L’Italia sta attraversando uno dei peggiori periodi inflattivi della storia recente. Il motivo di tale situazione è da ricondurre a diverse cause, come ai prezzi esorbitanti del gas, alle politiche monetarie espansive adottate negli ultimi anni per scongiurare i rischi dovuti dalla pandemia, nonché, da ultimo, all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il peso dell’inflazione è sempre più avvertito nelle tasche delle famiglie italiane diminuendone, di conseguenza, il potere d’acquisto.
Cosa può fare dunque il governo Meloni dinanzi a questa situazione? Uno studio elaborato dall’Istituto Bruno Leoni, firmato da Carlo Stagnaro e da Giacomo Da Ros, indica una serie di riforme che potrebbero comportare una serie di risparmi consistenti (pari a circa 900 euro all’anno per famiglia) nei settori dell’energia, del trasporto pubblico locale, negli stili di vita e nella spesa farmaceutica. «Finora lo strumento principale con cui abbiamo cercato di affrontare l’inflazione è la spesa pubblica: ma questo», spiega Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, «rischia di cancellare i segnali di prezzo (come nel caso dell’energia), aggravando i problemi, e comunque rischia di avere un impatto enorme sui conti pubblici».
Il report, dal titolo “Modeste proposte contro l’inflazione: misure a costo zero (o quasi) su energia, trasporto pubblico, stili di vita e farmacie”, dimostra dunque come una maggior concorrenza o detassazione possano in realtà giovare al bilancio di ciascuna famiglia. Nel dettaglio, le materie trattate sono l’energia (elettricità, gas e carburanti), il trasporto pubblico locale, gli stili di vita (bevande alcoliche, prodotti a base di nicotina e soft drink) e la spesa farmaceutica privata.
«Gli effetti dell’inflazione sulle spese delle famiglie sono quasi immediati e molto significativi», scrivono Da Ros e Stagnaro. «Lo studio si concentra su alcuni possibili interventi ‘a costo zero’ (o quasi)» attraverso interventi che possano «aumentare l’offerta di alcuni prodotti e la concorrenza nei mercati, facendo un uso limitato della spesa pubblica e, al massimo, riducendo in modo strutturale la pressione fiscale».
Le proposte di riforme elaborate dagli autori sono in gran parte orientate verso una maggiore concorrenza: dal superamento dei regimi di tutela per l’energia elettrica e gas, all’eliminazione dei vincoli all’apertura di nuove stazioni di rifornimento, dalla liberalizzazione dei farmaci di fascia C, al rafforzamento della concorrenza nel trasporto di medio-lunga percorrenza, solo per citarne alcune. Non solo. In altre, invece, gli autori suggeriscono una più efficiente sistematizzazione dell’imposizione tributaria (allineando, ad esempio, l’imposizione fiscale su benzina e gasolio a un valore intermedio tra le attuali accise, da attuare quando verranno superati gli sconti ora in vigore) e suggeriscono, allo stesso tempo, di evitare l’introduzione di nuove tasse o di aumentare quelle già esistenti.
Le materie trattate dallo studio risultano quindi essere settori «nei quali gli alti prezzi sono il risultato, tra altri fattori, di politiche errate, tassazione eccessiva» nonché di una «liberalizzazione insufficiente o assente».