Tra il bufalo e la locomotivaIl discorso di Francesco De Gregori sulla grandezza della libertà americana

Il cantautore italiano, ospite dell’Associazione Diplomatici in occasione di Change the world 2022, in occasione del suo incontro con l’ex presidente Bill Clinton, ha ricordato il suo amore per la cultura statunitense e la bellezza del suo messaggio anticonformista

A sinistra Francesco De Gregori, al centro Claudio Corbino, a destra Bill Clinton. Courtesy of Associazione Diplomatici

Pubblichiamo il discorso di Francesco De Gregori pronunciato a New York, in occasione dell’edizione 2022 di Change The World organizzato dall’Associazione Diplomatici, con la presenza del 42esimo presidente americano Bill Clinton

Caro Presidente Clinton,
Signor Ministro, Caro Ambasciatore, cari amici e soprattutto cari delegati,
benvenuti al “Change the World” di New York.

In questi anni, grazie a Claudio, ho potuto conoscere la realtà dell’associazione Diplomatici e apprezzare il lavoro che svolge per i ragazzi del mondo. Sono dunque molto felice di essere qui con voi.

E anche un po’ emozionato, devo confessare.
Perché è vero che, come artista, il mio spazio naturale è un palco, magari con molta gente di fronte a me.
Ma io sono abituato a dire quello che mi passa per la testa, con una chitarra tra le mani e con le mie canzoni.

Questa dimensione nuova comunque mi diverte perché mi ricorda che anche alla mia età si possono cambiare le proprie abitudini e vivere nuove esperienze…
Spero dunque, in questo nuovo contesto, di non apparire un cantante … stonato!!

Sapete bene ragazzi che tra pochi istanti ci raggiungerà sul podio il Presidente Clinton.
E allora caro Presidente, io voglio subito confessare che sono molto felice di essere qui oggi con lei.

Ho letto con molta curiosità alcuni aspetti della sua vita, Signor Presidente, e ho avuto conferma di quello che già conoscevo circa la sua grande passione per la musica…

Dico al Presidente dell’Associazione Diplomatici dunque che se stavolta ha convinto me a fare uno speech, la prossima volta… al prossimo “Change the World” … mi aspetto di suonare qualche pezzo insieme a lei, Presidente Clinton!
Scherzi a parte, mi unisco alle parole di chi mi ha preceduto nell’augurarmi che da questo incontro con lei Signor Presidente, possa nascere in questi ragazzi la passione per l’impegno sociale e politico nel senso più alto e nobile.

Ho trovato molto belle le sue parole che ricordano la passione che accesero in lei, ancora teenager, l’incontro alla Casa Bianca per una visita scolastica con il presidente JFK e l’ascolto del grande discorso di MLK, “I have a dream” che lei confessò in seguito di avere imparato a memoria.

La vita di ciascuno di noi è infatti segnata da incontri, momenti, percezioni che sono destinati ad imprimere una direzione alle nostre scelte.

Vedete ragazzi, quando avevo la vostra età, l’America seppe rappresentare un momento di rottura per la cultura dominante di allora. E tutti noi, abbiamo guardato a quella rottura culturale per affermare nuovi spazi di libertà. Penso certamente alla letteratura, al cinema, alla musica, all’arte in generale.

Io stesso, che pure ho tratto ispirazione da molti grandi autori italiani, non sono certo avrei fatto questo mestiere se non fossi “incappato” ad un certo punto in Bob Dylan. E comunque di certo lo avrei fatto in modo diverso.

Quello che voglio dire è che, ben prima dell’avvento dei social (io sto parlando degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso) la cultura americana, e l’America pur nelle sue tante contraddizioni, seppe incarnare un’aspirazione di globalità che contaminò il mondo libero.

Quello stesso mondo libero che, alcuni decenni dopo, lei Signor Presidente ha guidato con successo per otto anni. Un mondo che sembrava avere superato, dopo il crollo del muro di Berlino, le sue divisioni più pericolose e che ci eravamo illusi potesse prosperare nella pace ed in più ampie prospettive di libertà.

Sappiamo che l’11 settembre prima, la guerra terribile in Europa oggi, ci hanno fatto meglio comprendere che il nuovo mondo avrebbe comportato anche nuove sfide alla nostra libertà.

E nuove responsabilità con le quali confrontarci.

A proposito dei suoi anni di presidenza, Signor Presidente, potrei citare oggi qui molti fatti che l’hanno già consegnata alla storia. Come potrei citarne alcuni che hanno preceduto la sua esperienza di presidente, come la grande riforma del sistema scolastico che lei operò da Governatore dell’Arkansas, o alcune importanti missioni diplomatiche per le Nazioni Unite che lei svolse dopo la conclusione del suo mandato presidenziale.

