo Benjamina Karić nonché Sting e Andrea Bocelli attraverso contributi video.

Tanti, d’altra parte, i nomi importanti che si succederanno alle assise di Palazzo Vecchio, compreso il principe del Galles Carlo. Ma con un unico fine comune: risvegliare l’interesse dell’Europa per il Mediterraneo, già storico crocevia tra Oriente e Occidente, e restituire al Mare nostrum, teatro delle profonde crisi attuali, il ruolo di ponte tra le culture attraverso azioni di promozione della pace e dialogo costante sia tra le città dell’intero bacino sia tra le diverse comunità di credenti a partire da quelle delle tre religioni abramitiche. 

Trovano così nel doppio meeting prosecuzione e parziale inveramento le intuizioni del democristiano pozzallese Giorgio La Pira che, come deputato (1958-1961) e sindaco di Firenze per un secondo mandato (1961-1965), ideò e realizzò proprio nella città di Dante i quattro Colloqui mediterranei. Di essi, che precorsero temi nodali del Vaticano II e ne accompagnarono larga parte del dibattito, ha dato l’altro ieri una puntuale presentazione Mario Draghi, intervenendo all’apertura del convegno della Cei. «I Colloqui mediterranei – così il presidente del Consiglio – nascevano dalla convinzione che le nazioni che si affacciano sul mare avessero, come lui diceva, un “destino comune”; che il dialogo tra le religioni di Abramo – ebraismo, cristianesimo, Islam – fosse necessario per il mantenimento della pace; e che una comune cultura mediterranea potesse servire come base – di nuovo le sue parole – per un “ordine umano mediterraneo, fondato sulla giustizia e sulla felicità». Una visione che, secondo Draghi, va appunto sviluppata «a partire dalle città, che sono sempre più il centro della vita di questa regione». 

Ne è pienamente convinto secondo una prospettiva ecclesiale il cardinale Matteo Maria Zuppi, che è da sempre attento ai temi della pace e delle migrazioni. A Linkiesta l’arcivescovo metropolita di Bologna sottolinea infatti il basilare «elemento di novità che, costituito dalla presenza dei sindaci, invita soprattutto i pastori a riflettere sul dialogo con la città degli uomini e a costantemente promuoverlo. La Chiesa non vive mai per sé stessa ma, come una madre, è preoccupata dei destini di ogni uomo». Necessario poi, continua il porporato, riscoprire la nativa vocazione del Mediterraneo quale «mare di scambio e d’incontro, purtroppo molte volte considerato una vera barriera e divenuto sempre più un enorme cimitero.

Da qui l’urgenza di restituire al Mare nostrum il suo carattere di luogo di vita, fratellanza, accoglienza attraverso una sapiente opera di ritessitura. Il tutto nell’ottica della visione profetica di Giorgio La Pira». Il quale, giova rilevarlo, non senza accenti lirici aveva definito il Mediterraneo «misterioso lago di Tiberiade allargato» (discorso d’apertura del Primo Colloquio, 3 ottobre 1958).

Al di là di ogni enfasi il doppio incontro di vescovi e sindaci può davvero ritenersi con Nardella «un fatto epocale». Del medesimo parere anche Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale dell’Anci e vicepresidente della Commissione Civex del Comitato europeo delle Regioni (Cor), che domani mattina condurrà col ratzingeriano Antonino Raspanti, vescovo d’Acireale e vicepresidente della Cei, la sessione congiunta del forum dei primi cittadini e del convegno della Conferenza episcopale.

«È bello – così al nostro giornale l’ex ministro dell’Interno nei governi D’Alema II e Amato II – che i sindaci da un canto e i vescovi dall’altro diano l’esempio di un parlare e ascoltarsi tra uomini e donne con religioni e storie diverse ma uniti da un’entità comune importante, quella mediterranea, che viene declinata in modo diverso. L’esempio soprattutto delle comunità locali dovrebbe far riflettere anche i governi europei e mediterranei perché questa capacità di dialogo, di confronto, di ascolto sia rafforzata e portata avanti con maggiore coraggio da coloro ai quali è affidata la guida degli Stati e delle istituzioni sovranazionali». Cose tutte che lui stesso aveva già presentato dieci mesi fa a Bruxelles nella relazione Una nuova agenda del Mediterraneo, dedicata a un tale partenariato col vicinato meridionale. «In essa – spiega – riconoscevo che l’Europa finalmente comincia a non guardare più soltanto al Nord ma anche al Sud e al Mediterraneo. Ma qui approfondirò questi aspetti, chiedendo che si agisca con più coraggio e determinazione. Credo che da Firenze verrà questo messaggio». 

Oltre agli accennati temi del cambiamento climatico – non senza rilevare che «il Mediterraneo è il mare del mondo insieme con quello Artico dove la temperatura cresce del 20% in più di quanto cresca la media dei mari del mondo» – e delle migrazioni da affrontare «in tutti i loro aspetti a partire dal contrasto delle organizzazioni criminali che gestiscono questo traffico disumano. Ma ovviamente con alternative, perché un fenomeno epocale non si ferma urlando e mostrando i pugni»,

Enzo Bianco parla a Linkiesta di «proposte e pareri cui ha lavorato il Cor». Integrati dai lavori congressuali, essi faranno da bussola nella stesura della Dichiarazione di Firenze. Ma affinché il forum abbia «un senso vero e profondo» è necessario – continua il presidente del Consiglio nazionale dell’Anci – «affrontare con coraggio, anche nel rispetto di posizioni diverse (perché noi amministratori locali non possiamo avere atteggiamenti dogmatici), tutte i temi delicati sul tappeto: diritti civili e libertà; la questione di genere, ricordando che essa è ancora aperta e molto pesante soprattutto, ma non solo, in Paesi dell’area meridionale; sicurezza del Mediterraneo con attenzione a quanto sta accadendo a due passi da noi in Ucraina».

Un forte segnale in tema di pace arriverà dal sindaco di Lampedusa Totò Martello, i cui intervento è previsto domani dopo quello di Enzo Bianco. Nel ricordare che il contemporaneo fenomeno transmigratorio di massa ha proprio nell’assenza di pace una delle sue principali cause e conseguenze, il primo cittadino dell’isola annuncerà pubblicamente che il 28 aprile avrà luogo la prima edizione d’uno specifico forum annuale e la conversione ufficiale dell’ex base militare Loran. La quale, grazie al fondante contributo dell’architetto Stefano Boeri, diventerà la sede del Centro studi internazionale per la Pace con auditorium, parco dell’arte contemporanea, spazi di incontro, dialogo e ascolto internazionale, “banca dati” sulle migrazioni nel mondo, percorsi universitari, attività di ricerca e proposta nel campo delle relazioni internazionali, della cultura e del contrasto alla povertà e ai cambiamenti climatici.

Insomma, un unico processo che, intrapreso a Bari e proseguito con maggiore vigore a Firenze, trarrà nuova linfa vitale a Lampedusa, dove il cammino per il Mediterraneo e quello per la Pace s’intrecceranno e uniranno saldamente. O, almeno, lo si spera.