Il valore della filieraChe cosa (non) è davvero l’impresa circolare

Nel suo nuovo libro edito da Egea, Davide Chiaroni cerca di mettere ordine su un concetto spesso frainteso, indicando alle imprese italiane la strada da percorrere per affrontare una rivoluzione industriale e destinata a cambiare il mondo

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«E quando tutti saranno super, nessuno lo sarà più!» Con queste parole il «cattivo» del film Disney Pixar Gli Incredibili svela il suo piano malvagio. Supereroe mancato, per assenza di veri superpoteri, il giovane e impacciato Buddy, che poi assumerà il nome di Sindrome, si dedica alla costruzione di marchingegni tecnologici che sostituiscono i poteri sovrannaturali dei veri supereroi con l’intento ultimo di renderne superflua la presenza, in un mondo dove tutti – se lo vogliono e se hanno le risorse economiche per permetterselo – possono diventare super.

Il piano di Sindrome viene ovviamente sventato da una famiglia di supereroi «veri» e tutto ritorna alla normalità, con i supereroi, giustamente esaltati per la loro unicità, a proteggere i cittadini del mondo. Non poteva mancare il lieto fine, vista la casa produttrice del film e il target di riferimento, eppure il pericolo che l’umanità ha corso lascia qualche strascico negli spettatori più adulti e fa riflettere su che cosa sia da ritenersi davvero «speciale».

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Nata quasi per caso, come slogan, dall’intuizione di una allora ragazza abituata a solcare i mari – Ellen MacArthur, inglese, che il 7 febbraio 2005, a 28 anni, è stata la più giovane donna al mondo a battere il record di circumnavigazione del globo in solitaria e, portata a termine l’impresa, decise di rinunciare agli oceani per dedicarsi alla creazione di una Fondazione a sostegno della conservazione delle risorse naturali, sulla cui scarsità aveva avuto modo di riflettere durante i 71 giorni, 14 ore, 18 minuti e 3 secondi di navigazione ininterrotta – l’economia circolare (o circular economy, per citarla nella sua versione originale) è divenuta in pochissimo tempo uno dei trend topic a livello globale.

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Il concetto di economia circolare è quasi sempre associato ad alcune parole chiave che hanno in comune l’iniziale «R». Le versioni più diffuse prevedono l’uso di 3R (Riduzione, Riuso e Riciclo) oppure di 4R (aggiungendo il Recupero) per rappresentare i principi fondamentali sui quali si basa l’economia circolare.

È indubbio che queste parole siano fortemente interrelate al concetto di economia circolare e ne rappresentino, per certi aspetti, alcune delle azioni fondamentali: ridurre il consumo di risorse necessarie alla realizzazione di un prodotto/servizio, riusare quanto più possibile i prodotti e le loro componenti, riciclare le materie prime che possono intraprendere di nuovo un percorso di utilizzo nel processo produttivo, ed eventualmente recuperare, spesso con una connotazione artistica o creativa (si pensi alle sculture realizzate con i rifiuti o all’oggettistica, di cui è piuttosto noto il caso degli orecchini realizzati con le capsule del caffè esauste), prodotti/componenti/ materiali che altrimenti andrebbero smaltiti come comuni rifiuti.

A mio parere, invece, la definizione del concetto di economia circolare dovrebbe essere basata su un diverso set di parole chiave, purtroppo non riconducibili a un’unica iniziale comune, ma decisamente più rappresentative dell’idea che sta alla base di questo nuovo paradigma.

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L’economia circolare è innanzitutto una «economia», ossia mira alla massimizzazione del profitto per gli attori economici che la adottano. L’adozione dell’approccio dell’economia circolare da parte di una impresa non è quindi da intendersi come una «spesa», come spesso sono rubricate le iniziative di sostenibilità, bensì come un investimento che è destinato ad aumentarne i ritorni.

 

Da “L’impresa circolare – modelli di business, sistemi di misura, leve manageriali”, di Davide Chiaroni (Egea), 168 pagine, 23,75 euro

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