E infatti. Nel 1997, dopo il terremoto che il 26 settembre ha causato danni e morti in Umbria e nelle Marche, l’Associazione protezione civile promuove una raccolta fondi per donare una roulotte a una coppia di anziani umbri, e il momento in cui sono andati a consegnarla non è solo un ricordo a cui don Antonio è affezionato, ma anche il prologo a una pagina fondamentale della sua vita, quella relativa al viaggio in Albania. «Il governo italiano aveva lanciato la missione Arcobaleno per aiutare a gestire i cinquemila kosovari sfollati dopo i bombardamenti della Nato, e nel nostro piccolo noi di Specchia volevamo portare sul posto abiti e alimenti assieme ad altri volontari di Miggiano, Taurisano e Montesano.»
Antonio e quattro amici s’imbarcano dunque sul traghetto a Brindisi con una jeep Campagnola e un tir carico di generi di prima necessità, per poi sbarcare a Valona, dormire in tenda nel campo militare italiano e scaricare nei giorni successivi il camion. Tutto funziona, a grandi linee. L’accoglienza dei soldati è ottima e così pure il rapporto con la popolazione. «L’unico fuori programma» spiega don Antonio, «è stato l’incontro con padre Giovanni, un missionario sessantenne al quale avevamo consegnato parte del nostro carico. Si presentava come un uomo basso con la barba bianca e in testa un cappellino di cotone blu, ed ero folgorato dalla sua passione. Raccontava degli orfani di guerra kosovari lasciati allo sbando, parlava di madri vedove che non avevano di che sfamare i figli, riferiva storie atroci di donne abusate. E quando mi ha chiesto cosa facessi io in Italia, dopo simili tragedie mi sono quasi vergognato a dirlo. Mi sentivo una pulce accanto a quel gigante di umanità. Ma lui, dopo avere ascoltato le mie piccole storie pugliesi, mi ha messo una mano sulla spalla e ha detto: “Guarda, Antonio, che Dio ti sta chiamando”. “A chi? A me?” gli ho risposto basito. “Non credo proprio: starà chiamando qualcun altro!” Al che lui ha sorriso, ha scosso il capo come si fa con gli zucconi che proprio non vogliono capire, e mi ha augurato un buon ritorno.»
Sul traghetto, navigando verso Brindisi, Antonio non riesce a togliersi dalla testa le parole di padre Giovanni. «Sentivo crescere in me un’euforia che mi entusiasmava e terrorizzava nello stesso tempo. Ancora non sapevo che il Signore mi stesse chiamando, ma non ci è voluto molto a scoprirlo.»
Dopo le emozioni dell’Albania, la normalità di Specchia per Antonio è un limbo. Da un lato c’è la routine fatta di lavoro in fabbrica e attività di volontariato, e dall’altra il brivido che le parole di padre Giovanni gli continuano a trasmettere. «La notte mi svegliavo con la sensazione di essere una persona a metà. Intuivo di trovarmi a un punto di svolta, ma facevo anche finta di non saperlo per paura di destabilizzare quello che avevo costruito fino a quel momento.» Oggi don Antonio utilizza le parole di san Giovanni Crisotomo per descrivere il suo turbamento, riferendosi a quel periodo come «quella notte oscura in cui l’uomo attraversa dentro di sé il buio in attesa dell’alba.»
Un turbamento che notano anche i genitori, increduli del cambiamento. «Mi vedevano chiuso in camera mia per ore a riflettere, oppure leggere avidamente le Sacre scritture, e reagivano ciascuno alla propria maniera.» Il padre, quando Antonio prova a confidarsi, si ritrae spaventato con giustificazioni del genere: «Sono stanco, Tony, ho lavorato tanto, lasciami in pace per piacere». La madre invece piange e dice: «Figlio mio, abbiamo soltanto te, pensaci bene prima di farti prete».
Più tranquilla è la quotidianità in fabbrica, dove Antonio indossa le cuffiette dell’iPod e accompagna i gesti tecnici della concia alle preghiere trasmesse da Radio Maria. Lui per primo è stranito dall’urgenza che lo attraversa, ma la affronta sentendo di non avere alternative.
«Rimanevo l’uomo di sempre, sia chiaro, non uno stinco di santo e neppure un invasato che si tuffa nella fede per fuggire da altro, però iniziavo a percepire la voce di Dio. Un’emozione piena, coinvolgente, abbagliante.»
Il prete indigesto, Riccardo Bocca, Harper Collins, 128 pagine, 10 euro