Al termine di una settimana assai complicata, soprattutto per Enrico Letta, si può dire che il quadro delle alleanze, nel vasto e variegato (ma non più tanto largo) campo che si opporrà al centrodestra, comincia a delinearsi piuttosto chiaramente.
Al centro è verosimile rimanga una coalizione composta dalla lista democratica e progressista promossa da Partito democratico e Articolo Uno (con Luigi Di Maio in tribuna), dalla lista liberale e ultra draghiana di Carlo Calenda (con Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna anche loro, simmetricamente, in tribuna proporzionale), nonché dalla lista antagonista e antidraghiana del Cocomero rossoverde di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli.
Nonostante le tensioni, l’alleanza da Calenda a Bonelli è ancora l’ipotesi più verosimile, se non altro perché una rottura sarebbe una figuraccia per tutti (che è esattamente quello che li aspetta al termine di una campagna elettorale fatta così, ma due mesi dopo).
Il tono dei tweet di Calenda e quello delle reazioni di Fratoianni e Bonelli non permette però di escludere che alla fine la lista rossoverde preferisca andare da sola, o magari riallacciare in extremis il dialogo con il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte, che pure, dopo avere tentato un approccio, si era mostrato assai diffidente, temendo che lo volessero utilizzare solo per far ingelosire Letta e ottenere qualche collegio in più.
In verità, un grande rimescolamento di carte con la sinistra, magari anche con Michele Santoro e qualche altro nome dell’area pacifista, sarebbe probabilmente l’unica possibilità di invertire l’inarrestabile corsa del partito di Conte verso lo zero per cento. È dunque più che probabile che sia lui a scartarla.
In ogni caso, però, la vera domanda è se reggerebbe il Partito democratico, e specialmente la sua sinistra interna, di fronte a una rottura col Cocomero, o se non scoppierebbe una rivolta anche a largo del Nazareno, di fronte al rischio di apparire all’elettorato come una sorta di junior partner di Azione, quasi che alla fine fosse il Partito democratico a fare il terzo polo con Calenda, una specie di lista Draghi senza Mario Draghi, e senza nemmeno Matteo Renzi, cioè quello che ha portato Draghi a Palazzo Chigi (contro la volontà del Pd).
Renzi che peraltro si ritroverebbe a correre da solo su posizioni perfettamente identiche a quelle dell’alleanza Letta-Calenda, praticamente su ogni argomento. Unico punto di dissenso resterebbe solo quale delle due sarebbe la lista Coca-Cola e quale la lista Pepsi.
In questo caso, di conseguenza, non si può nemmeno escludere l’ipotesi che un pezzo del Pd preferisca abbandonare il partito per unirsi alla coalizione Conte-Cocomero, che potrebbe a quel punto presentarsi a tutti gli effetti come il vero centrosinistra, e provare a polarizzare lo scontro su di sé, a tutto danno del Pd. Ma può anche darsi che alla fine, per evitare la spaccatura, sia l’intero Partito democratico a rompere anche con Calenda, risolvendosi alla corsa solitaria.
In un romanzo a chiave sarebbe senz’altro la conclusione più elegante: dalla coalizione con dentro forze che la pensano all’opposto su tutto, ma si presentano insieme, si passerebbe infatti a ben tre liste separate (Partito democratico, Azione, Italia Viva) che la pensano allo stesso modo su tutto, ma si presentano divise lo stesso, perché non si sopportano.
Infine, visto anche il tenore dei suoi recenti tweet, non può essere escluso dal novero delle possibilità che sia Calenda a rompere con il Partito democratico, e a quel punto verosimilmente anche con Emma Bonino, separazione che potrebbe però costargli l’esenzione dalla raccolta delle firme, costringendolo quindi a un’alleanza “tecnica” con qualcun altro. Se poi quel qualcuno fosse il solito Tabacci, ovviamente con annesso Di Maio (nel frattempo maltrattato e scacciato dal Pd proprio per colpa di Calenda), sarebbe bellissimo.
Tra le subordinate minori, comunque da non scartare, restano poi sulla carta ancora possibili: un’Alleanza dei Dissidenti tra i sansepolcristi del grillismo guidati da Alessandro Di Battista e Virginia Raggi, Italexit di Gianluigi Paragone e i fasciocomunisti di Marco Rizzo e Simone Di Stefano; una Coalizione Renziana, formata da Matteo Renzi e Luciano Nobili; una Coalizione di tutti quelli che ce l’hanno a morte con Renzi, che potrebbe raccogliere gran parte delle liste sopracitate, dall’ex Casapound Di Stefano fino a Emma Bonino.
E resta, drammaticamente inevasa, soprattutto una domanda: ma non era meglio il proporzionale?