Ma, tornando ai fatti della sua presidenza, c’è ne uno, forse potremmo dire minore, che mi colpì molto durante la sua prima visita ufficiale in Italia nel 1994: lei si recò al cimitero militare di Nettuno, vicino Roma, a rendere omaggio ai caduti americani durante la seconda guerra mondiale.

In quel gesto verso quei ragazzi di allora morti per la libertà, Signor Presidente, a me è parso di vedere un monito per i ragazzi di oggi.
E cioè, io credo, che la libertà non è un bene che possiamo mai dare per definitivamente acquisito, ma un grande obiettivo cui tendere ogni giorno e da difendere ogni giorno.

Come lei ha più volte ricordato signor presidente: «Nessuna vittoria può durare in eterno».

Ma in quell’omaggio ai ragazzi caduti, vedo anche l’allora primo ministro tedesco Koll e l’allora presidente francese Mitterand, tenersi per mano il 22 settembre 1984 per il settantesimo anniversario dell’inizio della prima guerra mondiale; o il presidente Obama in visita al memoriale di Hiroshima; o ancora il suo grande lavoro, Signor Presidente, per la pace in Medio Oriente e l’abbraccio con Peres e Arafat che tanto ci aveva fatto sperare, anche se purtroppo sappiamo com’è andata a finire.

Ciò che voglio dire di fronte a questa platea di giovani è che ogni volta che pensiamo ai nostri ragazzi che si sono sacrificati per la libertà, dovremmo pensare anche a tutti quei ragazzi che sono morti dalla parte sbagliata.

Ingannati e mandati a morire dalla parte sbagliata della storia, ma pur sempre ragazzi che avrebbero avuto tutta la vita davanti.
Io credo fortemente che se ci dimentichiamo dei vinti, non avremo reso giustizia fino in fondo alla nostra vittoria.

Proprio per questo, Signor Presidente, prima di invitarla a raggiungerci sul palco, vorrei ancora aggiungere qualcosa sul nostro modo di vivere la libertà.

Lei, signor Presidente, durante il suo mandato ha avuto non solo il merito che la storia le riconoscerà sui grandi temi, ma anche quello di avere molto innovato nel suo rapporto con l’elettorato americano.

Lei era giovane, diretto e il suo entusiasmo cambiò il paradigma del consenso politico di allora.
Seppe cambiare strada, trovò una nuova via e … vinse.

Spero adeso possiate perdonarmi se citerò una mia canzone… Ma mi pare utile farlo, sia perché quando l’ho scritta avevo più o meno la vostra età, avevo poco più di venti anni, e sia perché questa canzone parla proprio di un grande mito americano: “Buffalo Bill” (così si chiama la canzone).

Buffalo Bill nella mia canzone dichiara ad alta voce la sua vocazione anticonformista e libertaria quando dice testualmente che mentre «la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare di lato e cadere».

Ed è evidente che le simpatie di Buffalo Bill (e anche dell’autore della canzone) sono tutte per il bufalo che, al contrario della locomotiva costretta a viaggiare su rigidi binari d’acciaio, può scegliersi la sua strada e magari anche rischiare l’osso del collo pur di essere libero (e sappiamo bene quanto valore abbia, qui da voi, la parola libertà).

Allora io mi auguro Signor Presidente, che un “vecchio” artista come me, e un grande politico come lei, possano ancora sperare che questi ragazzi abbiano per le loro mani tutti gli strumenti per essere liberi come animali nella prateria senza mai cedere a nessuna deriva culturale che li voglia sempre più simili ad una locomotiva con la strada segnata.

Ricordo molto bene come il 17 gennaio 1993, la sua presidenza, Signor Presidente, che avrebbe davvero segnato l’inizio di una nuova fase per la politica mondiale, fu inaugurata proprio da un concerto di Bob Dylan che cantò per lei “Chimes of Freedom”.

Questa canzone dice, tra l’altro :
«An’ for every hung-up person in the whole wide universe/
An’ we gazed upon the chimes of freedom flashing».

Ecco, signor Presidente, mi auguro davvero che per questi ragazzi e per tutti noi, possano per sempre tacere sul mondo le sirene di ogni guerra e possano presto tornare a suonare CHIMES OF FREEDOM!

Signore e Signori, è un grande onore e piacere per me, annunciare che è qui con noi il 42mo Presidente degli Stati Uniti d’America, Mr. Bill Clinton!

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