Dall’orbace a OrbánI quattro errori in quattro giorni che rivelano la vera natura di Meloni

La presidente di Fratelli d’Italia ha fatto dichiarazioni estreme su aborto, Unione europea e partiti filonazisti, distruggendo quella patina di presentabilità che ha provato a costruire a fatica in questi mesi

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Quattro errori in quattro giorni è un record. Giorgia Meloni evidentemente non si tiene e appena è davanti alle scelte concrete esce al naturale: lo spostamento a destra in ben quattro occasioni contraddice il plateale tentativo di camuffamento/accreditamento che le stava riuscendo e sta rischiando di compromettere gli sforzi fatti e di dar ragione a chi la avversa bollandola come la versione italiana di madame Le Pen e mister Orbàn. 

A questo punto parte dell’opinione pubblica di destra ma moderata nonché quei pezzi di establishment cui facevamo riferimento nell’articolo di ieri potrebbero mutare opinione o quantomeno sospendere il giudizio sulla vincitrice annunciata delle elezioni. Già, tutta colpa dell’amico Orbàn (con il polacco Morawiecki) se ieri si ė assistito all’ultimo plateale scivolone di Fratelli d’Italia, fedeli alla linea in quel di Bruxelles ove hanno votato contro il rapporto in cui l’Ungheria viene definita una «minaccia sistemica» ai valori fondanti dell’Ue, la si bolla come una «autocrazia elettorale» e si chiede l’intervento della Commissione e del Consiglio. 

Fratelli d’Italia, e gli alleati della Lega, hanno votato contro. Non poteva andare diversamente, stante il lungo sodalizio tra il reazionario premier ungherese e la leader della Fiamma italiana: «Tra patrioti europei ci si intende subito alla grande», disse Giorgia nella sua prima visita a Budapest quattro anni fa. 

Patrioti europei? Non si tratta certo di Giuseppe Mazzini e Lajos Kossuth, eroi del 1848, quelli sì che erano patrioti: ma qui si sta parlando del capo di un regime che mette a durissima prova le libertà individuali e i diritti fondamentali della società ungherese, e proprio per questo duramente stigmatizzato dall’Europarlamento, tutte cose che l’annunciata prossima presidente del Consiglio italiana non mostra di prendere in considerazione. 

Al dunque, il cuore la porta là: contro l’Europa democratica. Il che fa sorgere inquietanti interrogativi su quale potrà essere la sua politica estera una volta al governo e sono abbastanza inutili i tentativi del pallido Adolfo Urso (che ricopre una delicata funzione istituzionale – presidente del Copasir – ma se ne va in giro ad accreditare la capa del suo partito) di spiegare agli americani che Giorgia farà la brava. 

Lei intanto viene fuori per come è realmente, lo si è visto anche nel fervente messaggio di complimenti all’ultradestra che insieme ai conservatori ha vinto le elezioni in Svezia («Avanti tutta»), un entusiasmo che non brilla per lungimiranza se il fine ultimo è la conquista di una presentabilità politica e, se vogliamo dirla così, ideologica. 

Giacché Meloni può ben apprezzare il risultato dei conservatori svedesi ma non può dimenticare che essi sono alleati dei Democratici – così si chiama l’ultradestra svedese un tempo filonazista – un partito che per esempio ha proposto di negare asilo alle persone che chiedono protezione per motivi religiosi o di orientamento sessuale e che è contro la libertà e l’autodeterminazione delle donne e infine scettico verso l’Unione Europea. 

E poi, in tema di diritti, c’era stata la sgradevole uscita sul «diritto delle donne a rifiutare l’aborto», messaggio alla lettera senza senso dato che nessuno obbliga nessuno ad abortire ma chiaro nella sua allusività, un nuovo attacco, checché ne dica lei, alla legge 194: un altro scivolone, perché si tratta di una legge che le donne italiane certo non vogliono rimettere in discussione. E cinque giorni fa l’altra gaffe sulla «pacchia» europea che deve finire, un’uscita che ha molto indispettito Bruxelles. Quatto errori. 

Se si uniscono i puntini viene fuori – o meglio: ritorna con chiarezza – il profilo meloniano di estrema destra, sovranista e contro i diritti che si era palesato alla grande nel famoso comizio di Vox e che lei nella prima fase della campagna elettorale aveva mostrato di voler correggere. 

Ma ecco che proprio mentre si imboccano le ultime curve prima del voto la macchina di Giorgia ha preso a sbandare e lei a guidare nervosamente (lo si è visto anche con l’ultima uscita infastidita verso Salvini). Non sappiamo se ai box sia scattato l’allarme: certo è che negli ultimi chilometri nel bolide-Giorgia qualcosa non va.

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