Dall’inizio del conflitto l’Ucraina ha ricevuto più di 60mila armi anticarro dai suoi alleati occidentali. Tra queste ci sono ovviamente i missili Javelin, ci sono i Panzerfaust tedeschi, i droni turchi tb-2, armi più leggere di nuova generazione in arrivo dalla Gran Bretagna e dalla Svezia.
Secondo il blog di intelligence open source Oryx, più di 3mila carri armati russi e altri veicoli corazzati sono stati distrutti, danneggiati, abbandonati o catturati in Ucraina. Ma ancora non basta, non può bastare per aiutare la resistenza.
Ci sono ancora più di 10mila veicoli corazzati al servizio di Vladimir Putin – e altre migliaia sono ferme in attesa di entrare in gioco. Non è un caso che il presidente statunitense Joe Biden il 28 aprile abbia chiesto al Congresso 33 miliardi di dollari per rispondere alla crisi ucraina, in aggiunta ai 13,6 miliardi di dollari già approvati all’inizio di quest’anno. E adesso ha chiesto al Congresso altri 20 miliardi di dollari in aiuti militari. Una spesa apparentemente enorme, ma necessaria.
Fin dall’inizio del conflitto l’offensiva della Russia si è concentrata soprattutto su fanteria e artiglieria, relegando in un ruolo di secondo piano l’aviazione e la marina. In più, negli attuali combattimenti nell’Ucraina meridionale e orientale, dove entrambi gli schieramenti sono più trincerati, l’artiglieria è decisamente l’elemento chiave dello scontro.
«L’idea di base dietro l’artiglieria è abbastanza semplice», spiega l’Economist: i fucili trasportati dai soldati e le pistole montate sui carri armati impiegano il cosiddetto fuoco diretto, colpiscono cose che possono vedere; l’artiglieria invece prevede il fuoco indiretto, cioè colpisce un bersaglio anche se dall’altro lato di una collina, anche a decine di miglia di distanza. Nell’artiglieria rientra un vasto range di armi, dai mortai compatti e trasportabili ai cannoni da 30 tonnellate montati su cingoli.
«Lo scopo di questa potenza di fuoco – si legge ancora nell’articolo – può essere quella di bloccare le forze nemiche in movimento, o distruggerle, spesso per consentire alla fanteria e ai veicoli corazzati di avanzare. Mosca messo l’artiglieria al centro del suo esercito sin dai tempi dell’impero russo, e ne dispone molta di più della maggior parte delle forze occidentali, in particolare dell’Ucraina».
Ma l’artiglieria è vitale anche per Kiev, e per i contrattacchi da attuare rapidamente ogni volta che la Russia prende il controllo di un villaggio. Questo è uno dei motivi per cui i Paesi occidentali, che inizialmente fornivano all’Ucraina principalmente armi più piccole e leggere, sono passati al rifornimento di armamenti più pesanti, nonostante la preoccupazione che tali aiuti possano essere visti da Mosca come una provocazione.
Rifornire i soldati ucraini con grandi quantità di queste armi non sarà così facile, e non solo per motivi meramente logistici. «L’industria delle armi americana, quella che ha rifornito di più l’Ucraina fin qui, può rispondere alla domanda di armi?», si chiede l’Economist.
La maggior parte delle forniture inviate fin qui proviene da scorte. Anche perché le fabbriche potrebbero non essere in grado di aumentare rapidamente la produzione.
L’America non rilascia i dettagli del suo stock di armi. «Ma secondo i documenti di bilancio – scrive l’Economist – il suo esercito ha acquistato circa 34.500 Javelin da quando sono entrati in servizio nel 1996. Alcuni esperti stimano che sono stati utilizzati tra i 12.500 e i 17.500 missili per l’addestramento e i test: ci sarebbero tra i 17mila e i 22mile elementi di scorta alla fine del 2021. Quindi i 7mila Javelin dati all’Ucraina potrebbero rappresentare un terzo o più delle scorte dell’esercito».
Inoltre recente rapporto della National Defense Industrial Association, gruppo di riferimento delle imprese di difesa statunitensi, sostiene che la base industriale della difesa americana si sta deteriorando: le criticità maggiori sono nella carenza di manodopera qualificata e, di nuovo, nei pezzi di ricambio. Circa il 30% delle aziende intervistate dalla National Defense Industrial Association ha affermato di essere l’unico fornitore di un particolare prodotto al Pentagono.
La fabbrica della Lockheed Martin che produce il Javelin, ad esempio, può realizzare fino a 2.100 missili all’anno – costano 350mila dollari ciascuno – e normalmente ci vogliono 32 mesi, dopo che è stato effettuato un ordine, per la consegna. In teoria potrebbe arrivare fino a 6.480 pezzi l’anno lavorando con turni extra (come richiederebbe una situazione eccezionale), ma i produttori di armi hanno difficoltà a trovare lavoratori e pezzi di ricambio, in particolare semiconduttori: la crisi di approvvigionamento di questi pezzi indispensabili in molti settori va avanti da molti mesi. L’America è anche a corto di Stinger, un missile antiaereo portatile che monta molte componenti piuttosto obsolete e difficili da trovare.
Kathleen Hicks, vice segretario alla Difesa, ha detto che il Pentagono sta cercando di eliminare i colli di bottiglia: stanno cercando di individuare fornitori alternativi per le parti più difficili da trovare o, nel caso dello Stinger, gli strumenti con cui realizzarli.
Le idee per migliorare la produzione, negli Stati Uniti e in Europa, non mancano. Fare scorte più ampie, diversificare i fornitori, avviare il design di armi modulari che consentono lo scambio di componenti, creare standard comuni tra gli alleati. Ma i processi di queste trasformazioni sono sempre molto lenti.
«Non dobbiamo fissarci sui missili Javelin o altri», osserva Kathleen Hicks, «perché noi stiamo fornendo i nostri sistemi anticarro: ciò di cui l’Ucraina ha bisogno non è un’arma particolare, ma una capacità, ad esempio, di fermare i veicoli blindati, capacità che potrebbe essere fornita da altre armi o altri alleati».