È stata la regina dei prodotti dimagranti. Prima di infangarsi con le truffe, ha venduto quintali di creme, fanghi, impacchi, dichiarando guerra al lardo. Grazie alla sinergia con sua figlia Stefania Nobile, era capace di guadagnare anche 5 miliardi di vecchie lire al mese, vendendo l’idea (o l’illusione) di poter dimagrire mangiando tutto ciò che si desidera.
Per capire la storia di Wanna Marchi bisogna comprendere il Paese in cui accade e il tempo in cui si svolgono le vicende: l’Italia degli anni Ottanta. Tv private, soldi che circolano, benessere anche a tavola e, inevitabilmente, ossessione per la linea e lotta senza quartiere al sovrappeso. Ma non per stare bene, ma per essere belli. E, se possibile, anche ricchi.
«Fate schifo!», «Come fate ad andare in giro in quelle condizioni!», «Lardosi! Dovete fare qualcosa per migliorarvi». L’idea della “colpa” legata ai chili in eccesso è il grimaldello con cui Wanna Marchi, negli anni Ottanta, ci ha colpiti al cuor.
Lei, figlia di contadini, affamata di rivalsa da un marito fedifrago e violento, aveva iniziato come estetista. Donna dopo donna ha compreso i punti deboli e i desideri nascosti, le cattive abitudini e le aspirazioni.
Così, pagando di tasca propria all’inizio, ha portato in tv una signora in forma, persuasiva, forte, che sprizzava benessere da tutti i pori ma non empatizzava con le clienti, le scuoteva mettendole davanti ai propri “peccati”. «Quasi tutte le donne, quando si sposano, gettano la spugna. “Tanto un marito l’ho trovato”, dicono. Ma trovare un marito è facile. Perderlo è questione di attimi». E secondo Marchi, anche di chili.
1986, l’anno dello Scioglipancia
Wanna Marchi e la figlia Stefania lavorano insieme. L’una vende, l’altra trova i prodotti da vendere.
Il cosmetico che a metà degli anni Ottanta segna il successo della coppia è lo Scioglipancia. E nasce per caso, in un Mottagrill, guardandosi attorno, mentre prendono un caffè. Wanna è pensierosa. Vuole vendere qualcosa di diverso. E la figlia Stefania le dice: «Guardati intorno, tutti hanno la pancia. Quindi vendiamo lo Scioglipancia». «E cos’è?». «Non lo so, ma intanto noi lo vendiamo, poi qualcuno lo farà». Quel qualcuno sarebbe stato Primo Tortini, imprenditore chimico e autore della gran parte dei prodotti dell’azienda Wanna Marchi.
Dopo la prima diretta sullo Scioglipancia, i centralini esplodono. Così, alle due e un quarto di notte, Marchi chiama Tortini e gli spiega il progetto. Il chimico si attiva, ma si rifiuta però di scrivere Scioglipancia sulla confezione, limitandosi a un più cauto “Crema riducente”.
Dov’è la truffa?
Tutti la vogliono. La invitano ovunque. Da Catherine Spaak a Enzo Biagi. Incide un disco. Wanna Marchi è famosa perché vende alla gente l’illusione di poter dimagrire. Lei sostiene che il prodotto funzionasse (ovviamente). Ma la verità è che, a funzionare, era l’energia che passava attraverso il piccolo schermo verso una società ingolosita, impigrita, ma desiderosa di bellezza.
Guardando la docu-serie Netflix Wanna, firmata da Alessandro Garramone, e pensando che l’ossessione per la forma fisica è ancora lì, nella nostra testa (nonostante la body positivity e le condanne al body shaming), viene da chiedersi: ma le creme dimagranti funzionano? Wanna Marchi ha venduto almeno una volta nella sua vita qualcosa di vero?
Secondo Stefano Coratella, biologo nutrizionista, «le creme dimagranti non sono un vero e proprio rimedio efficace, in quanto sono prodotti che, seppur dotati di eccipienti utili al dimagrimento, vengono ostacolati da una delle più grandi barriere del nostro corpo: la pelle. Queste sostanze, dunque, dovrebbero essere dotate dei famosi “carrier”, trasportatori di grande efficacia, che dovrebbero aiutarle a giungere fino a livello sottodermico per dare un contributo al dimagrimento. Una circostanza poco probabile, che però viene aiutata dall’effetto prodotto dai massaggi. Essi agiscono sullo smaltimento dei liquidi, più che sortire un vero e proprio effetto dimagrante». Meglio, quindi, lavorare su alimentazione e stile di vita.
Incredibile, ma vero: potremmo addirittura risparmiare.