Domenica 8 maggio si svolgerà il secondo turno delle elezioni presidenziali in Ossezia del Sud, una piccola regione separatista della Georgia situata tra le montagne del Caucaso. A sfidarsi ci saranno Anatoly Bibilov, Capo di Stato uscente, alla guida del partito Ossezia Unita (gemellato con Russia Unita di Vladimir Putin) e Alan Gagloyev, esponente del partito di opposizione Nykhaz e vincitore a sorpresa del primo turno elettorale.
Bibilov ha annunciato che, se verrà rieletto, indirà un referendum per l’unificazione dell’Ossezia del Sud con la Russia mentre Gagloyev, come ricordato dal sito Civil.ge, è contrario «perché la posizione dell’opinione pubblica sul tema è già nota». Bibilov è appoggiato dall’establishment governativo russo e anche da Denis Pushilin, a capo della Repubblica Popolare di Donetsk. Le possibilità che venga sconfitto sono, dunque, molto limitate.
Il voto è stato condannato come illegittimo da una serie di Paesi e organizzazioni come l’Unione Europea, la Nato, gli Stati Uniti, l’Azerbaijan e l’Ucraina mentre le autorità elettorali hanno negato a dodici possibili candidati, tra cui due esponenti dell’opposizione, di partecipare alle elezioni.
L’organizzazione non governativa internazionale Freedom House, che si occupa di monitorare il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili in tutto il mondo con dei report annuali, ritiene che questo territorio separatista sia retto da un regime autoritario. Le elezioni si svolgono regolarmente ma sono soggette a restrizioni e non sono monitorate da osservatori della comunità internazionale.
Il dibattito politico e la competizione si svolgono solamente tra una ristretta cerchia di candidati tollerati dalla Russia e dalle autorità pro-russe. Il successo oppure il fallimento dei politici dell’opposizione viene determinato da Mosca e lo stesso può dirsi per le scelte adottate dall’esecutivo. I media locali operano sotto il controllo pressoché totale delle autorità, le organizzazioni non governative non sono libere e il sistema giudiziario non è indipendente.
L’Ossezia del Sud ha profondi legami con l’Ossezia del Nord, che si trova immediatamente al di là della frontiera. Le due regioni sono abitate dallo stesso gruppo etnico e condividono il medesimo linguaggio e tradizioni culturali. Nel Nord è piuttosto comune imbattersi in automobili provenienti dal Meridione e molti osseti del sud hanno un passaporto russo che gli consente di spostarsi con maggiore facilità rispetto a quanto farebbero con il proprio. La richiesta di un’unione è comune nel Sud. Alan, un residente intervistato da Nationalia, ha ricordato come «le stesse persone vivono nel Sud e nel Nord” e che “a causa di una guerra tra altri Paesi, non tra di noi, siamo separati».
L’Ossezia del Sud, ufficialmente parte della Georgia, è separata dall’Ossezia del Nord, controllata dalla Russia, dalle montagne del Caucaso. La maggior parte della regione si trova a oltre mille metri sul livello del mare ed è una fonte di tensione sin dal crollo dell’Unione Sovietica.
Questo territorio dichiarò l’intenzione di secedere dalla Georgia nel 1990 e nel 1992 proclamò la propria indipendenza. Ne scaturirono combattimenti sporadici ma nell’estate del 1992 venne raggiunta una tregua e furono dispiegati peacekeeper, anche russi, per calmare le acque. Lo stallo collassò nel 2008 in seguito a un’offensiva militare georgiana respinta grazie all’intervento della Russia che, dopo la guerra, riconobbe l’Ossezia come indipendente e ne assunse il controllo delle frontiere.
Nel 2015 venne siglato un Accordo di Alleanza e Integrazione tra la Federazione Russa e la Repubblica dell’Ossezia del Sud che diede vita, come riportato da una nota del Cremlino (citata da Asil), «a una difesa e a uno spazio di sicurezza comuni, alla libertà di movimento lungo il confine tra i due Stati, all’integrazione dei servizi doganali e a una semplificazione del processo di ottenimento della cittadinanza russa». L’Accordo, valido per venticinque anni, può essere rinnovato «e ha anche una dimensione sociale, che include le pensioni». La Georgia, denunciò l’intesa perché minava la sua sovranità territoriale.
Nel 2017 Vladimir Putin ha approvato la richiesta governativa di integrare alcune unità militari dell’Ossezia del Sud nell’esercito russo e la regione separatista è de facto sotto il controllo di Mosca da anni.
Alcuni cittadini hanno recentemente espresso preoccupazione per la partecipazione di soldati dell’Ossezia del Sud all’invasione dell’Ucraina ritenendo che ciò potrebbe esporli a un attacco da parte della Georgia e, come chiarito da Oc Media, a «perdite non necessarie». Non sembra, però, che Tbilisi sia della stessa idea dato che si è dichiarata contraria a ogni proposito bellico ed ha denunciato penalmente le persone che hanno chiesto una reazioni economiche o diplomatiche più robuste all’invasione dell’Ucraina.