Sul sistema delle carceri la destra è nettamente riformatrice: ne vuole di più, vuole che ne siano costruite altre. E ovviamente non perché i detenuti stiano più larghi o vivano in strutture più decenti: ne vuole di più perché purtroppo quelle che ci sono non bastano a contenere tutta la gente in più che la destra forcaiol-riformatrice vorrebbe ficcarci dentro. In argomento, la sinistra è invece fermamente conservatrice. Da quelle parti, lo stato delle carceri forma la materia di qualche editoriale compassionevole, di una convegnistica routinaria ed ecumenica, una specie di ventriloquìa cappellana che mormora sulle sofferenze dei detenuti, ma senza che tutto questo neppure pallidamente assomigli a quel che ci vorrebbe se non ci si limitasse, appunto, alla deplorazione che allarga le braccia davanti al sistema tanto cattivo.
E quel che ci vorrebbe è andare contro la destra dei piombi e contro il primo polo giustizialista cui invece la sinistra si inchina, vale a dire il partito delle procure e della reazione giudiziaria che senza sosta ormai da decenni, e anzi sempre più fortemente, è il garante della continuità dell’inciviltà carceraria in questo Paese.
La contaminazione prodotta a sinistra dal neofascismo grillino c’entra abbastanza poco con una piega avversa alla civiltà giuridica e alla tutela dei diritti individuali che a sinistra è piuttosto autonoma e originaria. E verosimilmente non era soltanto il consenso in fuga verso i Cinquestelle, né soltanto un servile omaggio in favore dei pm influencer, a far dire al segretario del Partito democratico che non ci si può dividere tra giustizialisti e impunitisti: era appunto quel conservatorismo di fatto, lo stesso che accetta quale fisiologico effetto collaterale di una malintesa legalità la sistematica violazione della Costituzione punto e basta, una cosa diversa rispetto a quella più bella del sistema solare che affonda le radici nell’antifascismo, nell’Associazione nazionale partigiani italiani (Anpi), nell’Atac e nei palinsesti di Raitre.
Almeno a destra (non è un merito: è una differenza) la violenza e l’illegalità del carcere sono considerate il congruo corrispettivo dovuto alla canaglia, da monitorare tutt’al più quando c’è caso che tocchi alla gente dabbene, generalmente e alternativamente tale per censo o appartenenza alla cerchia familiare o di cosca partitica. A sinistra si tratta invece tutt’al più di redistribuire quell’ingiustizia, e sulla constatazione che in carcere c’è soprattutto povera gente il rimedio è garantire che le cure carcerarie si applichino finalmente con equanime trasversalità sociale, in buona sostanza più catene per tutti.
Stupirsi che le cose non migliorino quando a contrapporsi sono simili impostazioni non è neppure da ingenui, è da gente che vuol credere e far credere di essere nel giusto quando imputa rispettivamente a una parte o all’altra i mali del sistema penal-carcerario: mentre così una parte come l’altra sono soltanto la diversa pronuncia dell’identico verbo reclusivo. Semmai da aggiustare, da destra, con qualche penitenziario in più e, da sinistra, con qualche penitenza in più per i colpevoli che la fanno franca.